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Morsi tra Colonna di Difesa e Hamas

(18 Novembre 2012)

L'Egitto di oggi non è quello di quattro anni fa. Almeno questo e' quanto vorrebbe far capire il presidente Morsi. Ma gli spazi di manovra del Cairo rimangono limitati.

morsicoldifhamas

di Azzurra Meringolo

Il Cairo, 18 novembre 2012, Nena News - Colonna di difesa. Questo il nome di ispirazione biblica dato dalle autorità israeliane all'offensiva in corso sulla Striscia di Gaza. Alla vigilia, c'era già chi la chiamava Piombo Fuso 2. Come quattro anni fa, la guerriglia scoppia pochi giorni dopo l'elezione del presidente statunitense Barack Obama, in un periodo in cui Tel Aviv è immersa in dinamiche pre-elettorali. Come nel 2008, iniziano a morire i primi bambini e cresce l'allarme nei corridoi di Shifa, l'ospedale di Gaza congestionato dall'arrivo dei civili feriti.

In questo spaventoso specchio di similitudini si riflette però una differenza. L'Egitto di oggi non è quello di quattro anni fa. Hosni Mubarak, il dittatore che si era fatto riprendere dalle telecamere mentre stringeva le mani del ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni alla vigilia dell'operazione Piombo Fuso, è ora in una cella del carcere di Tora. Omar Suleiman, il capo dell'intelligence che per anni ha gestito il dossier israelo-palestinese, è morto improvvisamente in un ospedale statunitense la scorsa estate.

A mostrare il cambio di rotta egiziano è stata la visita lampo a Gaza del premier Hisham Qandil. Sono bastate di tre ore scarse per mostrare la discontinuità del nuovo governo islamista rispetto all'era del vecchio faraone. L'attraversamento di Rafah, il valico tra Gaza e il Cairo, la visita di Shifa e la conferenza stampa al fianco del premier di Hamas Ismail Haniyeh. Mentre Qandil ha confermato che il Cairo fará il possibile per negoziare una tregua tra Gaza e Tel Aviv, il presidente Mohammed Mursi ha ribadito che "l'Egitto di oggi non é più quello di ieri. Il Cairo non lascerà Gaza da sola."

Negli ultimi mesi infatti, nel paese delle piramidi si è insediata una nuova leadership che dopo i primi raid sulla Striscia non ha esitato a ritirare il proprio ambasciatore da Tel Aviv, chiedendo la fine di quelli che Israele chiama attacchi mirati ai vertici di Hamas. Il movimento islamista che dal 2007 governa su Gaza è una costola della Fratellanza Musulmana egiziana che da quando non è più costretta alla clandestinità all'interno del proprio paese ha cercato, pur non facendo tutto il possibile, di recuperare la relazione con i fratelli palestinesi. Dopo gli attacchi che lo scorso agosto hanno portato alla morte di sedici guardie egiziane lungo il confine con Gaza, la relazione tra il Cairo e Hamas sembrava essersi incrinata, replicando dinamiche molto simili a quelle proprie del periodo del vecchio faraone.

Ora però sembra che la questione palestinese sia dirimente non solo per le dinamiche regionali, ma anche per quelle nazionali. La decisa reazione della Fratellanza mostra infatti che il presidente Mursi sa quanto sta a cuore ai suoi cittadini il futuro del popolo palestinese. Tanto tra i suoi elettorali che tra i suoi oppositori, il presidente egiziano sa che su questa questione si gioca parte della sua popolarità. In aggiunta, soprattutto dallo scoppio della crisi siriana, i legami tra Hamas e il Cairo si sono rafforzati. Non è un caso che Moussa Abu Marzouq, il numero due di Hamas, viva nel paese delle piramidi. In un comunicato stampa diffuso giovedì da Libertà e Giustizia, il partito della Fratellanza, le operazioni israeliane vengono definite un crimine che mette in pericolo la stabilità regionale. "Gli Stati Uniti sostengono Israele e i paesi arabi non fanno altro che guardare questo spargimento di sangue" continua il comunicato. È anche per contrastare questa apatia regionale che, mentre migliaia di cairoti continuano a organizzare manifestazioni di strada e marce davanti alla sede della Lega Araba, Mursi ha deciso di lanciare un segnale chiaro aprendo il tanto discusso valico di Rafah. Agevolando l'uscita dei palestinesi dalla pericolosa prigione a cielo aperto di Gaza, il presidente egiziano ha sciolto le riserve su quei particolari che da mesi impedivano il reale transito attraverso questa frontiera. Al contempo però ha intensificato le misure di sicurezza lungo il canale di Suez e ha ammesso che alcuni missili che hanno colpito Israele sono stati lanciati dal Sinai, penisola dove si combatte da mesi una guerriglia a bassa intensità tra autorità egiziane e milizie estremiste giudicate estranee al paese.

Confermando l'attivismo in politica estera mostrato nei primi quattro mesi al potere, Mursi ha dichiarando inaccettabile la condotta di Tel Aviv, chiedendo una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e invitando la Lega Araba a prendere iniziative. Il governo egiziano si è poi messo in comunicazione con il segretario di stato statunitense, Hilary Clinton, sperando che questa riesca a fare pressione su Israele.

Il Cairo ha ricevuto le telefonate di numerose cancellerie occidentali. Il segretario di stato statunitense Hilary Clinton, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente russo Vladimir Putin e il premier Mario Monti. Tutti hanno chiesto all'Egitto di usare la sua influenza su Hamas per ridurre la violenza. La pressione sull'Egitto arriva anche dal re saudita Abdallah che, a colloquio il presidente egiziano, ha lanciato un appello per far prevalere "la saggezza e la ragione". A completare il mosaico della diplomazia egiziana sarà oggi l'incontro con il premier turco Raceep Tayyep Erdogan.

L'Egitto, intrappolato nella discussione sul nuovo testo costituzionale, è un paese che non sa ancora bene dove andare. Quello di cui è certo però, è che il suo futuro sarà in parte diverso dal suo recente passato ingessato in una politica estera statica e provinciale. Israele sa bene che questa è una delle più grandi differenze rispetto a Piombo Fuso. All'epoca Tel Aviv si relazionava con un vecchio dittatore che aveva più fame di sussidi americani che bisogno del sostegno popolare per garantirsi il potere. Al suo posto c' è ora una classe di governo che non può commettere passi falsi. Un movimento, come quello della Fratellanza, che fa presa soprattutto su ampi settori popolari, sa bene che si trova tra due fuochi. Da un lato non può fare mosse che riducano la sua popolarità, dall'altro non può ignorare i limiti della sua diplomazia internazionale. Anche se migliaia di egiziani chiedono al presidente di rivedere la relazione con Tel Aviv, Mursi sa che il trattato di pace con Israele non si può toccare, perché questo metterebbe anche in discussione il flusso di sussidi provenienti ogni anno dagli States.

Quanti vedono in Colonna di Difesa l'operazione gemella di Piombo Fuso scoprono quindi che nell'istantanea scattata in questi giorni gli uomini che seguono dal confine meridionale gli eventi in corso indossano una divisa con colori nettamente diversi da quelli di quattro anni fa.

Nena News

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