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Eric Hobsbawm

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(11 Ottobre 2012) Enzo Apicella

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MILLENOVECENTOVENTITRÈ. LA TRAGICA CONCLUSIONE DI UNA FASE RIVOLUZIONARIA

(2 Gennaio 2024)

Dall’introduzione al testo di Larisa Rejsner Amburgo sulle barricate, Movimento Reale, dicembre 2023.

1923 tragica conclusione II

I

Spesso mi è stato chiesto: «Quali sono i pensieri e le sensazioni di un migliaio di uomini che si organizzano per conquistare una città di oltre un milione di abitanti in un attacco violento?». La risposta è che, all’inizio, quegli uomini si lanciano in un delirio di autodistruzione. Non riescono a credere che vinceranno, ma morirebbero pur di ammetterlo a loro stessi; dopo i successi iniziali, però, diventano in un certo qual modo razionali e la loro fiducia in sé stessi aumenta a dismisura. Non c’erano né paura né esitazione nelle nostre menti. Sentivamo che ciò che facevamo era buono e giusto. Non pensavamo a noi stessi. Non mettevamo davanti il guadagno materiale. Eravamo fanatici pronti a dare tutto, senza chiedere niente per noi. Disprezzavamo i criminali che approfittavano dell’oscurità e della confusione per saccheggiare e razziare per il loro profitto e piacere individuale.

Jan Valtin, Fuori dalla notte, 1941.

Ad un secolo esatto dagli avvenimenti di quello che è passato alla storia come il fallito “ottobre tedesco” proponiamo per la prima volta in italiano – a quasi cento anni dalla prima edizione russa – il reportage sull’insurrezione di Amburgo lasciatoci dalla splendida penna della rivoluzionaria russa Larisa Rejsner.

L’insurrezione di Amburgo del 23-24 ottobre 1923 si inserisce nel quadro di uno degli anni cruciali del processo rivoluzionario tedesco ed europeo, segnandone drammaticamente la conclusione.

Numerosi sono gli studi sulla rivoluzione tedesca e sulla Germania weimariana che, nell’ambito di una trattazione più ampia del periodo in esame, si sono soffermati sull’annus horribilis 1923. Tanto per citarne alcuni possiamo menzionare la Storia della Repubblica di Weimar di Arthur Rosenberg, Stillborn Revolution di Werner T. Angress, Rivoluzione in Germania, 1917-1923 di Pierre Broué, le corrispondenze in presa diretta di Victor Serge[1], ecc. In Italia, negli ultimi due decenni – per tutta una serie di determinazioni materiali e di motivazioni che cercheremo di individuare – sono apparse pubblicazioni che si concentrano specificatamente su questo anno particolarmente critico della storia della Repubblica tedesca. Si tratta di una pubblicistica che si compiace di suggerire una propria collocazione nel solco di una sedicente “sinistra rivoluzionaria” e che ondeggia tra l’ambizione al rigore storiografico e un’insistita velleità di tracciare un indirizzo politico, non risultando tuttavia convincente né in un senso né nell’altro[2].

Gli autori di questo genere di pubblicistica si sono troppo spesso autorappresentati nelle vesti di chi è chiamato a porre fine a presunte omissioni, elusioni ed imbarazzi della riflessione marxista sull’“Ottobre tedesco”, confondendo il ponderato rigetto di ben precise interpretazioni con una difficoltà nell’affrontare questioni troppo “spinose”; difficoltà imputata a limiti di infantilismo dottrinario, di «internazionalismo generico» e di «indifferentismo in materia politica». A nostro avviso, invece, la questione “Germania 1923”, per quanto complessa, può essere validamente compresa esclusivamente dal punto di vista opposto a quello della pubblicistica summenzionata; un punto di vista coerentemente marxista, che riconosca nell’internazionalismo proletario un irrinunciabile principio scientifico e che non svaluti “tra le righe” tale principio – in nome di un millantato “realismo politico” privo del coraggio intellettuale di disfarsene apertamente – come una fastidiosa utopia romantica.

