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Mala Europa versus democrazia

(5 Novembre 2011)

La Mala Europa è ormai una realtà. Il Direttorio che impone i suoi diktat sul piano economico e politico agli altri paesi europei e che vieta di tenere referendum democratici sulle misure antisociali volute dalla Bce e dall'Unione Europea, è il risultato di un processo reale che passo dopo passo ha adeguato l'Europa alla competizione globale in corso dentro la crisi sistemica del capitalismo....

Imparare dalla Grecia, “fare come la Grecia”, agire in Italia, guardare al resto d'Europa, cominciare a mettere in campo alternative credibili e iniziative di massa efficaci. E' un po' questo il filo delle questioni che il secondo forum sulla “Mala Europa” promosso dalla Rete dei Comunisti discuterà sabato 5 novembre a Roma. Il primo si era tenuto a marzo e aveva guardato con un occhio di riguardo alle possibili connessioni tra i movimenti sociali e politici europei con quelli del Maghreb, protagonisti delle rivolte dei mesi scorsi.

Ma la Mala Europa, da questa estate sta dando il ritmo di marcia ad una escalation antipopolare e antidemocratica che necessita di opposizione reale e alternative.

La lettera della Bce del 5 agosto, il commissariamento di Grecia e Italia, ed infine i “colpi di stato” su mandato del Direttorio europeo nei due “anelli deboli” dell'Unione Europea, stanno a indicare che la contraddizione tra democrazia e capitalismo è esplosa come quinto fattore della crisi generale del sistema. Gli altri quattro erano più meno evidenti: crisi finanziaria, crisi energetica, crisi alimentare, crisi del debito, ma a questi si è aggiunta una crisi democratica che per portata e conseguenze va affrontata di petto.

Il forum sulla Mala Europa ha il merito di voler cominciare ad entrare nel merito delle alternative al commissariamento de facto dei paesi Piigs da parte del blocco dominante rappresentato dalle banche, tedesche e francesi soprattutto, dai governi, francese e tedesco soprattutto, e dalle istituzioni dell'Unione Europee che si sono strutturate ad hoc (Bce, Consiglio Europeo, Eurogruppo) per rendere esecutivi i loro diktat ed egemoni le priorità delle banche e delle multinazionali a base europea nella competizione globale.

Le proposte di fuoriuscita dall'Eurozona o dall'Unione Europea dei paesi Piigs, la nascita di una moneta diversa dall'euro e di un'area economica regionale sganciata dalla UE e autocentrata sui propri bisogni e possibilità, sono ancora modulate diversamente nei vari paesi coinvolti (Grecia, Italia, Spagna,Portogallo) ma sono ormai entrate a pieno titolo nel dibattito politico e nelle soluzioni possibili.

Ma sarebbe un serio errore ritenere che le alternative alla dittatura del Direttorio Europeo abbiano solo le caratteristiche delle soluzioni economiche. Al contrario, qui ed ora, occorre rimettere la politica al posto di comando e sarebbe errato ritenere che l'Unione Europea sia solo una costruzione economica priva di potere politico. I fatti stanno dimostrando l'esatto contrario.

In questo senso la contraddizione tra democrazia e capitalismo sta agendo pesantemente e concretamente, resa visibile dall'annullamento del referendum in Grecia, dalla eliminazione della Costituzione Europea e dalla sua sostituzione con il Trattato di Lisbona per il semplice motivo che la Costituzione andava sottoposta a referendum e che lì dove questo è stato fatto (Francia e Olanda) la maggioranza della popolazione ha detto no. In Italia la situazione è ancora peggiore sia perchè l'europeismo veicolato del tutto acriticamente e in modo totalmente bipartizan nel senso comune è stato in realtà la copertura per far passare i diktat dell'Unione Europea e della Bce, sia perchè in Italia è la stessa Costituzione a vietare i referendum sui trattati internazionali.

Rompere questa complicità politica bipartizan con i diktat della Bce è dunque fondamentale per dare spazio a soluzioni alternative sul piano economico. La proposta del referendum contro le misure dell'Unione Europea lanciata dal Comitato 1 Ottobre “No Debito” è dunque di straordinaria importanza per e nelle mobilitazioni sociali e sindacali dei prossimi mesi contro i provvedimenti antipopolari che il/i governo/i dovranno adottare in obbedienza alle direttive dell'Unione Europea.

La questione democratica non può che entrare di impeto dentro le vertenze e le mobilitazioni sulle questioni sociali delle prossime settimane e dei prossimi mesi.

Quando i poteri forti temono la consultazione popolare oltre ogni limite di decenza ci troviamo di fronte ad uno snodo storico, ad una occasione da cogliere con credibilità e tempestività.

Sergio Cararo
Rete dei Comunisti

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