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Egitto: oggi il referendum costituzionale

Ma sono in tanti a chiedere una riscrittura completa della carta costituzionale. Gli emendamenti, spiegano, non bastano ed e' troppo presto andare alle elezioni politiche entro l'estate

(19 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Egitto: oggi il referendum costituzionale

foto: www.nena-news.com

REPORTAGE DI SILVIA MOLLICHI*

Il Cairo, 19 marzo 2011, Nena News - Gedda è un venditore di strada del poverissimo quartiere Bulaq, al Cairo. Ieri si è spostato a Tahrir per la manifestazione organizzata da vari gruppi di attivisti che parteggiano per il “no” agli emendamenti costituzionali, oggetto del referendum previsto oggi. L’obiettivo del giorno, però, non è solo vendere le sue borse con i colori della bandiera egiziana -uno dei mille “gadget rivoluzionari” che hanno avuto un boom sul mercato da strada fin dall’inizio di febbraio. “Sono d’accordo con le persone che sono qui. Non abbiamo bisogno di riformare la Costituzione, adesso ne serve una completamente nuova, altrimenti che cambiamento è per noi?”.

La manifestazione ieri è iniziata subito dopo la preghiera del mezzogiorno. In piazza i comizi sono stati intervallati da cori. Circa un’ora dopo, alcuni soldati dell’esercito si sono disposti attorno al gruppo dei manifestanti. Li hanno circoscritti all’area nord-est della piazza e hanno lasciato affluire il traffico di macchine, nonostante i partecipanti alla protesta stessero aumentando.

“’Aizin dustur gadid” (vogliamo una nuova Costituzione). Le voci che si susseguono dal palco montato in piazza si oppongono ad un referendum che molti considerano invalido. Gli attivisti al microfono hanno ricordato che tra le prime richieste della protesta iniziata il 25 gennaio c’era proprio quella di una Costituzione nuova. Sugli striscioni esposti si leggeva scritto: “no agli emendamenti, no alla contro-rivoluzione”.

Da quando è stato annunciato dall’Alto Consiglio delle Forze Armate, il referendum è diventato l’argomento di conversazione per eccellenza nella maggior parte dei luoghi pubblici. La settimana appena passata è stata densa di appuntamenti, dibattiti, convegni, tema unico: il voto di oggi, l’opinione dei favorevoli e dei contrari agli emendamenti. Non solo, basta fermarsi a prendere il giornale, scambiare due chiacchiere in un caffé e il referendum salta fuori come primo argomento di dialogo. Segno di una voglia di partecipazione sempre crescente e di un dibattito politico in corso mai stato così libero e aperto.

Il referendum riguarda nove articoli della Costituzione egiziana del 1971, quella al momento in adozione nel paese. Non si vota articolo per articolo: gli emendamenti possono solo essere rifiutati o accettati in blocco. Tra le novità proposte, cambiano i requisiti per i candidati presidenziali: dovranno essere egiziani senza doppia nazionalità e non sposati a persona non egiziana. Per candidarsi dovranno avere l’appoggio di almeno 30 membri del parlamento o 30.000 votanti distribuiti in 15 governatorati o di un partito registrato con almeno un membro eletto in parlamento. Cambia la durata del mandato presidenziale, ridotto a quattro anni per un massimo di due mandati consecutivi e chi sarà eletto dovrà nominare un vice-presidente entro 60 giorni. Torna di nuovo al potere giudiziario la responsabilità della supervisione sulle elezioni. Con la riforma dell’articolo 148, inoltre, vengono limitate le condizioni per cui un presidente può dichiarare lo stato di emergenza. Viene cancellato l’articolo 179 che autorizza in casi particolari il processo militare contro civili. Infine, viene riformato l’articolo 189, e si richiede al presidente e al parlamento eletti di istituire una costituente di 100 membri per riscrivere la Costituzione entro 6 mesi dalla nomina.

