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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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No alla violenza, si alla forza.

(26 Gennaio 2004)

Alcune considerazioni , necessariamente schematiche per brevità, sul dibattito in corso su Liberazione sul problema della violenza (per la verità un po' a senso unico, visto lo scarso spazio lasciato a chi esprime posizioni alternative e non emendative rispetto a quelle del compagno Bertinotti).

Innanzitutto impostare la discussione sul binomio violenza-non violenza mi pare quantomeno improprio. Neanche il più incallito fascista rivendicherebbe l'utilizzo della violenza in quanto tale. Cosi' come in caso di guerra nessuno si autodefinisce guerrafondaio nessuno in relazione alla violenza , se dotato del bene dell'intelletto, si autodefinirà violento. Mi pare ovvio e scontato. A mio avviso ,il vero quesito da porre , il vero nodo da sciogliere , è: nella lotta di classe è legittimo l'utilizzo della forza (della forza non della violenza , sono due cose estremamente diverse) per difendersi dalla violenza dell'avversario di classe? La risposta, ovvia e scontata , è si. In primo luogo perché, senza scomodare la storia del movimento comunista , dalla Comune di Parigi, passando per la Rivoluzione di Ottobre e dal Vietnam fino ad arrivare ai giorni nostri, decenni di militanza nel movimento dei lavoratori mi hanno insegnato che i lavoratori non amano la violenza ma non amano neanche farsi mettere i piedi in testa. E imparano ogni giorno , sulla loro pelle, quello che ci insegna la storia del movimento operaio e popolare e cioè che per affrancarsi dal capitalismo e dall'imperialismo hanno dovuto e dovranno fare i conti con la violenza di chi è disposto a tutto , fino alla dittatura, all'utilizzo della tortura e di pratiche terroristiche e alla guerra di aggressione pur di difendere e ampliare il proprio potere. In secondo luogo perché il capitale per mantenere un sistema basato, per sua natura, sull'ingiustizia , lo sfruttamento e la sopraffazione deve ricorrere all'utilizzo della violenza e lo fa ogni volta lo ritiene opportuno senza porsi problemi di sorta. Cito , a puro titolo esemplificativo, per chi abbia perso la memoria storica o semplicemente non conosca la storia di quegli anni, il Cile e Piazza Fontana, ma potrei fare un elenco infinito di "storie di ordinaria violenza" della società capitalista .

Del resto basta guardarsi il giro per vedere come Bush e Berlusconi (ma anche con Clinton o Prodi non cambierebbe nulla) mandino le loro truppe in Iraq a massacrare e a farsi massacrare, pur di tutelare gli interessi economici dei rispettivi imperialismi.

Ora, chiedo, di fronte a una situazione come questa , che tipo di risposta "politicamente corretta" dovrebbe dare il popolo irakeno? Mi pare ovvio che una "bertinottian-ghandiana scelta non violenta" , per quanto suggestiva per un etica salottiera, sarebbe assolutamente ininfluente. Mentre la resistenza armata che è in corso (da non confondersi con il terrorismo, da sempre respinto dal movimento comunista) crea invece seri problemi agli eserciti aggressori e favorisce lo sviluppo di un movimento pacifista antiguerra anche all'interno degli stessi paesi imperialisti aggressori. Ergo l'utilizzo della forza come strumento di difesa nei confronti di un aggressione non solo è un atto legittimo ma è spesso l'unico modo possibile per sconfiggere l'aggressore (o ci siamo dimenticati anche la guerra di resistenza partigiana?).

Del resto la questione mi pare essere un banalissimo problema di logica, prima ancora di essere un problema politico.

Ciascuno di noi , qualsiasi cittadino, se aggredito da un violento e picchiato selvaggiamente , cosa farebbe? Si difenderebbe, cercando, se i rapporti di forza glielo consentono ovviamente, di renderlo inoffensivo con l'uso , appunto , della forza, magari facendosi aiutare da qualcun altro se non ce la fa da solo? Oppure gli farebbe un bel sermoncino sulla superiorità dell'etica non violenta mentre nel frattempo sputa qualche dente? Anche qui la risposta mi pare altrettanto ovvia e scontata. Chiunque reagirebbe e si porrebbe il problema dell'autodifesa, a meno che lo stupore, la paura o i rapporti di forza gli sconsigliassero una reazione foriera di ulteriori e piu' gravi danni.

