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Gli aiuti di Stati Uniti e Banca Mondiale: solidarietà o speculazione?

(15 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Thais Palermo Buti, Radio Città Aperta

15-09-2010/13:23 --- Dal giorno in cui l'ex presidente George Bush decise di invadere l'Iraq a oggi, gli Stati Uniti hanno speso circa 640 miliardi di dollari in operazioni militari e circa 24 per la formazione, le attrezzature e gli altri servizi per le forze di sicurezza irachene, portando ad un raddoppiamento del debito pubblico: da seimilaquattrocento agli attuali tredicimilaquattrocento miliardi di dollari.
Si sapeva già che il debito pubblico statunitense era salito alle stelle a causa degli svariati conflitti che il paese sostiene in giro per il mondo. La novità questa volta, rivelata in un rapporto stilato dal Government Accountability Office statunitense, è che l'Iraq ha un'eccedenza nei bilanci statali pari a 52,1 miliardi di dollari, di cui quasi niente è stato utilizzato per la ricostruzione del Paese, dopo ben sette anni di guerra.
Ricapitolando: gli Stati Uniti, paese più indebitato al mondo, impiegano i soldi dei contribuenti per ricostruire l'Iraq. Ma l'Iraq, che non avrebbe poi così tanto bisogno dei soldi nordamericani, non impiega i fondi ricevuti per ricostruire il paese. Ma allora perché gli Stati Uniti continuano finanziare le guerre e i governi che incassano i soldi senza spenderli in favore della collettività?
La risposta, se esiste – e crediamo proprio di sì – non si trova nelle vite distrutte a Bagdad. Ma nelle tasche di istituzioni, aziende, e di tutti quelli che strumentalizzano il discorso della sicurezza o della solidarietà a beneficio proprio.
Per rimanere in suolo americano, la Banca Mondiale – protagonista, insieme al Fondo Monetario Internazionale, della imposizione di politiche neo-liberiste negli anni '80 e '90 – ha annunciato nuovi investimenti (alcuni sotto forma di donazioni e prestiti a interesse zero) a favore dei paesi in via di sviluppo, con un importante contributo al settore agricolo (circa sei miliardi di euro all’anno), finalizzati al raggiungimento dei cosiddetti “Obiettivi del Millennio”.
Secondo Antonio Tricarico, della Campagna per la riforma della Banca Mondiale, i prestiti di questo istituto finanziario internazionale favoriscono il settore privato, spesso grandi aziende di ‘agrobusiness’, persino speculazioni finanziarie. “Molto difficilmente i fondi della Bm giungono nelle tasche dei piccoli produttori africani, all’agricoltura famigliare, come sarebbe invece necessario”, afferma Tricarico in un’intervista concessa a Misna.
Quindi il problema non è quanto si spende, ma come si spende. Gli Stati Uniti continuano a spendere i soldi pubblici (due miliardi di dollari è stata l'ultima richiesta avanzata dal presidente Obama) per ricostruire l'Iraq. Ma nel frattempo inondano il Messico con una valanga di armi semiautomatiche, contribuendo, sempre secondo un rapporto del GAO, all'aumento esponenziale della violenza.
La Banca Mondiale stanzia più soldi da investire in agricoltura, per combattere la fame nel mondo. Ma investe in quelle aziende che la fame nel mondo l'hanno alimentata. Ci sarebbero tutti gli elementi per dire che siamo di fronte ad un enorme ‘conflitto di interesse’.

www.radiocittaperta.it

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