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Bahrein: naufraga dialogo nazionale

Il partito sciita Wefaq lascia il tavolo di iniziativa per il dialogo nazionale voluta dal re al Khalifa per mettere fine all’instabilità del paese. Arriva oggi la denuncia di un’organizzazione di diritti umani: le forze di sicurezza bahrenita si sono accanite contro il personale medico durante le proteste.

(18 Luglio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Bahrein: naufraga dialogo nazionale

foto csmonitor

Roma, 18 Luglio 2011- Nena News (foto csmonitor) - Quasi tutti gli analisti politici lo avevano previsto, e cioè che nell’impasse politico che da mesi caratterizza il regno del Golfo alleato degli Stati Uniti, la possibilità che l’iniziativa di dialogo nazionale voluta dallo stesso monarca, per mettere fine alle protetste, avesse un esito positivo, era pari a zero. Ieri, la delegazione del più importante partito dell’opposizione, gli sciiti di Wefaq, che da tempo chiedono una monarchia costituzionale senza però la destituzione del re, Hamad bin Isa al Khalifa, hanno deciso di non presentarsi agli incontri previsti. Pronti a lasciare il tavolo degli dell’iniziativa di dialogo nazionale, che ha preso il via il 2 luglio, con l’appoggio del governo di Washington (gli Stati Uniti hanno in Bahrein la più grande base militare del Golfo), per la mancanza di serietà, come affermato da un portavoce di Wefaq.

Dopo mesi di proteste infatti, che hanno provocato a causa della repressione delle forze dell’ordine più di 30 morti e 500 feriti (dati di Human Rights Watch), il monarca si era detto pronto al dialogo, sul cui “tavolo tutte le opzioni erano aperte”, come annunciato in un discorso trasmesso dalla tv di Stato. Allora Wefaq aveva dichiarato – per bocca del leader Sheikh Ali Salman – che il partito non avrebbe abbandonato le richieste del popolo e avrebbe cioè sostenuto quello che chiede da tempo: un parlamento democraticamente eletto e con pieni poteri esecutivi, e una legge elettorale equa.

Pur avendo ottenuto 18 seggi su 40 nelle recenti elezioni parlamentari, i deputati del Wefaq si sono dimessi per la violenza delle forze di sicurezza governative (a cui si è aggiunta quella delle forze saudite) usata contro i manifestanti, nel corso delle proteste iniziate a Manama il 14 febbraio. Accogliendo però l’invito del re a partecipare insieme all’altro partito dell’opposizione (di orientamento più socialista), il Wa’ad, all’iniziativa di dialogo nazionale. Ora Wefaq lamenta la poca trasparenza degli incontri: su 300 posti designati a rappresentanti politici e della società civile, solo 35 sono stati destinati all’opposizione – secondo quanto dichiarato dal portavoce del partito sciita, al- Marzouk. Per Wefaq infatti “il dialogo nazionale stava andando avanti senza alcun successo”, con un tavolo dominato sostanzialmente da rappresentanti governati o vicini al monarca.

Il Bahrein rimane sostanzialmente un paese diviso: da una parte la minoranza sunnita, stretta intorno al re e ai clan familiari a lui prossimi; dall’altra la maggioranza sciita, che continua a chiedere riforme e una maggiore partecipazione politica.

Un paese caratterizzato da una instabilità che sta iniziando ad essere catastrofica per l’economia; dopo aver perso la chance di ospitare il Gran Premio di Formula Uno, cancellato dal mondiale 2011 a causa della delicata situazione politica del paese, ora anche molte banche e compagnie straniee, non convinte dalle promesse di una rapida stabilità, hanno ritirato alcuni investimenti e spostato i loro impiegati in altre regioni del Golfo.

Venerdi ancora proteste, indette da Wefaq si sono avute nell’area Bilad Al-Qadim, della capitale Manama. Il governo, che vede dietro alle proteste sciite, il braccio dell’Iran, non ha risposto alle richieste di liberare i detenuti, centinaia, che hanno preso parte alle proteste di piazza da febbraio, e non ha finora chiarito quali siano le accuse a loro carico; 8 leader delle proteste (appartenenti a tre partiti dell’opposizione) sono stati accusati di “complotto contro la monarchia” e sono destinati a passare tutta la loro vita in carcere; altri tredici attivisti hanno ricevuto condanne tra i 2 e i 15 anni di carcere.

Infine è di oggi la denuncia dell’organizzazione in difesa dei diritti umani Human Rights Watch: una ricerca di 54 pagine condotta dall’organizzazione, tramite interviste sul campo, dimostra come le forze di polizia bahrenite si siano accanite sul personale medico sanitario; arresti di medici, abusi e intimidazioni fisiche a infermiere e personale sanitario, ospedali e strutture di pronto soccorso sotto assedio, si sono avuti da febbraio fino al 20 aprile, data in cui i ricercatori di HRW hanno lasciato il paese (e data dopo la quale non è stato più consentito loro di rientrare nel paese).

Molti dei casi hanno interessato il SMC, il complesso medico di Salmaniya, il più grande ospedale del Bahrein. Da metà marzo più di 70 membri del personale medico sono stati arrestati, e 48 di loro subiranno processi presso corti militari speciali. HRW ha fatto appello al governo perché metta immediatamente fine alle violenze sul personale medico e ha chiesto alle Nazioni Unite di condutrre un’indagine indipendente su ciò che è avvenuto in questi mesi. Nena News

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