E qui sta il punto . Posto che l'autodifesa è del tutto legittima e l'uso della forza anche , il problema , dal punto di vista politico, diventa quello di utilizzarla quando la stessa consenta di ottenere risultati e non quando finisca con l'essere controproducente.

Per cui , per uscire di metafora, è del tutto evidente la legittimità dell'utilizzo della forza come autodifesa dalla violenza dell'avversario di classe, ma la necessità e la correttezza dell'utilizzo della forza vanno verificate in relazione alla specifica situazione data.

Per essere più chiari e per venire al qui e oggi, mi pare di poter affermare che, in una situazione in cui è garantita l'agibilità politica, mentre la ricerca di uno scontro per lo scontro (oltretutto, in questa fase, del tutto folle e insostenibile anche sul piano puramente "militare" di piazza), magari a scopo mediatico, nel corso di un corteo , coinvolgendo migliaia di manifestanti inermi sarebbe inequivocabilmente un utilizzo sbagliato della forza, l'utilizzo di strumenti atti a ridurre i danni di eventuali aggressioni o l'organizzazione di forme di protezione e di tutela di un corteo da provocazioni e attacchi esterni, anche con l'utilizzo della forza, sarebbe tutt'altra cosa e non rappresenterebbe certo una concessione al "violentismo".

Queste considerazioni, di puro buon senso logico, mi sembrano talmente scontate che , non solo un comunista , ma persino un cattolico praticante, di quelli del "porgi l'altra guancia", le troverebbe legittime.

E allora, mi chiedo , come mai il compagno Bertinotti, con la sua , peraltro datata, conversione ghandiana, butta di fatto a mare Lenin ,Trotskj, Rosa Luxenburg, Che Guevara , la rivoluzione d'ottobre e tutto il patrimonio rivoluzionario dei comunisti proprio in questo momento?? Proprio mentre ripartono le lotte dei metalmeccanici, degli autofferotranvieri e di altri lavoratori che , con "picchetti", "blocchi stradali", "scioperi selvaggi" e "azioni illegali"(orrore , quale violenza , Ghandi si rivolterebbe nella tomba!!) giustamente rimettono in discussione le regole , queste si violente e autoritarie , dell'avversario di classe?

Temo di avere la risposta. Il gruppo dirigente del PRC ha avviato ormai da qualche mese, senza peraltro avere alcun mandato congressuale in tal senso, un processo di riavvicinamento all'Ulivo che dovrebbe portare a un allenza organica anche con le forze del grande capitale che sostengono tale aggregazione politica , in vista di un futuro governo comune , con la partecipazione diretta di ministri del PRC nell'esecutivo.

In questo quadro la posizione ghandiana assunta dalla maggioranza del gruppo dirigente del Prc se è del tutto inutile , anzi è controproducente, per la crescita del movimento anticapitalista, da comunque "bon ton " e puo' giustificare , insieme ad altre concessioni, la presenza dei "comunisti" in un governo del grande capitale.

Insomma , come ci dimostra anche l'esperienza del passato con il sostegno dato al governo Prodi, con annesse legge Treu, legge Turco-Napolitano, finanziaria di lacrime e sangue ecc.. , non si entra nel salotto buono della borghesia senza dare precise garanzie.

Ma la decisione di fare di Rifondazione comunista un partito riformista, ruota di scorta dell'Ulivo, anziché un partito comunista rivoluzionario, non dovrebbe essere presa perlomeno in un congresso straordinario? O, contravvenendo a ogni regola democratica e a ogni etica non violenta, si preferirà far prevalere la forza (i rapporti di forza) del gruppo dirigente sulle ragioni, quali esse siano, di tutti i militanti del partito?

Milano, 16 gennaio 2004

P.S. - la scelta di accostare la foto di una giovane "kamikaze" palestinese all'intervento un po' "fuori dal coro" di Bernocchi, Bersani, Cannavo' e Casarini, al di là dei giudizi di merito su questo tipo di azioni, non mi è sembrata particolarmente felice e mi ha ricordato un po' alcuni accostamenti forzati con filmati e immagini operati da Emilio Fede quando , suo malgrado, deve occuparsi dei "comunisti" e delle forze politiche antiberlusconiane.

Enrico Baroni - del Coordinamento Nazionale della CUB (Confederazione Unitaria di Base)

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