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Siria: la polizia reprime , morti a Daraa e decine i feriti

Scontri tra manifestanti e polizia nella cittadina a sud del paese, al confine con la Giordania. Il Segretario ONU Ban Ki Moon: "'uso della forza contro i manifestanti è inaccettabile."

(19 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Siria: la polizia reprime , morti a daraa e decine i feriti

foto: www.nena-news.com

Scontri tra manifestanti e polizia nella cittadina a sud del paese, al confine con la Giordania. Il Segretario ONU Ban Ki Moon: "'uso della forza contro i manifestanti è inaccettabile." Damasco 19 Marzo 2011, Nena News – Sono almeno tre (quattro secondo Al Arabya, tre secondo Al Jazeera) le persone uccise e decine i feriti, venerdì durante gli scontri con la polizia a Daraa’, cittadina nel sud del paese, al confine con la Giordania, durante una manifestazione di protesta contro il regime siriano.

Al grido di “Dio, Siria, libertà’’, una dozzina di manifestanti si era radunata davanti alla moschea: la polizia e’ intervenuta immediatamente picchiando e disperdendo la folla con esiti che non lasciano presagire a nulla di buono: negli scontri almeno tre manifestanti sono stati uccisi, decine sono i feriti, e le agenzie stampa arabe riferiscono dell'arresto dell'ingegnere Dana Mustafa Jawabireh. Dalle immagini di alcuni video pubblicati su youtube (vedi sotto),si vedono mezzi dei vigili del fuoco che 'sparano' acqua sui manifestanti per disperdere la folla. La città e' stata completamente circondata dalle forze di sicurezza, si parla di oltre 10.000 uomini che hanno imposto il coprifuoco agli abitanti, e le comunicazioni telefoniche sono state immediatamente interrotte.

Secondo quanto riportato da al-Jazeera i manifestanti chiedevano la fine della corruzione attaccando in particolare il noto affarista siriano Rami Makhluf, nonché cugino del presidente Bashar al-Asad e proprietario di alcune grandi aziende private, accusato di ruberie. Proteste si sono registrate anche a Homs, Banyas, dove i movimenti islamisti hanno avuto un ruolo di primo piano, e Damasco.

La versione ufficiale delle autorità, attraverso l'agenzia di stampa governativa SANA, liquida questi avvenimenti come 'atti di caos e disordine' ad opera di qualche elemento sovversivo che hanno causato il danneggiamento di proprietà pubbliche e private.

Si tratta delle prime vittime ufficiali in Siria avvenute in scontri tra polizia e manifestanti.

Da martedì 15, quando attraverso il gruppo fac book “Syrian revolution in 2011” era stato organizzato un giorno della rabbia in Siria, piccole iniziative di dissenso, con pochi partecipanti ed immediatamente represse dalle polizia, si sono tenute a Damasco e nelle principali città del paese.

Mercoledì 16 circa centocinquanta persone si sono radunate davanti al Ministero dell’interno con cartelli in una rara e coraggiosa espressione visibile di dissenso contro il regime per richiedere il rilascio dei prigionieri politici e la fine della legislazione d’emergenza, con la partecipazione di molti parenti dei prigionieri stessi. Secondo le organizzazioni in difesa dei diritti umani, nelle carceri siriane sono detenuti più di 3,000 prigionieri politici siriani, tra cui esponenti della Fratellanza Musulmana, della minoranza kurda, attivisti per i diritti umani e comunisti.

Nel giro di pochissimo tempo, come già accaduto il giorno precedente durante un improvviso raduno di un gruppo nel centrale suq Hamediya di Damasco, e’ intervenuta la polizia, più numerosa dei manifestanti, che ha disperso i coraggiosi manifestanti picchiando con manganelli ed ne ha arrestati 40. Il giorno successivo trentadue degli arrestati sono stati processati ed accusati di “indebolire il morale e la reputazione della nazione”.

