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Acqua!

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(20 Marzo 2010)
Manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua a Roma. Partecipa anche il movimento di solidarietà con il Popolo Palestinese

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La Coop rifiuta i pompelmi insanguinati dell’occupazione israeliana

(27 Maggio 2010)

Gaza

Gaza, dopo un attacco sionista

La catena di distribuzione Coop, aderente alla Lega delle Cooperative, ha eliminato dai propri banchi i prodotti col marchio Carmel-Agreexo. Se ne rallegra il variegato fronte che sostiene il boicottaggio economico a Israele additandolo come occupante; dalla Coop fanno invece sapere che la decisione non sposa il boicottaggio, rientra solo nel rispetto delle norme per le quali il consumatore deve avere la certezza della provenienza degli alimenti. Cosa resa impossibile dalle merci Agreexo (70% della produzione agricola israeliana) perché l’azienda non distingue quelle provenienti dai propri confini da quelle prodotte nelle colonie d’occupazione. Mesi di campagna degli attivisti - una rete di sostegno e propaganda ignorata da grandi organi d’informazione, partiti e vertici sindacali - e il tam tam dei consumatori che in più di un’occasione si sono rivolti alla dirigenza della Coop hanno rappresentato il motore dell’iniziativa. Eppure c’è chi se ne duole. In un comunicato la componente “ebrei di sinistra” interna al Partito Democratico per bocca del senatore Della Seta ha censurato la posizione della Coop.

In più i nostrani cantori del sionismo, una per tutti Fiamma Nirenstein, non hanno perso l’occasione per lanciare invettive e raccontare dalle colonne de “Il Giornale” la favola del buon colono che ricco d’altruismo per l’universo mondo studia e sperimenta sistemi agronomici per rendere fertile e produttiva la terra. L’articolo manca di aggiungere che la terra cui si riferisce è stata occupata più volte manu militari, nel 1948, nel ’67 e continua ad esserlo subdolamente con gli insediamenti nella stessa Cisgiordania, e strappata con la forza ai contadini palestinesi. Lo testimoniano vecchi ancora in vita e celebri episodi entrati nella letteratura. Del colono animato dal collettivistico spirito del kibbutz, che sta nel mito dello Stato d’Israele e tale poteva comparire anche in documentari super partes quale il pasoliniano ‘Viaggio in Palestina’ dei primi anni Sessanta, non c’è più traccia. Il colono odierno mescola il disegno sionista col proprio fanatismo religioso e razzista, imbraccia l’Uzi e lo usa anche, e forse soprattutto, su donne e bambini per cercare di stroncare un futuro palestinese.

L’utilizzo orizzontale del web mostra chiaramente tutto ciò. Dove non arrivano le telecamere dei media, non solo quando Tsahal impedisce di filmare i suoi scempi com’è accaduto per i massacri di Gaza, ma quando volutamente non si vuole né mostrare né osservare la realtà, giunge il fai da te militante. La rete, anche nelle sue espressioni discusse come Twitter o Facebook, è colma di video autoprodotti dai palestinesi e dagli attivisti internazionali che sostengono la difesa delle case abbattute dai bulldozer o le rivendicazione di diritti violati. Chi vuole può trovare sul web un’infinità di smentite assolutamente documentate alle storielle, queste sì ideologiche, che il propagandismo di Nirenstein spacciano per informazione. Del resto la comunicazione sionista in rete secondo il consolidato costume di fare l’esatto contrario di quel che proclama, alla stregua dei generali d’Israele che definirono “Pace in Galilea” una delle varie invasioni dello Stato sovrano del Libano, vanta un sito denominato “Informazione corretta”. Proprio così. Che sarebbe il punto di vista para-israeliano che si picca di promuovere o bocciare le notizie date da altri. In perfetta linea coi princìpi autoreferenziali e di segregazione imboccati dai governi di quel Paese.

26 maggio 2010

Enrico Campofreda

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