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Tunisia: shari'a vs sinistra

Il Paese, tradizionalmente laico e impermeabile a imposizioni di carattere religioso, si trova di fronte alla sfida culturale e politica tra salafiti e islamisti da un lato, sinistra e sindacato dall’altro. In mezzo, il partito di governo Nahdha ondeggia tra religione e laicità.

(26 Marzo 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Tunisia: shari'a vs sinistra

foto: nena-news.globalist.it

FABIO MERONE

Roma, 26 marzo, Nena News (nella foto, la manifestazione di ieri in piazza 14 Gennaio) - Domenica 25 marzo, davanti l’orologio della piazza 14 Gennaio, una folla umana si é radunata inneggiando slogan islamisti dell’ultima ora: “il popolo vuole l’applicazione della sharyya”. La manifestazione é stata indetta dalle associazioni “Abi Zayed Alkarouany” e “Saheb Ettabaa” ed era una risposta al raduno “Per uno Stato laico” organizzata il 20 marzo dall’associazione “Afek Tounis” in occasione della festa dell’indipendenza.

Quanti fossero, é difficile stabilirlo basandosi sulle fonti giornalistiche. L’osservatore acuto dei “fatti” tunisini ha imparato a capire che in una fase di transizione delicata come questa, in cui ogni parte cerca di conquistare centimetro per centimetro lo spazio pubblico, anche il modo in cui si danno le notizie é importante.

Per esempio i mezzi di comunicazione vicini al partito EnNahdha da qualche mese, e piu precisamente dai fatti dell’università di Mannouba (in cui i salafiti hanno ingaggiato un braccio di ferro con le autorità universitarie sulla questione del niquab), hanno deciso che bisogna far calare la tensione, che il conflitto tra salafiti e laicisti fa il gioco della “fitna”, della divisione.

Potremmo aggiungere che il Nahdha rischia di rimanere schiacciato come un sandwich dalla pressione delle parti, visto che da quando gli islamisti hanno deciso di alzare la posta del “simbolico religioso”, la sinistra (o i “modernisti”, come si definiscono) si sono rinvigoriti. Il sindacato non é mancato di entrare in scena ed ha accusato apertamente, alla fine di marzo, di aver subito intimidazioni durante i giorni dello sciopero dei netturbini indetto dal sindacato di categoria.

Alla pressione “da sinistra” si aggiungono le critiche che “fanno male”, quelle che provengono dalla stessa famiglia politica islamista, che fa il gioco della radicalizzazione costringendo il partito di Ghannouchi a prendere posizione chiara sulla questione dell’applicazione della sharyya.

I media pubblici, invece, che pure hanno l’obbligo di riportare la notizia, hanno convenuto di utilizzare un metodo statistico poco attaccabile: i manifestanti, ormai, che appartengano alle manifestazioni salafite o moderniste, sono contabilizzati in “migliaglia”.

Per dovere di scrupolo ed utilizzando l’esperienza possiamo affermare che le manifestazioni islamiste degli ultimi tempi raggiungono circa le diecimila persone, mentre quelle della controparte si attestano sui 6 -7000.

Il dato politico o meglio sociologico é che c’é una polarizzazione dello scenario. Che gli islamisti in senso lato o i salafiti in senso stretto aumentino nella società, é una cosa che si vede a occhio nudo. Tanto che ormai sono invitati nei plateau televisivi e gli si chiede esplicitamente di fare appelli alla calma e alla moderazione. Ma la lettura della realtà diventa contemporaneamente più chiara e questo favorisce il processo. Per cui non é assolutamente detto che ciò sia negativo.

Incredibile ma vero, la Tunisia é stato un Paese che aveva fatto tabula rasa della cultura arabo-musulmana. Aveva reagito al pedagogismo di Bourghiba di riflesso e si era comportata come richiedevano i tempi. Ed ora é tornata la voglia di abbracciare le correnti che soffiano dal Medio Oriente.

Tuttavia non va esagerato lo scenario e non é per niente scontata la vittoria né culturale né politica di questi ultimi. La Tunisia non é islamica nel senso delle società mediorientali. La realtà é apparsa chiara sulla questione del niqab: la società ha rifiutato in blocco ed ha lasciato soli i salafiti che sono apparsi ai più come degli extra- terrestri. La prova schiacciante é stato il risultato delle elezioni universitarie per i consigli scientifici. Le liste del sindacato di sinistra hanno fatto man bassa ed il tentativo del risorto sindacato di simpatie Nahdhaoui di conquistare l’università é fallito clamorosamente. La sinistra aveva voluto fare della questione di “Mannouba” una battaglia campale: no passaran. La cultura universitaria deve rimanere “progressista”.