Chi sostiene il “no” agli emendamenti -la coalizione di attivisti dei Giovani della Rivoluzione del 25 Gennaio, l’Associazione Nazionale per il Cambiamento di el-Baradei, il Partito Ghad, i comunisti del Tagammu, i liberali del Wafd, il Partito Nasserista e il Partito del Fronte Democratico, oltre ad una pletora di attivisti ed esponenti del mondo della cultura- ne fa un problema di tempo, ma anche di sostanza. I contrari agli emendamenti ritengono che sia comunque troppo presto andare alle urne adesso e i tempi fissati per un periodo di transizione di sei mesi non permettono alle forze politiche appena nate di organizzarsi per le elezioni parlamentari e presidenziali. Fratellanza Musulmana e Partito Nazional Democratico (PND, ex-partito al governo) risulterebbero avvantaggiati. Inoltre, la Costituzione del 1971, sostengono gli oppositori, non garantisce un sistema elettorale rappresentativo. Quindi, prima di votare per un nuovo parlamento o un nuovo presidente serve riscrivere la Costituzione, emendarla non basta. La proposta del fronte per il “no” prevede un passaggio di potere dall’Alto Consiglio delle Forze Armate ad un presidente eletto ad interim o ad consiglio presidenziale, per mezzo di una dichiarazione costituzionale provvisoria. Questi dovrà poi avviare i lavori per la riscrittura completa della carta costituzionale.

“Ora serve una nuova Costituzione per far sì che la rivoluzione abbia veramente successo”- ha spiegato Muhammad el-Baradei durante la sua ultima dichiarazione (riportata da al-Masry al-Yowm). “Il tempo necessario per la riscrittura permetterà ai nuovi partiti di organizzarsi per le elezioni, così che il prossimo parlamento esprima davvero il volere degli egiziani”. Durante una dichiarazione precedente, el-Baradei aveva ricordato che “votare “si” al referendum porterà a delle elezioni parlamentari regolate da una Costituzione distorta”. Anche Amr Hamzawi (Professore di Scienze Politiche all’Università del Cairo e direttore di ricerca al Carnagie Middle East Center di Beirut), in uno dei suoi ultimi interventi sul sito del Carnagie Endowment, ha sottolineato che la Costituzione del 1971 supporta un sistema autoritario che viola i poteri giudiziario e legislativo. Quindi, è semplicemente inadatta per gestire una transizione democratica. Sulla stessa linea, anche le ultime dichiarazioni della coalizione dei Giovani della Rivoluzione del 25 Gennaio. “Riformare una Costituzione morente non ha senso. Adesso ne serve una completamente nuova”.

Chi invece sostiene il “si” al referendum –il blocco della Fratellanza Musulmana, il Partito Wasat, il PND e i laburisti- considera pericoloso qualunque passaggio di potere prima che la Costituzione sia emendata. La strada da seguire è quella indicata dall’Alto Consiglio delle Forze Armate: referendum costituzionale e poi elezioni parlamentari e presidenziali entro l’estate.

Tra i favorevoli del “si” c’è anche Libertà e Giustizia, il partito appena nato della Fratellanza Musulmana. Essam el-Eryan –portavoce della Fratellanza- durante la conferenza “Egypt’s New Parties and Challenges of Transition” organizzata da American University in Cairo (AUC), ha spiegato che è necessario votare “si” per due ragioni. Da un lato, è giusto ri-avviare il paese e procedere con la transizione verso libere e democratiche elezioni parlamentari e presidenziali. Dall’altro, secondo l’esponente della Fratellanza, il rischio di disordini interni all’Egitto e di tensioni con i paesi vicini è troppo alto. La società egiziana non può permettersi di perdere tempo.

Difficile negare la somiglianza tra gli argomenti avanzati da el-Eryan e quelli ripetuti più volte nelle dichiarazioni dell’Alto Consiglio delle Forze Armate. Entrambe le parti sono determinate a riportare il paese alla normalità il prima possibile, e per i sostenitori del “no”, tanta fretta sarebbe motivata da notevoli interessi politici.

Durante la stessa conferenza organizzata da AUC, Amr Hamzawi ha fatto notare che “al momento esistono due forze politiche organizzate che, in caso di elezioni, risulterebbero avvantaggiate, PND e Fratellanza Musulmana, gli altri gruppi non riuscirebbero ad organizzare strutture sufficienti in tempo per una competizione elettorale equa”. Proprio questo è un altro dei motivi che infiamma un dibattito che smentisce quanti pensavano all’Egitto come ad un paese senza cultura politica.

Il voto di domani sarà supervisionato da circa sedicimila giudici in tutto il paese e ci si aspetta, a differenza che in passato, un’alta frequenza alle urne. Ma non sarebbe l’unica novità. Nelle parole di Abu el-‘Ala Madi, leader del Partito Wasat, questa potrebbe essere la prima volta in decenni che gli egiziani vanno a votare senza sapere già quale sarà il risultato delle elezioni.Nena News

*Giornalista, vive e lavora al Cairo.

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