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Le foreste boreali del Nord America potrebbero essere distrutte da cambiamenti climatici anche modesti

(12 Agosto 2022)

E l’indebolimento e la perdita delle foreste boreali farà cambiare ancora più rapidamente il clima

Nature

Le foreste boreali del Nord America sono tra i più grandi ecosistemi boschivi rimasti quasi intatti del pianeta e stoccano negli alberi e nelle piante grandi quantità di carbonio terrestre ma secondo lo studio “Even modest climate change may lead to major transitions in boreal forests”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori dell’Università del Minnesota – St. Paul (UM), «Un aumento complessivo della temperatura inferiore a 1,6 gradi Celsius causerà gravi problemi alle specie arboree che ora prosperano nelle foreste più settentrionali del continente, in particolare se combinato con una riduzione della pioggia». E questo «potrebbe danneggiare sia la biodiversità che la capacità di queste foreste di produrre legname.

Le foreste boreli nordamericane si estendono principalmente in Canada e Alaska, ma coprono anche vaste aree del Maine settentrionale, del Minnesota nord-orientale e del nord del Michigan. Sono costituite soprattutto da conifere come abeti, abeti rossi e pini, alberi che possono sopravvivere alle alte latitudini con condizioni di gelo durante almeno la metà dell’anno; non a caso sono la fascia di confine tra la tundra a nord e le foreste temperate a sud.

I ricercatori statunitensi hanno utilizzato lampade a infrarossi e cavi riscaldanti del suolo per studiare durante 5 anni gli impatti previsti del cambiamento climatico su migliaia di piantine di 9 specie di alberi che si trovano all’interno dell’area boreale. Gli scienziati hanno riscaldato, dall’inizio della primavera fino al tardo autunno, 24 ore su 24, i giovani alberi in due siti forestali dell’Università del Minnesota, all’aperto, non all’interno di serre o camere di crescita, e hanno studiato due picchi climatici: un aumento di circa 1,6° C e l’altro di 3,1° C al di sopra della temperatura dell’aria ambiente. Hanno anche utilizzato teloni sopra la metà dei lotti di prova prima delle tempeste per catturare l’acqua piovana e imitare i cambiamenti delle precipitazioni previsti con il cambiamento climatico.

L’esperimento ha coinvolto più di 4.500 piantine di 9 specie arboree autoctone, tra le quali 5 specie di latifoglie e 4 di conifere: abete balsamico, quercia macrocarpa, Pino di Banks, betulla da carta, acero rosso, quercia rossa, acero zuccherino, pino bianco e abete bianco che sono stati piantati tra la vegetazione erbe, arbusti e felci nei siti di studio in Minnesota.

I ricercatori evidenziano che «Le condizioni di temperatura e pioggia replicate nello studio non dovrebbero essere viste per almeno altri 40, 50 o 60 anni». Ma lo studio ha rilevato che «Anche un aumento di 1,6° C ha causato la crescita meno robusta e la morte più frequente di molte piantine di alberi, specialmente tra l’abete balsamico, l’abete bianco e il pino bianco. La mancanza di precipitazioni ha amplificato questi effetti negativi».

Il principale autore dello studio, Peter Reich Università del Minnesota, Western Sydney University, università del Michigan), evidenzia che «Questi risultati comportano problemi per la salute e la diversità delle future foreste regionali. Le fasce meridionali della foresta boreale – come quelle del Michigan, del Minnesota e del Maine – possono raggiungere un punto di non ritorno anche con modesti aumenti di temperatura, che potrebbero far diminuire la composizione delle foreste. Tali cambiamenti potrebbero ridurre la capacità delle foreste di produrre legname, mantenere la biodiversità, smorzare le inondazioni e sequestrare il carbonio. Le foreste del Michigan che potrebbero non crescere altrettanto bene non elimineranno la stessa quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e non la tratterranno nel loro legno o nel suolo. E la stessa incapacità di prosperare accadrà per foreste simili in Wisconsin e Minnesota, in Ontario e Quebec e in Siberia e in tutto il mondo. E questo farà cambiare più rapidamente il clima».

Mentre si prevede che il cambiamento climatico provocherà impatti negativi per gli alberi di conifere nelle foreste boreali, lo studio ha dimostrato che «Potrebbe avvenire il contrario tra le specie di alberi di latifoglie più comuni nelle foreste temperate del sud. Ci si può aspettare che un riscaldamento modesto aumenti la crescita di diversi tipi di latifoglie, tra le quali alcune querce e aceri. Ma queste specie a legno duro sono troppo scarse nella foresta boreale meridionale per riempire il vuoto che dovrebbe essere lasciato dalla scomparsa delle conifere».

Reich conclude: «Quel che probabilmente rimarrà se il riscaldamento globale dovesse aumentare le temperature di appena 1,6° C è un territorio alterato – né foresta boreale né foresta temperata – con abbondanti arbusti legnosi invasivi già comuni al confine temperato-boreale. Quello che è più probabile che accada è che gli alberi più vulnerabili inizieranno a cavarsela male. I singoli alberi rallenteranno la loro crescita, non saranno molto sani, potrebbero essere suscettibili alla siccità o agli insetti e non si rigenereranno, il che significa che se i loro semi soffrono, le semine che provengono da quelle specie di alberi … soffriranno di mortalità più elevata e non cresceranno molto bene».

greenreport

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