Non avendo pretese di carattere accademico-storiografico e del tutto privi dell’illusione di apportare qualche miracoloso elemento aggiuntivo nel dibattito storico e documentale sul 1923 tedesco, rimandiamo il lettore allo studio approfondito dei testi citati, limitandoci a tratteggiare una panoramica generale degli eventi dell’anno in questione e cercando poi di vagliare criticamente alcune delle interpretazioni correnti su una serie di fatti storicamente acclarati. Fatti che non necessitano di nessun nuovo e sensazionale “documento rivelatorio” per essere adeguatamente collocati e compresi da un punto di vista apertamente militante, dichiaratamente marxista, rivoluzionario e internazionalista che, a differenza di molti, non riteniamo essere una nostra esclusiva.

Procediamo delineando un quadro cronologico:

11 gennaio 1923: La regione industriale e mineraria tedesca della Ruhr viene occupata da truppe franco-belghe come ritorsione per la trentaseiesima inadempienza del Reich tedesco nelle forniture di carbone e legname alla Francia, previste dal trattato di Versailles. Il governo tedesco di Wilhelm Cuno, direttore generale della società di navigazione Hamburg-Amerika Linie, un governo conservatore composto da economisti “apolitici”, da membri del Partito Popolare Tedesco, del Partito Democratico Tedesco, del Partito di Centro Tedesco (il Zentrum cattolico) e dal Partito Popolare Bavarese, dichiara la “resistenza passiva”: i tedeschi non devono collaborare con le autorità occupanti e i pagamenti sono proibiti. La socialdemocrazia nel suo complesso sostiene la politica del governo. Il Partito Comunista chiama invece in un primo momento la classe operaia tedesca a battersi sia contro la borghesia tedesca – della quale denuncia l’ipocrita propaganda di “resistenza nazionale” – che contro quella degli occupanti, facendo appello alla solidarietà internazionalista con il proletariato francese. La rivendicazione fondamentale del partito tedesco rimane tuttavia quella della lotta per un “governo operaio” e l’impostazione strategica quella del “fronte unico” per la “conquista della maggioranza”.

27 gennaio: Si verificano scioperi di minatori e di ferrovieri. Le autorità militari francesi annunciano l’intenzione di prendere il controllo delle ferrovie della Ruhr, espellono 1400 ferrovieri tedeschi e li sostituiscono con ferrovieri francesi e belgi. Le autorità francesi reagiscono con durezza estrema alla “resistenza passiva” e si verificano scontri violenti.

15 febbraio: Il membro della centrale della KPD August Thalheimer[3], in un articolo pubblicato su Die Internationale, teorizza che nella crisi della Ruhr la borghesia tedesca svolga «suo malgrado un ruolo obiettivamente rivoluzionario» e che dunque la sconfitta della borghesia francese «costituisce un obiettivo comunista». L’articolo provoca una levata di scudi sia nella KPD che nel Comintern.

Febbraio-marzo: Su iniziativa dei comunisti, nella Ruhr, dalla quale la polizia tedesca è stata espulsa e nella quale penetrano incessantemente elementi dei Freikorps, iniziano a formarsi delle organizzazioni di autodifesa operaia a composizione tendenzialmente multipartitica ma dirette dalla KPD, le Centurie Proletarie (Proletarische Hundertschaften), che nel corso delle settimane successive si diffondono nel resto del Reich.

21 marzo: Con l’appoggio della KPD si costituisce in Sassonia un governo guidato da Erich Zeigner[4], esponente dall’ala di sinistra della SPD, apparentemente più disponibile alla politica del “fronte unico” e alla parola d’ordine del “governo operaio”.

13 aprile: A Mülheim, nella zona occupata, una folla di operai assalta il municipio e nomina un consiglio operaio che si incarica della distribuzione di viveri e della creazione di una milizia operaia. Le autorità militari occupanti non intervengono ma autorizzano l’ingresso nella zona alla polizia tedesca, la quale, una settimana dopo, rioccupa il municipio nel corso di scontri che provocano dieci morti e settanta feriti.

