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(12 Aprile 2012) Enzo Apicella

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Torino. I No Tav e le bale d’la busiarda

Calabresi al Sermig: volantinaggio No Tav martedì 23

(23 Febbraio 2010)

Martedì 23 febbraio alle 18 Mario Calabresi, direttore de “La Stampa”, sarà al Sermig per una conferenza dal titolo “padri e figli”.
Una buona occasione per informare sulle panzane che il quotidiano diffonde da mesi sul movimento No Tav.
Domani noi dalle 17,30 andiamo al Sermig - Piazza Borgo Dora, 61 al Balon - per distribuire il volantino che trovate sotto.

Perché non prendete la vostra bandiera No Tav e vi unite a noi?

Mercoledì 24 febbraio dalle 17 – promuove la rete No Tav “Torino e cintura sarà dura” - presidio in via Roma davanti alla sede de “La Stampa”.

Punto info, aperitivo autogestito – porta da bere e da mangiare – assemblea popolare.

Ci sono palle e palle. Ci sono le palle di neve tirate ai poliziotti di guardia alle trivelle in Val Susa e le solenni palle che racconta, giorno dopo giorno, senza un briciolo di vergogna, senza neppure una punta di bon ton, di ipocrita eleganza subalpina, il quotidiano “La Stampa”. Su “La Stampa” le palle di neve diventano sassi, i manifestanti che finiscono all’ospedale sono sempre pericolosi estremisti, una bomba del racket l’hanno piazzata i No Tav. O gli anarchici, uno dei babau preferiti dalla “busiarda” in versione Calabresi. Il suo tirapiedi più caro è Massimo Numa, ma anche altri non hanno mancato di distinguersi.

Hanno scritto che abbiamo colpito gli operai della ferrovia durante il presidio contro i sondaggi a Collegno, che abbiamo ferito la polizia alla stazione di Condove, dove quelli in divisa hanno rotto il braccio a un manifestante. Anche a Coldimosso di Susa li avremmo attaccati. E lì uno di noi le ha prese così secche che stava per lasciarci la pelle. Ad un’altra No Tav la polizia ha spaccato il naso, uno zigomo, l’orbita di un occhio, a calci le hanno sfondato un’ovaia. Ma i violenti, a leggere la stampa, saremmo noi.

Mentono sapendo di mentire.

Niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che il livore, gli espliciti riferimenti personali, le calunnie, hanno ormai raggiunto il parossismo.

Si sa che i giornalisti lavorano sotto padrone e che, a fine mese, il padrone deve essere contento. Nessuno pretende che chi fa questo lavoro sia un eroe ma un minimo di decenza, beh… quella non guasterebbe. In fondo ci sono tanti mestieri onesti tra cui scegliere… operaio, panettiere, maestro, giardiniere, falegname, tornitore… Da mesi e mesi La Stampa, peraltro ben affiancata da Repubblica e Cronacaqui, getta fango sul movimento No Tav. Dicono che siamo minoranza, anche quando facciamo cortei di 40.000 persone (Susa il 23 gennaio), fanno di tutto per nascondere che i Si Tav al Lingotto erano meno di duecento, tra imprenditori, funzionari di partito e di sindacato.

Hanno scritto che usiamo donne, bambini ed anziani come “scudi umani” durante le manifestazioni. Siamo un movimento popolare: alle manifestazioni ci andiamo tutti, compresi i nostri anziani ed i nostri figli, perché il futuro che difendiamo è il futuro di tutti e ciascuno da il proprio contributo come crede e come può. Gli anziani – e fra noi quelli “’n piota” sono tanti – partecipano ai cortei, ai blocchi delle strade e dei treni, ai turni di notte ai presidi, senza paura delle manganellate e del gas lacrimogeno dei poliziotti al servizio di uno Stato che vuole imporre con la forza un’opera inutile, dannosa, costosissima. Un’opera che, non ci stancheremo mai di dirlo, serve solo agli interessi di una cricca di costruttori che ha amici a destra non meno che a sinistra.

Noi, a Torino come a Collegno, Venaria, Val Susa difendiamo il territorio dove viviamo. Ma non solo. I No Tav si battono contro un’opera che ha già devastato mezza Italia. Ovunque inquinamento del suolo, rumore insopportabile, perdita di fonti idriche, distruzione irreversibile dell’ambiente, case abbattute, città spezzate in due da muraglioni.

Ogni chilometro di linea costruita in Italia è costato la vita ad un lavoratore.

Una montagna di soldi pubblici sono stati sottratti ai treni per chi lavora, alle scuole per i nostri figli, ad una sanità decente per tutti.

Sappiamo bene che velocità, crescita, progresso sono miti utili solo ad aumentare i profitti di chi, ogni giorno, lucra sulle nostre vite, portandosi via la vita e la salute di chi, per campare, deve lavorare.

I No Tav sanno mettere insieme l’autogestione delle lotte, le assemblee che discutono e decidono con l’azione diretta, senza deleghe. Per questo facciamo paura. Per questo la “busiarda” ci criminalizza, trasformando la nostra resistenza in attacco violento mettendo la sordina alle violenze dei tutori del (dis)ordine statale.

Due di noi sono all’ospedale da una settimana.

Mercoledì 17 manifestavamo davanti alla trivella piazzata a Coldimosso di Susa. Qualche palla di neve e la polizia ha caricato più volte. Cariche feroci. Chi cadeva veniva massacrato. Un ragazzo, Simone, viene più volte colpito. I poliziotti infieriscono su di lui mentre è a terra. Vomita sangue, non riesce più a muovere le gambe. Ad una donna spaccano la faccia infierendo ripetutamente sul volto, una ragazza riporta numerose ferite al capo. Molti altri guadagnano lividi ed escoriazioni.

Un No Tav grida ai poliziotti di aver puntato in modo esplicito a Simone e loro gli dicono “sì, quello lo conosciamo”. Già è normale: Simone è anarchico e gli anarchici facilmente si guadagnano le attenzioni delle forze del disordine statale.

Vogliono spaccare il movimento, dividerlo in buoni e cattivi. Ma non ci riescono, non possono riuscirci. Il movimento No Tav è – costitutivamente – un movimento trasversale, dalle molte anime: quella anarchica è una delle tante. La partecipazione diretta, il mettersi in gioco in prima persona, il rifiuto di ogni delega in bianco ne fanno un movimento capace di confrontarsi, scegliere e agire nel rispetto delle diverse sensibilità.

Da maggio, quando il timone “La Stampa” è passato a Mario Calabresi, non solo si è accentuato l’orientamento si tav del quotidiano, ma la disinformazione e la calunnia sono diventati pane quotidiano. Specie contro gli anarchici, nei cui confronti si è scatenata una vera campagna di criminalizzazione. Ossessiva, martellante, maniacale.

I figli non si giudicano dai padri ma certo ci pare legittimo supporre che il figlio del commissario Luigi Calabresi, nella cui stanza venne torchiato ed ucciso l’anarchico Giuseppe Pinelli il 15 dicembre del 1969, non abbia saputo fare i conti con la pesante eredità paterna. Ammesso che, ovviamente, non si trovi perfettamente a proprio agio nel ruolo di galoppino della questura e dei potenti interessi che sostengono il Tav.

N’uma basta d’Numa!
N’uma basta d’bale!
Na bala d’fioca anche a ti, Calabresi!

No Tav Autogestione

Fonte

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