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Bahrain: abdulhadi al khawaja sta morendo in carcere

Sono critiche le condizioni di Abdulhadi Al-Khawaja giunto al 56esimo giorno di sciopero della fame. Le autorità tacciono e continuano a reprimere nel sangue la protesta popolare contro i regnanti al Khalifa che ora pensano solo al GP di Formula 1

(5 Aprile 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Bahrain: abdulhadi al khawaja sta morendo in carcere

foto: nena-news.globalist.it

MICHELE GIORGIO

Roma, 04 aprile 2012, Nena News – Si sta lentamente spegnendo in carcere Abdulhadi Al-Khawaja, il fondatore del Gulf Centre for Human Rights, giunto al 56esimo giorno di sciopero della fame. Le sue condizioni sono critiche ma è intenzionato a continuare la sua battaglia, fanno sapere i familiari, anche a costo della vita. «Vuole la libertà, perché non ha commesso alcun reato ma ha soltanto denunciato violazioni dei diritti umani. Altrimenti preferisce morire», ha spiegato la Maryam al Khawaja, la figlia dell’attivista bahranita.

Gli appelli lanciati dai centri per i diritti umani, diretti anche al governo di Copenaghen (al-Khawaja ha la doppia cittadinanza, bahranita e danese), continuano a cadere nel vuoto. La sorte dell’attivista dei diritti umani – arrestato un anno fa e condannato all’ergastolo per «aver complottato contro la monarchia» - non riscuote alcun interesse in Occidente dove gli occhi sono puntati solo sulla crisi siriana. A cominciare da quelli degli Stati Uniti che in Bahrain hanno la base strategica della V Flotta.

La protesta popolare in corso a Manama resta inascoltata, a causa anche della protezione che re Hamad al Khalifa riceve dall’Arabia saudita, paese dove, come in Bahrain, vengono negati diritti fondamentali ma che, grazie alle sue ingenti esportazioni petrolifere, si assicura una sorta di immunità internazionale.

Dall’inizio della protesta popolare e pacifica il 14 febbraio 2011 in Piazza della Perla a Manana – soppressa dall’intervento militare saudita il mese successivo – sono stati uccisi decine di bahraniti, non pochi dei quali sono morti, dicono gli attivisti, soffocati dai gas lacrimogeni che le forze di polizia della monarchia lanciano in luoghi chiusi e anche nelle abitazioni. I servizi di sicurezza hanno arrestato quasi tutti i leader dell’opposizione, poi condannati a dure pene detentive. La monarchia, allo scopo di guadagnare consensi internazionali, descrive le proteste – pacifiche e volte solo ad ottenere riforme – come un «complotto iraniano» (la popolazione del Bahrain è in maggioranza sciita).

«Mio padre è gravissimo, la sua vita è in pericolo, potrebbe entrare in coma ogni momento», ha avvertito Maryam al Khawaja. Ma nessuno sembra ascoltarla. La monarchia dorme sonni tranquilli e pensa al Gp di Formula 1 atteso in Bahrain tra il 20 e il 22 aprile . Nena News

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