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Fiat voluntas Usa

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(24 Settembre 2012) Enzo Apicella
Nel suo discorso all'Unione Industriale di Torino Marchionne addossa le colpe della crisi Fiat all'Italia che non si libera dalle zavorre.

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E' sciopero a Melfi

La Fiat rompe la trattativa e impone i 18 turni

(19 Settembre 2005)

Se la Fiat vuole davvero rilanciare il settore auto, dopo la decisione degli Agnelli di restare a capo dell'azienda, deve decidersi a mettere da parte definitivamente lo stile Romiti e a instaurare relazioni industriali più mature. Non è possibile che nelle occasioni pubbliche l'azienda dica di voler dialogare con i sindacati e poi a Melfi vada in cerca di rivincite, provando a imporre i 18 turni di lavoro contro la volontà degli operai della Sata.
Anche perché, facendo così, l'unico risultato che ottiene non è certo quello di favorire il lancio della Grande Punto - il cui successo è da tutti auspicato - ma quello di riacutizzare il conflitto.

Come era prevedibile, infatti, la rottura della trattativa, avvenuta la notte tra venerdì e sabato, è stata seguita dalla immediata proclamazione di due scioperi di 5 ore per turno, durante i quali si sono svolti cortei interni «talmente partecipati - riferisce la Fiom - che la testa e la coda si univano». Sono state inoltre subito decise 8 ore di fermo per tutte le domeniche sera, proprio per impedire l'effettuazione del 18° turno.

La bufera si è scatenata dopo che la Fiat ha comunicato ai lavoratori che la produzione sarebbe ripresa stasera alle 22: in sostanza, l'azienda avrebbe avviato così i nuovi turni, oggetto invece di un negoziato che riguarda anche le condizioni di lavoro, l'occupazione, il salario e i volumi produttivi. «A quel punto - riferisce Giuseppe Cillis, segretario provinciale della Fiom - abbiamo invitato la Fiat a fare marcia indietro, ma loro non ci hanno risposto e così abbiamo salutato e ce ne siamo andati».

Decisione, quest'ultima, criticata però ieri dal Fismic, secondo cui «in questo momento così importante e delicato per il settore auto e per la Fiat non si possono far prevalere atteggiamenti sbagliati dettati dalla cattiva informazione e della strumentalizzazione anche politica dei soliti sindacalisti estremisti». Immediata la replica della Fiom: «La Fismic - ribatte Cillis - sa benissimo che la proposta della Fiat è stata respinta unitariamente. Se adesso questo sindacato vuole rivedere la propria posizione ha tutto il diritto di farlo e noi la rispetteremo ma non può - osserva il segretario della Fiom - pensare di scaricare le proprie disattenzioni sugli altri».

Stesso copione a Torino: anche qui il Lingotto aveva chiesto alle tute blu di Mirafiori un sabato di straordinari sulla linea della vecchia Punto. Proposta respinta da Fim, Fiom e Uilm perché, nell'ambito della vertenza per il contratto dei metalmeccanici, è stato deciso il blocco degli straordinari e di ogni forma di flessibità. Risultato: in fabbrica ieri c'era meno del 40% dei comandati dalla Fiat. «E' un buon segnale - commenta il segretario della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - anche in vista dello sciopero della categoria del 29 settembre».

I sindacati sono infine ancora in attesa di discutere il nuovo piano industriale illustrato ai primi di agosto dall'amministratore delegato Sergio Marchionne. In questo contesto, il dato positivo è la conferma del management, garantita dal fatto che l'Ifil conserverà la quota del 30% del Lingotto anche dopo l'ingresso delle banche a seguito del convertendo. Una decisione, spiega l'Ifil rispondendo alla Consob, presa anche in considerazione dei «miglioramenti della Fiat e del suo potenziale di valorizzazione» e della «possibile perdita di valore della società e quindi dell'investimento Ifil» in caso di destabilizzazione del management.

Roberto Farneti (Liberazione, 18 settembre 2005)

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