">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Comunisti e organizzazione    (Visualizza la Mappa del sito )

Italiani!

Italiani

(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Memoria e progetto)

LOTTA DI CLASSE E INTERNAZIONALISMO: UN CONGRESSO DI EPINAY PER LA SINISTRA ITALIANA COMUNISTA E ANTICAPITALISTA

(16 Gennaio 2014)

Il congresso di Epinay rappresentò il momento storico nel quale il socialismo francese, frantumato e diviso in mille rivoli dopo il crollo della SFIO a causa della guerra d’Algeria ritrovò la strada per ricostruire una propria soggettività e una propria presenza politica autonoma, autorevole, di massa.
Un congresso di Epinay servirebbe alla sinistra comunista e anticapitalista in Italia proprio in questo momento storico nel quale le varie diaspore alle quali abbiamo assistito nel corso di questi anni e quell’altra diaspora che si sta consumando proprio in questi giorni smembrando quel poco che è rimasto di Rifondazione Comunista l’hanno resa del tutto irrilevante sul piano politico e insignificante sul terreno elettorale, costringendola alla rincorsa di un presunto salvatore della patria prima Ingroia e oggi uno Tsipras, sponsorizzato dai girotondi e da “Repubblica”.
Proviamo allora a proporlo questo congresso di Epinay in versione italiana anni ’10 del XXI secolo, rivolgendoci prima di tutto a Ross@, soggetto ancora in formazione all’interno del quale sta sviluppandosi una riflessione che potrebbe (e dovrebbe) anche sfociare nella ricerca di una dimensione di soggettività adeguata alla complessità dello scontro in atto.
Un congresso da svolgersi, nel merito, attorno a due antichi caposaldi della teoria che ha ispirato le forze storiche del movimento operaio: Lotta di classe e Internazionalismo, cercando la via di una ricerca di necessaria attualizzazione.
La ripresa della nozione di internazionalismo appare indispensabile perché il rischio vero che si sta correndo anche nella proposta stessa della candidatura di Tsipras è quello di una chiusura in una sorta di “neocorporativismo” europeo dal sapore davvero un po’ provinciale, sviluppato attorno ai nodi non determinanti come il “sì euro/no euro”.
Internazionalismo da intendersi ancora basato sul carattere universale dell’ emancipazione sociale che porta ad individuare nell’abolizione della divisione di classe il presupposto per il superamento dei conflitti ieri tra le nazioni, oggi tra diverse aree geografiche (come sta accadendo in questo periodo nell’Africa dimenticata e, come vedremo meglio in seguito, nell’Estremo Oriente).
E’ ancora il tempo, proprio nel senso pieno dell’internazionalismo, di una lotta comune contro un’organizzazione capitalistica della società che, ben oltre le differenziazioni geografiche, le diversità dei livelli di sviluppo, le modificazioni portate dalla tecnologia nel ciclo produttivo, nelle comunicazioni, nelle vita quotidiana applica sempre e comunque la logica feroce dello sfruttamento.
Ancora, si tratta di accorgersi e valutare per tempo il fenomeno montante del ritorno della geo-politica che riprende il suo posto in luogo del fuoco fatuo (e già consumato nel tempo) della cosiddetta “globalizzazione”.
Appare esaurito anche il processo di assunzione di ruolo a livello mondiale dei cosiddetti BRICS che si pensava di contrapporre al declino dell’unica superpotenza ormai ex-gendarme del mondo,
Gli elementi di maggior spicco che compaiono sullo scenario internazionale appaiono essere due: quello della ripresa di un ruolo imperiale da parte della Russia, unica potenza davvero intercontinentale assieme agli USA e la posizione “periferica” assunta dalla Cina, al punto tale da far pensare ad alcuni analisti, a un tentativo da parte dei reggitori del Celeste Impero di scaricare le contraddizioni del loro particolare capitalismo in una guerra, geograficamente limitata all’Estremo oriente coinvolgendo Giappone e le due Coree: “casus belli”, proprio per significare questo ritorno alla geopolitica, addirittura un possesso territoriale considerando le isole Shikoku alla stregua da Danzica , dell’Alsazia Lorena o dello Schlewig-Holstein.
L’intreccio indissolubile della nozione di internazionalismo rimane quello con la lotta di classe.
Questo perché nella situazione data si sta affermando una nuova concezione nel ruolo dello Stato che possiamo così riassumere: il modello dominante è quello del liberismo in economia, del restringimento die margini di esercizio della democrazia cancellando per quanto più possibile la rappresentatività politica e una funzione statale riservata a un controllo pressante sulla vita dei cittadini sul terreno della sicurezza, della “canalizzazione” dei conflitti (ne scrive Giorgio Agamben su “Le Monde diplomatique”), dei diritti civili, della vita quotidiana.
Un mutamento d’asse della concezione della democrazia che, riassumendo paradossalmente ma non troppo, trova il suo riferimento nel modello cinese (iperliberismo e individualismo dell’ “arricchitevi!” in economia) e stretto controllo, nel caso attraverso il partito unico, della vita quotidiana, della cultura, dell’informazione, delle possibilità di espressione.
Modello cinese che trova in Europa il suo omologo nel modello delle “larghe intese” sorte sulla via dell’omologazione dei soggetti politici”, della personalizzazione legata a una sorta di iperdecisionismo cesarista, e del mantenimento della ricchezza a chi già la possiede (in luogo dell’arricchitevi!, una sorta di “restate ricchi” o meglio “lasciateli sempre più poveri).
Un “partito unico” quello delle larghe intese egemone sulla vita quotidiana dei cittadini che esige la completa marginalizzazione delle opposizioni e l’accantonamento del conflitto sociale da ridursi a semplici sacche di marginali “jacquerie”.
Per questi motivi internazionalismo e lotta di classe dovrebbero tornare al centro del dibattito per un progetto di soggettività politica che adesso non esiste per quel che riguarda, in Italia, la sinistra comunista e anticapitalista.
In questa crisi gli spazi sociali e politici sono ampi, a condizione di misurarsi avendo ben presente l’espressione di un’egemonia di contenuti e di presenza politica che superi il settorialismo movimentista che pare, invece, prevalere oggi .
Non basta “riunificare le lotte” e, soprattutto, non è possibile senza l’elaborazione di un’analisi politica complessiva che porti all’affermazione e alla costruzione di una soggettività politica compiuta, all’interno della quale convivano le diverse estrazioni culturali e di appartenenza che si sono espresse nel corso di questi anni nel corso del martoriato itinerario della sinistra comunista e anticapitalista in Italia.
Guardiamo senza esitare al mondo e alle grandi contraddizioni sociali, evitando di rinchiuderci in settorialismi e provincialismi dannosi all’idea e alla causa della trasformazione rivoluzionaria.

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Dopo il fallimento della sinistra governista. Quali prospettive per i comunisti?»

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

7431