Venerdì 18, dal gruppo facebook “Syrian devolution 2011”, era stato proclamato un giorno della dignità. Alcuni uomini hanno iniziato -dopo la preghiera- ad urlare slogan nella moschea degli Ommayadi di Damasco dove sono stati picchiati (http://www.facebook.com/video/video.php?v=107035746045277&oid=420796315726&comments) e immediatamente arrestati dalla polizia in abiti civili ed una folla di sostenitori del regime si e’ radunata in un batter d’occhio davanti alla moschea e nel suq Hamediya.

Queste scintille di dissenso finora sono state molto brevi e poco visibili.

I nostri corrispondenti da Damasco si trovavano nei pressi della moschea ommayade subito dopo la preghiera, tra la folla di turisti presenti e ben attenta a non dare nell’occhio dell’onnipresente polizia segreta siriana, e riportano di aver notato “solo notato la presenza di qualche dozzina di sostenitori con la bandiera siriana e di un numero di poliziotti più numerosi del solito”; per il resto la vita nelle strade della città vecchia scorreva come sempre, con i caffé pieni, negozi aperti e gruppi di turisti a passeggio.

Finora i tentativi di organizzare manifestazioni di dissenso contro il regime sulla scia dei moti popolari tunisino ed egiziano attraverso gruppi facebook avevano ottenuto una scarsissima risposta da parte della popolazione, imputata dai commentatori alla paura della dura repressione e alle caratteristiche della realtà siriana. La Siria e’ un paese multireligioso e multietnico.

Accanto alla maggioranza sunnita, e’ presente un 10% di cristiani ed una minoranza sciita, composta di drusi, ismailiti e alauiti a cui appartengono gli Assad, la dinastia che domina il paese dal 1970 prima con Hafez e dal 2000 con il giovane Bashar. La struttura del potere militare e politico e’ saldamente in mano alla minoranza alauita. In Siria e’ inoltre presente una minoranza di curdi, soprattutto nel nord del paese, etnia non araba Ho spesso sentito esprimere la paura che una caduta del regime secolare del Baath potrebbe sfociare in uno scontro interetnico ed interreligioso in Siria , sull’esperienza dei vicini Iraq e Libano.

L’opposizione, composta dai Fratelli Musulmani, il partito piu’ organizzato, da partiti di sinistra e da gruppi per la democrazia, appare debole e divisa, decimata da anni di arresti e repressione. Altro elemento che rende popolare il regime e’ il proprio atteggiamento di contrapposizione nei confronti degli Stati Uniti (si e’ opposto decisamente all’attacco all’Iraq del 2003) e di Israele (la Siria e’ ancora ufficialmente in guerra con Israele che occupa le alture del Golan dal 1967 e sostiene la resistenza di Hezbollah).

Secondo un giornalista siriano di origine palestinese, da noi interpellato, “in Siria, a differenza della Tunisia e dell’Egitto, dove l’esercito era stato educato a difendere i confini, non l’autorità e per questo non e’ intervenuto contro i manifestanti, l’esercito e’ espressione della minoranza alauita ed ha come fine principale quello della difesa dell’autorità e del regime’”. Gli chiediamo se si fida delle promesse di riforme ribadite qualche giorno fa dal ministro degli Esteri. “Bashar al Asad vorrebbe fare delle riforme ma e’ bloccato dalla struttura stessa del sistema di potere. Anche quando era stato eletto nel 2000 aveva promesso riforme e libertà. La primavera di Damasco e’ durata solo un anno, dopo i suoi animatori sono stati tutti arrestati. La popolazione siriana ha ancora troppa paura, gli occhi della polizia segreta sono ovunque. Vedi quelli seduti accanto a te? Il loro compito e’ osservare tutto quello che si muove. Bisogna stare attenti.”

Ma questa conversazione avveniva prima della notizia delle vittime di Daraa.

Nena News

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