Hamma Hammami, leader del partito comunista tunisino

E’ consigliabile quindi non schematizzare troppo la lettura dei fatti anche perché non ci dimentichiamo che esiste una questione sociale di fondo: la crisi economica e l’aumento del costo della vita. Su questa sponda si trova l’instancabile Hamma Hammami (segretario del partito comunista) che insiste che l’agenda politica non si stabilisce sull’essere con l’islam o contro di esso: ma piuttosto é una questione di classe, e la gente deve mangiare. Da qui lo slogan simpatico che é stato creato spontaneamente nelle manifestazioni, contro le ripetute provocazioni dei salafiti. Allo slogan di questi ultimi: “Il popolo é musulmano e non si arrende”, gli altri rispondevano: “Il popolo é musulmano e vuole mangiare”.

Il bacino di Gafsa (la regione mineraria) continua a fare rumore nel miraggio di una riconversione industriale. La regione di Sidi Bouzid cerca di non farsi dimenticare: le città di Menzel Bouzaiene e Sned hanno dichiarato uno sciopero in bianco questi ultimi giorni nell’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione su di sé.

Su questo sfondo si ricompone il quadro politico. Il polo marxista e panarabista si é riunito in un fronte unico ribattezzato “fronte del 14 febbraio”. La sinistra radicale e marxista fa fatica a riprendersi dopo la batosta elettorale; i suoi militanti ancora non si fanno una ragione considerandosi, in parte giustamente, tra i protagonisti dei movimenti sociali. Come spiegarsi la débacle elettorale proprio nel bacino minerario di Gafsa dove erano stati protagonisti dei movimenti sociali del 2008? E che dire di una Sidi Bouzid che vota in massa per la lista “petizione popolare” di un magnate elettorale populista ed in odore RCD (ex partito di Ben Ali)?

La società civile va in effetti ricostruita da zero e la rinascita politica dei singoli partiti si misurerà anche dalla capacità di incominciare da un atto di umiltà ed autocritica. Ci sta provando il blocco di centro- sinistra, che ormai si definisce sempre più di centro e sempre meno di sinistra. Vanno capiti. Sono i “modernisti”, quelli spaventati sul serio dell’avanzata dei “barbuti”. Per loro non é più una questione di destra o sinistra ma é una “battaglia di civiltà”. Bisogna arginare l’avanzata islamista e fare blocco. Su questo presupposto e quasi con l’affanno di chi si sente accerchiato, si é messo in moto un processo inarrestabile. Dopo l’unione tra l’ ”Ettajdid” ed il “Partito del Lavoro”, sancito dall’ultimo congresso di Ezzahra all’inizio di marzo, é annunciata ad aprile la fusione tra questi ultimi ed il “PDP” e “Afek” (l’altro pezzo grosso della sinistra moderata).

A provare che i rapporti di forza nella Tunisia post-rivoluzionaria non si basano sul conteggio delle persone scese in piazza, é il congresso dei Bourghibisti riunitosi a Monastir questo fine settimana. L’eroe della folla é stato l’ex premier Beji Caied Essebsi. Chi lo avrebbe detto nei tormentati mesi della preparazione delle elezioni? E’ uno dei personaggi più carismatici e popolari sulla scena politica. Di lui oggi la gente ricorda quella sua gestione volitiva che ha dato sicurezza alla gente in un momento in cui si temeva il caos.

Ecco, ora molta gente rimprovera al governo del Nahdha di essere troppo molle e di non prendere una posizione chiara contro l’aggressività di questi giovani salafiti che imperversano per le strade del paese. Gli osservatori sanno che dietro le quinte del partito Ennahdha si é acceso un furioso dibattito. Ai “ falchi”, come viene ufficialmente definita la corrente vicina ai salafiti, non sono piaciute le uscite pubbliche di alcuni dei personaggi del partito che cercano di dare prova di moderazione. L’imbarazzo é dovuto dall’aver posto in pubblico il tema della sharyya. Il Nahdha non ha mai avuto una posizione riflettuta sul tema. Secondo Ghannouchi, il teorico del partito, é una falsa questione: “L’islam é uno stato d’animo, é un approccio umanista che non si ferma e non si limita ad una legislazione. Per noi é una fonte di ispirazione ma non abbiamo bisogno di imporre le norme morali alla società. Non c’é costrizione nell’Islam”. Il partito sta attraversando forse una fase decisiva e lo si attende al varco. Da qui emergerà un precedente capace di influenzare l’evoluzione politica degli altri Paesi della regione.

Nella serata di ieri, domenica 25 marzo, si é riunito il comitato storico del partito nella sede dell’Ariana in cui é stata decisa la posizione ufficiale del partito: “Il Nahdha é a favore del mantenimento dell’art. 1 della costituzione”, che vuol dire, indirettamente, che rinuncia alla sharyya islamyya. Nena News

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