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(11 Novembre 2012) Enzo Apicella

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(Palestina occupata)

Egitto-Israele ai ferri corti

Il Cairo richiama l’ambasciatore, Israele ribombarda Gaza, Hamas interrompe la tregua

(21 Agosto 2011)

Egiziani contro Israele

Dopo i tragici incidenti nel Sinai di giovedì la tensione fra Egitto e Israele è salita vertiginosamente. Il popolo di piazza Tahrir accantona le diatribe interne e rivolge la sua ira contro il nemico d’un tempo assediando l’ambasciata israeliana al Cairo e bruciando bandiere con la stella di David. Il sangue dei cinque poliziotti di frontiera uccisi dall’esercito di Tel Aviv è considerato dalla gente sangue proprio e l’insofferenza contro l’aggressività israeliana è al limite. Animato dal medesimo sentimento il premier Issam Charaf ha fatto scrivere sulla sua pagina di Facebook che “Il sangue egiziano è troppo prezioso per venir versato senza risposta”. E cavalcando pro domo sua gli eventi “La nostra gloriosa rivoluzione ha avuto luogo per far riguadagnare al popolo dignità all’interno e all’esterno del Paese. Ciò che era accettato dall’Egitto prima della rivoluzione ora non lo sarà più”. Il governo ha comunicato ufficialmente in tv il ritiro dell’ambasciatore con le seguenti motivazioni “Israele ha condotto un raid in modo casuale, il nostro Paese rafforzerà la sicurezza per rispondere a ogni attività militare israeliana”. Parole e fatti che non s’ascoltavano e si vedevano da oltre dieci anni. L’Egitto aveva compiuto una rottura diplomatica con Tel Aviv durante la repressione della seconda Intifada che vide l’Idf scatenato nei Territori Occupati e Arafat assediato nella Chiesa della Natività di Bethlehem.

E mentre nelle città del Negev tornano razzi e feriti fra i civili israeliani, Gaza rivive l’incubo dei bombardamenti registrando quattordici vittime nella reazione che per il premier Netanyahu è solo l’inizio della ritorsione. Hamas, col portavoce Abu Zouhri, ha dichiarato rotta la tregua e ha definito “l’esecuzione mirata del segretario generale dei Comitati di resistenza popolare, Kamal Neirab e di altri membri della struttura, l’ennesimo crimine sionista”. Al succedersi di eventi, che in tre giorni riportano indietro di anni la situzione arabo-israeliana, contribuiscono sicuramente la caduta di regime amici com’era quello di Mubarak, l’attuale crisi siriana e la chiusura che il governo Netanyahu-Liberman attua verso qualsiasi accordo sulla questione d’una nazione per i palestinesi. Per la coppia boicottare la dichiarazione Onu del prossimo settembre è un imperativo categorico. Non è un segreto che l’intero establishment d’Israele ha sempre visto favorevolmente raìs e regimi clanisti come quello degli Assad. Entrambi assolvevano il compito di tenere lontano qualsiasi ricambio politico nei loro Paesi. Se da una parte Mubarak diventava un formidabile alleato repressore aperto alla linea della Knesset e ai progetti del Mossad, anche la “dinastia presidenziale” di Damasco tranquillizza per i suoi apparati polizieschi utili a conservare lo status quo.

20 agosto 2011

Enrico Campofreda

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