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I funerali del Papa: un episodio di simonìa massmediatica

Editoriale di Radio Città Aperta

(9 Aprile 2005)

E’ difficile ormai non provare un senso di fastidio e di sconcerto di fronte all’evento messo in piedi in occasione dei funerali di Papa Woityla. Il problema non sono i disagi che hanno portato Roma alla paralisi. Sappiamo bene che certe forzature non sono dovute ai credenti e ai curiosi - che in fondo sono persone come noi che camminano, prendono gli autobus o si mettono in fila – quanto ai duecento capi di stato che hanno inserito i funerali nei mille appuntamenti della loro agenda politica di rappresentanza e che pretendono strade vuote e libere per sfrecciare sotto scorta dagli aeroporti in cui atterrano fino alla Città del Vaticano.

Il fastidio nasce da quello che possiamo definire un esempio di simonia massmediatica – ossia un traffico di cose spirituali a fini economici. L’agonia, la morte e i funerali del Papa sono stati trasformati dal sistema radiotelevisivo pubblico e privato in un evento di massa da consumare e da immolare sull’altare della società dello spettacolo. La qualità dell’evento è stata sopraffatta dalla quantità. I salotti ed i servizi televisivi si sono negati a qualsiasi approfondimento per lasciare il campo alla rappresentazione della società di massa che – dolente o cinicamente curiosa – si è affollata lì dove l’evento era rappresentato dalla ossessione delle telecamere.

Alla profondità e all’intimità dell’approccio spirituale o razionale di fronte alla morte, è stato sovrapposta una istigazione al conformismo dei sentimenti e alla consumazione dell’evento.

Scomparsa qualsiasi autonomia di fronte alla realtà, solo poche isole sono sopravvissute allo tsunami mediatico. Mentre anche i giornali e i telegiornali “progressisti” si lasciavano trascinare dalla cronaca e in qualche caso dall’ipocrisia, è toccato ai soli scrittori come Claudio Magris, a filosofi come Emanuele Severino (sulle colonne del Corriere della Sera) o alla coerenza di Rossana Rossanda (sul Manifesto) rappresentare le uniche eccezioni in cui – in occasione della morte del capo della Chiesa Cattolica – si è avuto il coraggio di ribadire di “ dare a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”.

La voglia di omologazione dei sentimenti e la mancanza di autonomia culturale della sinistra italiana, ci lasciano stupefatti e inquietati. Emerge in tutta chiarezza – e con tutta la sua gravità – il danno derivato dalla identità debole della sinistra e dei suoi esponenti. Una identità forte è l’unica che avrebbe consentito – in un quadro di reciproco rispetto – di ribadire ciò che ci divide dal punto di vista religioso della vita, della realtà e della natura umana.

Papa Woityla ha cercato di contrastare le due varianti della modernizzazione: quella del socialismo prima e quella liberale poi. Delle due, il socialismo reale ha rappresentato l’anello debole contro cui il pontificato di Woityla ha giocato una partita relativamente facile. Singolare in questa vicenda, è stata la moratoria dell’anticlericalismo del Partito Radicale di Pannella e c. Intransigenti durante il pontificato di Papa Montini (decisamente più aperto verso le correnti progressiste della Chiesa), hanno invece abbassato il tiro quando Papa Woityla è stato coinvolto come soggetto attivo nella Guerra Fredda. Esaurita questa fase, i radicali sono tornati alla carica contro il Vaticano affiancandosi sistematicamente alle crociate liberali provenienti dagli Stati Uniti che collidevano con l’impianto restauratore del pontificato di papa Woityla.

Le banalità del laicismo liberale di impronta anglosassone (come certe liturgie anticlericali affette da ipostasia) non bastano a compensare la voragine etica, filosofica e politica che abbiamo visto aprirsi in questi giorni. La prospettiva di un etica alternativa fondata sulla ragione e non sulla religiosità non indebolisce la lotta contro la modernizzazione liberista e liberale, al contrario, la rafforza. Anche perché la simonìa massmediatica a cui abbiamo assistito in questi giorni sembra appartenere più a questa sfera che a quella del fanatismo religioso. Di questo – in parte – è stato consapevole anche lo stesso Papa Woityla e contro questa ha condotto la seconda fase del suo pontificato lasciandosi dietro – come sostiene il teologo dissidente Hans Kung – contraddizioni profonde che non possono essere più nascoste da un evento che è stato ormai risucchiato dalla società dello spettacolo piuttosto che da una rigenerazione della Chiesa Cattolica.

Radio Città Aperta

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