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Gabbie salariali, proposta antioperaia!

(23 Agosto 2009)

La Lega Nord ha lanciato la proposta di reintrodurre le gabbie salariali, un meccanismo che differenzia i salari a seconda delle zone di residenza dei lavoratori.

In realtà le differenze salariali esistono già nel nostro paese: fra nord e sud (più si scende meno si prende), fra operai dello stesso gruppo (vedi gli accordi-truffa come quello di Melfi), fra giovani e anziani, fra donne e uomini, fra italiani e migranti.

E che dire delle differenze abissali fra i salari degli operai e i redditi di padroni, dei manager e dei tanti parassiti che infestano la società? Sono queste le vere gabbie retributive, inseparabili dai rapporti borghesi di produzione.

Quello che oggi vuole la Lega è approfondire le discriminazioni e sancirle per legge. Con ciò Bossi e soci si fanno carico di interpretare la volontà di settori di industriali settentrionali che vedono nelle gabbie salariali un potente strumento di ricatto e divisione, volto a scaricare sulle spalle dei lavoratori i costi della crisi.

Confindustria e Berlusconi da parte loro hanno preso la palla al balzo per rafforzare le differenze salariali tramite la contrattazione aziendale e il legame con la “produttività”.

Da parte loro i sindacati collaborazionisti fanno finta di volersi opporre alla proposta leghista solo perché devono difendere l’accordo separato del 22 gennaio scorso, che prevede la possibilità di diversificare su base territoriale i salari e svuotare i CCNL tramite il meccanismo della “deroga” (di fatto accettato anche dai vertici CGIL).

La trovata leghista non deve stupire. La borghesia è sempre pronta a usare vecchi e nuovi metodi per abbassare il valore della forza-lavoro, per intensificare lo sfruttamento, per dividere gli operai. Oggi sta utilizzando ipocritamente le differenze economiche e sociali che essa stessa ha creato per sferrare un ulteriore attacco alla classe operaia.

I primi a pagare le conseguenze delle gabbie salariali sarebbero proprio gli operai del nord che la Lega dice di voler difendere, perché sarebbero sottoposti ad un’aumenta concorrenza, ad una forte pressione occupazionale ed alla minaccia di trasferimento delle imprese.

Nel 1969 il movimento operaio, a forza di scioperi, riuscì ad abolire le gabbie salariali, in quanto strumento di diversificazione e disgregazione del proletariato. Fu imposto il principio “a uguale lavoro uguale retribuzione” (mai del tutto attuato). Un principio che va ribadito nella lotta contro la tirannia capitalista, ma che ha un contenuto conservatore se non viene accompagnato dal principio rivoluzionario “abolizione del lavoro salariato”!

Quello che dobbiamo capire dal dibattito estivo sulle gabbie salariali indica è che sono in arrivo nuove e pesanti offensive antioperaie. Gli operai del nord e del sud non devono cadere nel tranello. Devono rifiutare di prestarsi a questa ed altre porcherie che vanno contro i loro interessi.

Dobbiamo lottare uniti per abolire le differenze artificiose, per ottenere forti aumenti salariali, basandoci sulle nostre reali esigenze e non sulle trappole come le “gabbie salariali” o le “compatibilità economiche”.

Allo stesso tempo va compreso che il sistema attuale, con tutte le micidiali conseguenze che scarica addosso alla classe operaia, ha da tempo creato le condizioni materiali per il passaggio ad un nuovo e superiore ordinamento sociale.

Prepariamoci dunque a lotte più dure realizzando il fronte unico di lotta del proletariato, compiendo passi in avanti verso la ricostruzione del Partito comunista, indispensabile strumento di direzione politica e di organizzazione delle masse lavoratrici nella lotta per il socialismo!

Agosto 2009

Piattaforma Comunista

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