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Re ferendum

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(13 Gennaio 2012) Enzo Apicella
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ALL’AVVIO DELLA DISCUSSIONE SULLA LEGGE ELETTORALE IN PARLAMENTO: CULTURA POLITICA, RAPPRESENTANZA, SISTEMA PROPORZIONALE

(3 Marzo 2014)

Sta per iniziare in queste ore il dibattito alla Camera dei Deputati sulla riforma del sistema elettorale: la discussione si svilupperà attorno al modello disegnato dal famigerato accordo Berlusconi/Renzi le cui caratteristiche di fondo possono essere riassunte in un modo molto semplice: un tentativo di cancellazione del concetto di rappresentatività politica.
L’opposizione in aula, però, non terrà conto di questo dato fondamentale e, dati per concettualmente acquisite le idee di governabilità e di personalizzazione della politica, si concentrerà sui margini di convenienza per ciascuna forza politica nei due versanti: della possibilità di usare del mandato parlamentare come “incentivo selettivo” riservato ai clientes; oppure rispetto alla sopravvivenza tout court di ogni forza politica presente nell’emiciclo.
Una ricerca, quest’ultima, del tutto posta al di fuori da quel criterio di fondo della “sistematicità” che dovrebbe informare qualsiasi discussione di questo tipo.
Per i sostenitori del sistema proporzionale (tutti collocati fuori dal Parlamento) è però il caso di ricordare, anche in quest’occasione, alcuni concetti di cultura politica che non possono essere dimenticati o ignorati.
Un elemento di premessa: il sistema elettorale è il cardine su cui si muove l’intero sistema politico e non è vero che ai cittadini non interessi, anzi. Nel bene e nel male.
In passato, proprio attorno al nodo del sistema elettorale, la sinistra costruì una delle sue più grandi vittorie, quella contro la legge-truffa del 1953: un risultato che diede una svolta alla storia dell'intero sistema politico.
Ed egualmente nel 1993 fu un referendum a far imboccare la deriva maggioritaria : un voto avvenuto in una fase molto convulsa della nostra vita politica e il cui esito fu condizionato, è bene ricordarlo, da una vera e propria azione di mistificazione di massa che faceva intravedere esiti affatto diversi da quelli che poi il maggioritario ebbe, in negativo, fortemente in negativo, sulla qualità complessiva del nostro sistema politico.
Non è neppur vero che occorre occuparsi esclusivamente di temi concreti come quello della crisi, lasciando agli specialisti quelli della cosiddetta “politica fine”: il nodo della rappresentanza politica e del rapporto tra questa e la governabilità è assolutamente cruciale per qualsivoglia tipo di politica pubblica si intenda portare avanti, come dimostra del resto l'esito, assolutamente disastroso sul piano sociale fornito dalla legge elettorale con la quale si è votato nel 2006, nel 2008, nel 2013, poi dichiarata illegittima nelle sue parti fondamentali dalla Corte Costituzionale.
La questione è quella del tipo di cultura politica che si intende portare avanti.
un’asserzione molto precisa: è sbagliato ritenere che le alleanze di governo debbano formarsi preventivamente ed esclusivamente fuori dal Parlamento (l'esperienza di questi anni è molto significativa e non vale la pena di illustrarla più di tanto: il sistema basato sulle coalizioni ha fornito pessimi esempi, sia sul piano della qualità del personale politico scelto, anche attraverso i collegi uninominali e non soltanto attraverso le liste bloccate e la tenuta delle coalizioni, in assenza di una comune progettualità, si è rivelata assolutamente deficitaria, anche sul versante del centrosinistra), proprio perché in questo modo si svilisce la funzione di fondo di una Repubblica parlamentare, quale è e quale deve restare l'Italia della Costituzione del ’48.
Il Parlamento deve rappresentare ancora il luogo dove la governabilità è garantita dal voto di fiducia, e non da una semplice ratifica che fa assomigliare il risultato elettorale al risultato di un’elezione diretta (torno, per un attimo, allo scontro in atto tra Costituzione materiale e Costituzione formale, chiedendo a tutti di schierarsi).
Questa strada è quella del presidenzialismo: una strada che non deve assolutamente essere percorsa, pena un’ulteriore riduzione del rapporto tra politica e società, in un quadro sostanzialmente. populistico, personalistico, di vera e propria svolta autoritaria.

Franco Astengo

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