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(3 Ottobre 2004)
“Oggi il terreno non è conosciuto, la popolazione è ostile e le infrastrutture sono al lumicino” Generale Fabio Mini – Corsera, 22 settembre 2004).
“Il sentimento antiamericano ( e per estensione anticoalizione ) accomuna una fascia di popolazione molto più grande di quanto i dati ufficiali non dimostrino” (generale Fabio Mini – Corsera , 22 settembre 2004).
“Le guerre del futuro richiederanno cose che la maggior parte dei soldati non sono preparati a fare: vincere guerre non convenzionali e combattere battaglie fuori dai campi di battaglia. Da questo punto di vista perfino i generali Powell, Schwartzkop e Shalikashvili non sono moderni ma piuttosto militari tradizionalisti” ( dalla prefazione del generale Fabio Mini al libro ‘Guerra senza limiti ‘ di Quiao Liang e Wang Xiangsui – colonnelli dell’esercito popolare cinese – anno 2001 ) .
“in Iraq strategia perdente”.
Titolo dell’editoriale comparso il 22 settembre scorso, sul Corriere della Sera.
L’autore è il generale Fabio Mini, ex comandante della forza Nato in Kosovo e recensore del libro ‘Guerra senza limiti, l’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione ‘ di cui abbiamo riprodotto una frase con cui apriamo questo articolo sulla dinamica dello scontro in Iraq tra le truppe di occupazione degli Usa e dei loro alleati; dinamica che vede oramai avvicinarsi la sconfitta militare e politica della Coalizione, in cui sono coinvolte anche le truppe mandate dal governo imperialista italiano. In questo articolo , pubblicato sul più importante giornale della borghesia italiana, per bocca di Fabio Mini, la stessa borghesia italiana, o perlomeno la parte più forte di essa, guarda all’evolversi della guerra in Iraq, con occhi diversi con cui aveva visto la guerra contro Saddam Hussein e la sua ‘sconfitta ‘ veloce. A un primo momento di euforia, nel quale evidentemente i padroni italiani si erano fatti tutti i loro conti per e nella spartizione del bottino (vedi per esempio il ruolo dell’Eni nella zona di Nassyria controllata dai nostri ‘bravi’ soldati ), si sta evidentemente sostituendo la preoccupazione, se non la paura di essersi cacciati in un “cul de sac “ , foriero di una sconfitta politico-militare non indifferente, che può avere contraccolpi negativi nel gioco politico- diplomatico tra le potenze europee, cioè nello scontro per l’egemonia nella nascente Europa Unita, che ha visto l’Italia contrapposta alla Francia e alla Germania.
Battaglia d’autunno.
Ma facciamo attenzione alle parole espresse dal generale Fabio Mini in questo suo articolo, per vederne tutta la sua portata. Mini inizia così : “ Dopo l’annuncio ufficiale del ministro Donald Rumsfeld e del capo di stato maggiore Richard Myers, anche il comandate del corpo d’armata multinazionale in Iraq, Thomas Metz , ha condiviso la necessità di una battaglia autunnale: le aree del territorio iracheno fuori controllo sono aumentate. La resistenza, nelle varie forme, è più virulenta che mai e tende a peggiorare. Quelli che sei mesi fa erano indicati come “ qualche migliaio “ di terroristi, estremisti e ribelli, sono diventati oltre ventimila prima della battaglia di Falluya e ora, secondo fonti del Pentagono sono oltre centomila: un esercito con mille teste indipendenti, ideale per la destabilizzazione e il caos “ (…) . Già quanto affermato in queste righe, ci fa capire quante bugie e costruzioni artificiali ci vengono propinate ad arte dai nostri governi, dai politici e dai vari lacchè presenti alle corti dei potenti, per nascondere una verità e una realtà che non ci vogliono far vedere. M andiamo avanti.
Di chi è la colpa ?
Il nostro generale cerca di individuare di chi è la colpa di tutto ciò (…) “lestesse apparizioni congiunte di Rumsfeld e Myers dimostrano responsabilità incrociate più che unità. Le dichiarazioni piccate dei comandanti in uscita dall’Iraq sono persino esplicite “(…) . “ Per riacquisire il controllo del territorio ora bisogna ‘espugnare le città dove si annidano i ribelli e ripulirle “ ; vanno eliminate “ sacche di insurrezione e terrorismo “ (…) .
Una corsa contro il tempo. “ L’imperativo della battaglia viene dalla politica e dai tempi della politica. Bisogna portare risultati nel carniere elettorale di Bush. Le condizioni per consentire le elezioni irachene del 2005 fanno parte di questi. Senza il controllo del territorio le elezioni irachene non avranno nessuna possibilità e soprattutto nessuna credibilità, ammesso che elezioni in una situazione di degrado e di instabilità possano comunque essere credibili ( ma come fanno ad essere credibili agli occhi di milioni di proletari iracheni, un governo e un presidente , ex agente della Cia, messo su di autorità dagli invasori anglo-americani ?, ndr ) (…) .
