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Libia, il dramma dei lavoratori africani

Mentre il rais, nella sua terza apparizione dall’inizio delle rivolte, ammonisce “bagno di sangue se ci attaccano”, rimangono disperate le condizioni di migliaia di lavoratori migranti, bloccati a Bengasi e al confine con la Tunisia. L’appello delle organizzazioni umanitarie per i lavoratori africani, soggetti a possibili violenze perché scambiati per “i mercenari” assoldati da Gheddafi.

(4 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Libia, il dramma dei lavoratori africani

foto: www.nena-news.com

Roma, 03 marzo 2011, Nena News (foto Al Jazeera) - “Se ci attaccano ci sarà un bagno di sangue”. Non si smentisce il Colonnello Gheddafi e ancorato alla sua poltrona lancia il monito di fronte alla possibilità di un intervento militare Usa, della NATO o di qualsiasi altro Paese straniero. In un discorso di quasi tre ore, ha criticato ieri la copertura dei media internazionali, che hanno falsato e distorto la crisi libica, ha ribadito che “il potere è nelle mani del popolo” e per questo quindi non si dimette; mentre le sue truppe lanciavano un attacco, che ha colto i “ribelli” di sorpresa, su Brega, per riconquistare la città orientale, tentando di riprendersi i pozzi della Cirenaica con blindati e aviazione. Gli attacchi, respinti ieri, secondo quanto diffuso dalle agenzie stampa, sarebbero ripresi questa mattina, dopo aver provocato ieri, almeno 14 morti.

Le provocazioni del rais sono indirizzate anche all’ONU, che Gheddafi ha invitato “a venire a fare un’inchiesta” perché le sanzioni “non possono essere decise sulla base di articoli di giornale”. Mentre ieri la notizia diffusa da Amr Moussa, portavoce della Lega Araba, è che la Lega stessa, che ha già sospeso la Libia, potrebbe imporre una “no-fly zone” sul paese, in coordinamento con l’Unione Africana.

Ma l’appello delle agenzie umanitarie da ieri si intensifica per le condizioni drammatiche dei lavoratori migranti, soprattutto di Asia meridionale e Africa occidentale a, lasciati senza casa e lavoro, bloccati nella città costiera di Bengasi, senza poter essere rimpatriati, a differenza dei cittadini europei o di altri Paesi che hanno già predisposto le operazioni di evacuazione, o impossibilitati a passare il confine con la Tunisia. Abbandonati cioé in Libia senza poter rientrare nei loro Paesi di origine. “Gli sforzi di evacuazione dei lavoratori stranieri – ha denunciato ieri l’organizzazione Human Rights Watch – hanno messo in evidenza il dramma dei lavoratori africani". Il direttore della sezione Emergenza di HRW, Peter Bouckaert, ha lanciato l’allarme ieri da Bengasi: “migliaia di lavoratori africani sono stati costretti a lasciare le aziende dove lavoravano, perdendo tutto.” E sono esposti a maggiori violenze e attacchi a sfondo razzista perché rischiano in alcuni casi di essere scambiati per i mercenari assoldati dal colonnello Gheddafi contro i ribelli. Alcuni lavoratori dell’Africa occidentale hanno denunciato agli operatori di HRW di essere stati assaliti da civili libici, di aver perso tutti i loro averi; altri hanno denunciato di non aver ricevuto dai loro datori di lavoro nemmeno la paga dell’ultimo mese. Un popolo di disperati senza nulla in tasca.

A Bengasi, il governo dei ribelli, ha allestito un campo separato per i migranti provenienti dall’Africa Sub-Sahariana: vi sarebbero 1200 sfollati, di cui oltre 400 provenienti dal Ghana.

Stessa emergenza al confine con la Tunisia: secondo gli osservatori di HRW, le autorità tunisine starebbero sporadicamente chiudendo il confine con la Libia per poche ore al giorno, perché non sono in grado di dare alloggio e assistenza alle masse enormi di sfollati. In 40.000 quindi sarebbero letteralmente confinati alla frontiera, da parte libica, in condizioni sanitarie drammatiche, con scarsezza di cibo e acqua, denunciano l’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite) e lo IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni).

Entrambi le agenzie hanno lanciato un appello ai governi per supportare un’operazione di evacuazione dei migranti, così da decongestionare la situazione al confine e poter quindi occuparsi delle persone identificate come in stato di bisogno e dei richiedenti asilo.

I numeri dicono che prima delle rivolte, ci fossero almeno un milione di lavoratori stranieri in Libia, impiegati in diversi settori, pozzi, costruzioni edili, agricoltura, terzo settore. Secondo UNHCR e IOM, in 140.000 hanno già lasciato il paese: 69.000 (molti dei quali egiziani) attraversano la frontiera con l’Egitto, più di 75.000 di varie nazionalità, passando il valico con la Tunisia. Nena News

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