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(22 Novembre 2003)
L’Aran, l’agenzia governativa negoziale nelle amministrazioni pubbliche, nella sua rivista di ottobre sviluppa una ricerca relativa all’utilizzo delle varie tipologie di lavoro flessibile negli anni 2000 e 2001 negli Enti di Ricerca, negli Enti pubblici non economici, nei Ministeri, nelle Regioni ed autonomie locali, nella Sanità e nelle Università.
Ed escono allora dal cilindro dati molto significativi:
- Su un totale di 1.757.315 lavoratori di questi comparti, quelli impiegati in forme contrattuali flessibili (tempo determinato, formazione lavoro, part-time, COCOCO) sono esattamente 256.370 pari a circa il 15%.
- Ed ancora, il personale flessibile alias precario delle Università ammonta al 39,14%, quello degli Enti di ricerca al 22,13%, quello delle Regioni ed autonomie locali al 18,73%. Quest’ultimo comparto, il più numeroso, è sicuramente quello che desta maggior allarme: su 683.808 lavoratori degli Enti locali ben 128.050 sono precari!
- Ed infine i lavoratori interinali nell’anno 2001 sono aumentati rispetto al 2000 negli Enti di Ricerca del 150%, negli Enti Locali del 568%, nella Sanità del 230%.
Potremmo continuare a snocciolare altri dati, statistiche, consuntivi in questo ginepraio di tabelle, ma poco ci interessa fare i sociologi.
La sostanza è sempre la stessa, la PRECARIETA’ avanza inarrestabile nei comparti pubblici ed ormai l’osmosi tra lavoro pubblico e privato è quasi totale, con differenze sempre più sfumate.
Per questo indichiamo come centrale nella nostra piattaforma di intervento e di conflitto la battaglia contro la precarietà e contro la legge 30, sponda normativa di quest’attacco feroce alla rigidità del lavoro.
Battaglia da sostenere in parallelo con quella contro le privatizzazioni avvenute e quelle in atto e per un recupero salariale consistente, alla luce dell’inflazione inarrestabile e anche vista la conclusione assai deludente della partita degli ultimi contratti nazionali di lavoro e di quelli che ancora si devono chiudere.
COBAS Pubblico Impiego
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