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‘Salvataggio’ Atac: movimenti sociali e USB contro la privatizzazione. Stamattina occupazione simbolica

(27 Maggio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

‘Salvataggio’ Atac: movimenti sociali e USB contro la privatizzazione. Stamattina occupazione simbolica

foto: www.radiocittaperta.it

27-05-2011/16:31 --- I cittadini romani, alle prese con la paralisi della città causata dall’ennesimo guasto alla metropolitana - altro che scioperi selvaggi! - hanno appreso ieri che a giorni la pubblica amministrazione e l’azienda dei trasporti dovrebbero intraprendere la cosiddetta “operazione salvataggio” di Atac Spa. La delibera nr. 35 propedeutica al Bilancio del Comune di Roma – la cui approvazione, già si sa, slitterà di parecchie settimane - prevede la cosiddetta valorizzazione e la vendita di quindici immobili "non strumentali al trasporto pubblico locale". Invece di ridurre i famosi sprechi, la Giunta Alemanno ricorre alla svendita del patrimonio pubblico, con l’obiettivo di fare cassa, ma privandosi di beni che andranno ad ingrassare qualche privato a prezzi assai inferiori a quelli del tanto decantato mercato. I debiti dell’azienda nei prossimi anni aumenteranno, ma non ci sarà più niente da vendere. E allora? Non si sa. Nel frattempo un ulteriore ostacolo è rappresentato dal fatto che Alemanno e i suoi devono portare a casa il risultato in tempi stretti: l’operazione va conclusa entro il 17 giugno, data in cui l'assemblea dei soci si riunirà per girare alla capogruppo il pacchetto di quote detenuto da Atac Patrimonio (valore stimato: 400 milioni), che dopo un ulteriore passaggio in Assemblea Capitolina diventerà una società di secondo livello.

Ai privati andrebbero 15 immobili fra cui le sottostazioni Nomentana ed Etiopia, le rimesse San Paolo e Vittoria, l'area del Centro Carni e di Acilia, i complessi di Portonaccio e Trastevere. Dopo il varo, Atac Patrimonio potrà "alienare i suddetti beni mediante trasferimento a un Fondo comune di investimento immobiliare" curato da una Società di gestione del risparmio, il cui controllo dovrebbe rimanere per il 51% pubblico. La delibera approvata ieri in Commissione Bilancio prevede anche di seguire lo stesso iter previsto per la dismissione delle numerose caserme inutilizzate della Capitale: quindi in teoria ogni singolo provvedimento dovrebbe essere sottoposto alla "consultazione della cittadinanza" dopo “l'approvazione dell'Assemblea capitolina". Secondo la delibera dovrebbero essere i cittadini romani a decidere se il deposito di Garbatella o quello di via Alessandro Severo, dovranno diventare alberghi o appartamenti. Il problema però è che per ben 8 strutture bisognerà prima approvare la variante urbanistica. Tra queste le ex rimesse di Portonaccio e Trastevere, ubicate "in zone ormai troppo centrali" dalle quali ci si aspetta di guadagnare moltissimo. Portonaccio, infatti, "ricade a ridosso della stazione Tiburtina, impegnando aree che potrebbero avere destinazioni complementari alle attività del polo ferroviario e del limitrofo tessuto urbano, a prevalenza residenziale". Quella di Trastevere, centralissima, "al momento viene utilizzata unicamente per i bus elettrici del centro storico" che tuttavia verranno trasferiti nel parcheggio del Galoppatoio in fase di ampliamento.

A parte le incertezze derivanti dal complesso iter burocratico, numerose critiche hanno preso di mira la decisione della maggioranza di centro destra che governa la Capitale. A denunciare con forza la svendita del patrimonio pubblico è l’Unione Sindacale di Base: "In una città in mano alla speculazione edilizia – ha dichiarato Francesco Staccioli, dell'Esecutivo Regionale USB - si vogliono utilizzare beni di valore enorme, che appartengono a tutta la collettività, per mettere una toppa parziale ad una falla molto più grande che sta portando l'Atac a picco. Abbiamo già assisto alle svendite delle parti migliori di aziende pubbliche, che hanno lasciato tutti i debiti sulle spalle dei lavoratori e della collettività. E non è con i sotterfugi che si danno le risposte adatte per interrompere l'agonia dell'Atac: senza un piano complessivo di ripensamento del trasporto cittadino, dove venga confermata la sua natura pubblica, indispensabile e al servizio di tutti, assisteremmo solo ad una liquidazione dei 'gioielli di famiglia' ai soliti noti, che domani lascerebbe i lavoratori senza più un centesimo per difendere la loro azienda e il loro posto di lavoro dai processi di privatizzazione".

E questa mattina un centinaio di persone, tra attivisti dei movimenti per il diritto all'abitare e dei movimenti sociali, stamattina hanno occupato gli uffici dell'Atac a Roma, in via Prenestina, per denunciare l’ennesima privatizzazione – sotto mentite spoglie - di un’azienda pubblica. “Col rischio che non solo il servizio di trasporto pubblico peggiori nettamente e aumentino le tariffe, ma anche che parecchi lavoratori perdano il loro impiego” spiega ai microfoni di Radio Città Aperta Massimo Muccari, dei Blocchi Precari Metropolitani. "Nei prossimi giorni si cominciano a discutere delibere che riguardano Atac e altre aziende municipalizzate e intendiamo opporci alla loro privatizzazione" hanno detto i manifestanti ai rappresentanti dell’Atac, chiedendo nel contempo al Sindaco Alemanno di essere ricevuti "per poter ridiscutere le sue scelte scellerate".

"Hai voluto dare i soldi ai parenti, adesso attaccati al tram" e "Svendete Roma per pagare i vostri danni" recitavano i due striscioni issati dagli occupanti sulla terrazza della sede dell'Atac di via Prenestina. Un altro striscione con la scritta "Basta chiacchiere" ha bloccato per ore l'entrata del palazzo. Alla fine movimenti e sindacati di base hanno ottenuto l'incontro con il sindaco - o chi per lui - il prossimo 6 giugno.

Il blitz di questa mattina negli uffici di Via Prenestina, dopo la manifestazione di ieri Gerit Equitalia in via Palmiro Togliatti, fa parte di un percorso di mobilitazioni che porterà a quello che i sindacati di base e i movimenti sociali hanno ribattezzato sciopero metropolitano. Lunedì incroceranno le braccia non solo i lavoratori del trasporto pubblico, dell’Ama, dell’Acea, della Farmacap e del Campidoglio, ma anche i dipendenti delle cooperative sociali, gli educatori e le educatrici dei nidi e delle scuole dell’infanzia, mentre in piazza nel pomeriggio scenderanno anche i movimenti per la casa, gli inquilini delle case degli enti, i disoccupati e i precari (nessun segnale invece dagli studenti...). Tutti uniti in corteo dal Colosseo al Campidoglio per dire ad Alemanno che non può governare una città a suon di privatizzazioni e tagli.

Redazione Radio Città Aperta

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