La ‘Doctrine for joint Urban Operations'.
IL ministro Rumsfeld ha dato ai militari Usa, 4 mesi per ripulire le città e per rafforzare la guardia nazionale irachena. La dottrina della ‘battaglia delle città’ prevedeva (…) “infatti il confronto con ‘combattenti’, truppe regolari con armamenti regolari che non ci sono. “ oggi il terreno non è conosciuto, la popolazione è ostile e le infrastrutture sono al lumicino “ (…). Contro un avversario asimmetrico come in Iraq non è possibile alcuna distinzione fra combattenti e non combattenti. La distruzione infrastrutturale significherebbe radere al suolo quanto superi l’altezza di una torretta di un tank Abrams (carro armato americano, ndr) . Nelle condizioni attuali il vero isolamento morale tocca alle forze attaccanti mentre trea quelle attaccate l’isolamento colpirebbe le disponibilità di cibo, acqua e medicinali tra la popolazione residente. In nessuna della aree a rischio è realizzabile una condizione ‘di favore’ come quella prevista dalla dottrina senza provocare conseguenze opposte allo scopo da raggiungere. (…) . Al massimo si otterrebbe, a costi elevatissimi, un periodo estremamente fugace di tregua : quella necessaria a seppellire i morti.
I tempi della politica. (…).
“ Quello che vorrebbe ora la politica non è ottenibile con il tempo e i metodi della guerra tradizionale “ Gli Italiani in Iraq. I servi sciocchi del padrone americano. “ C’è poi un aspetto che ci riguarda da vicino : il generale Metz ha le idee chiare e si appresta a eseguire ordini che gli verranno impartiti da Washington. Quella delle città sarà la guerra che dovrà combattere e vincere per permettere le elezioni. Ma il generale Maetz non è un comandante di una forza esclusivamente americana. Comanda un Corpo d’Armata multinazionale ai quali appartengono forze di paesi che, secondo loro, non sono lì per fare la guerra. E neppure possono permettersi di combatterla cambiandole il nome. Ammettendo che tali forze non partecipino attivamente alla battaglia viene a mancare al comandante parte dello strumento necessario. Se partecipano violano un mandato nazionale. Se non partecipano rischiano di diventare gli obiettivi di ritorsioni e attacchi da parte delle forze ribelli che di sicuro non faranno molte distinzioni tra gli avversari. Fra questi ci siamo anche noi “. Situazione insostenibile . “ Ma la situazione attuale è insostenibile e allora tutti insieme , dobbiamo trovare una strategia che unisca e non separi, che coinvolga e non che isoli “.
Quale strategia ?
Il generale rimane in difficoltà nel dare una risposta. Non c’è forse. Orami il pantano richiude tutti gli avventurieri che si sono messi in questa guerra. Gli avventurieri travestiti da ‘liberatori’ hanno oggi contro il proletariato iracheno : “ Il sentimento antiamericano ( e per estensione anticoalizione ) accomuna una fascia di popolazione molto più grande di quanto i dati ufficiali non dimostrino Oggi in Iraq, come quasi in tutti l’Islam, separare i moderati dagli estremisti significa separare i padri dai figli e quando un figlio o un padre muore c’è un padre o un figlio estremista in più “ (…).
La Coalizione ha perduto.
“la Coalizione ha perduto la battaglia essenziale che avrebbe dovuto portare alla conquista delle menti e dei cuori del popolo iracheno. Qualcun altro ha conquistato le loro menti e ha riempito i loro cuori di odio per gli stessi ‘liberatori’. Ora la battaglia delle città, o qualsiasi battaglia lanciata in nome del popolo iracheno, manca del supporto fondamentale : la sua convinta partecipazione (… ) ( Corsera, 22 settembre 2004 ).
Non c’è altro da aggiungere al quadro fatto dal generale della Nato Fabio Mini. Questo quadro e l’analisi che ne consegue fa giustizia dal di dentro dello schieramento guerrafondaio e imperialista che ha attaccato l’Iraq e la sua popolazione, e fa giustizia di tutte le bugie e falsificazioni che i nostri governi, i politici di tutte le forze della destra e sinistra borghese hanno imbastito in questi anni, chi attraverso l’uso delle truppe come ‘italiani brava gente’ che andavano a dare caramelle ai bambini iracheni, chi come la sinistra borghese pacifista, marciava , con i distinguo contro il ‘terrorismo’ per una pace imbelle che non ha interrotto i piani dei padroni. Cosa che i proletari iracheni hanno dimostrato di saper fare. Il pacifismo piccolo-borghese è una cosa ed è asservito agli interessi della propria borghesia, l’internazionalismo operaio è un’altra cosa. L’internazionalismo operaio combatte il nemico di classe, il padrone e i suoi governi, che hanno mandato le truppe in Iraq e altrove, a cominciare dal proprio paese. Il nemico è in casa e lì va combattuto. Questo è l’aiuto concreto internazionalista verso i popoli che stanno combattendo per la loro liberazione.
Roma, 3 ottobre 2004
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