Aprile-maggio: Tumulti a Bochum. Terroristi della Reichswehr, della Reichswehr Nera, dei Freikorps e dei vari raggruppamenti nazionalisti compiono attentati e sabotaggi per esacerbare l’ostilità delle truppe francesi, provocare rappresaglie e far divampare la collera nazionalista nella popolazione occupata. In Francia, il Partito Comunista si impegna nella propaganda contro l’intervento e denuncia l’operazione imperialista di Poincaré, invocando la solidarietà internazionalista con il proletariato tedesco. I comunisti francesi si recano clandestinamente nella Ruhr e lavorano insieme ai militanti arruolati nelle truppe di occupazione per diffondere propaganda rivoluzionaria in favore della fraternizzazione. Molti militanti vengono arrestati.

1° maggio: A Berlino, in apertura del tradizionale corteo operaio, sfilano 25.000 membri delle Centurie Proletarie, militarmente inquadrati ma disarmati.

2 maggio: Visita di Stato in Polonia del Maresciallo francese Ferdinand Foch, che passa in rivista le truppe polacche.

8 maggio: Ultimatum di Lord Curzon[5] all’URSS affinché cessino le attività antibritanniche russe in Afghanistan, Persia e India, in violazione del Trattato commerciale anglo-russo del 1921. Preoccupazione in URSS[6].

13 maggio:
Il Ministro dell’Interno del Land di Prussia, il socialdemocratico Severing[7] mette al bando le Centurie Proletarie, presto imitato dai governi di altri Land del Reich. Le Centurie, tuttavia, si ricostituiscono sotto altri nomi o come associazioni sportive[8].

16 maggio: A Berlino più di 150.000 operai sfilano accanto alla bara di Vorovskij[9]. Karl Radek pronuncia un discorso agitatorio che si sostanzia nell’appello al proletariato tedesco a «difendere la Russia rivoluzionaria». Il Comintern non ritiene che in Germania esistano le condizioni preliminari per l’instaurazione della dittatura del proletariato.

18 maggio: In seguito ad un crollo repentino del marco e ad un’impennata fulminea dei prezzi scoppia uno sciopero selvaggio nelle miniere e nelle fabbriche della Ruhr. La KPD riesce a organizzare un Comitato centrale di sciopero che, dopo circa due settimane, ottiene un aumento dei salari del 52,3%.

26 maggio: Il nazionalista tedesco Albert Leo Schlageter, veterano della Prima guerra mondiale, membro dei Freikorps attivo nella feroce repressione del movimento operaio tedesco, partecipante al Putsch di Kapp nel 1920, combattente in Alta Slesia nel 1922, vicino alla NSDAP di Hitler e a capo di un reparto della Reichswehr Nera nel 1923, viene catturato dalle truppe francesi di occupazione, processato e fucilato per aver fatto saltare un viadotto ferroviario nella Ruhr.

12-13 giugno:
Al III Esecutivo allargato del Comintern Karl Radek declama il celebre “Discorso Schlageter” nel quale quest’ultimo viene descritto non senza lirismo come un «martire del nazionalismo tedesco», un «coraggioso soldato della controrivoluzione», che merita «di essere onestamente apprezzato con virilità da noi, soldati della rivoluzione». Nella sua orazione, poi pubblicata sull’organo principale della KPD, Radek aggiunge: «Se le cerchie dei fascisti tedeschi, che vogliono servire sinceramente il popolo tedesco, non comprenderanno il senso del destino di Schlageter, allora Schlageter è caduto invano, e dovranno scrivere sul suo monumento: pellegrino verso il nulla […]. Noi vogliamo fare di tutto perché uomini come Schlageter, pronti ad andare alla morte per una causa generale, non siano pellegrini verso il nulla ma pellegrini verso un futuro migliore dell’intera umanità, perché non versino il loro disinteressato sangue per i profitti dei baroni del carbone e del ferro, ma per la causa del grande popolo tedesco lavoratore, che è parte della famiglia dei popoli che lottano per la loro liberazione […]. Schlageter non può più ascoltare questa risposta. Noi siamo sicuri che centinaia di Schlageter l’ascolteranno e la comprenderanno». La definizione “pellegrino verso il nulla” è una citazione dell’omonimo romanzo del 1920 di Friedrich Freksa[10], che si sofferma sulla morte di un ufficiale dei Freikorps nella lotta contro gli operai spartachisti nel 1919.

12 luglio: La Centrale della KPD decide di indire una manifestazione antifascista a livello nazionale per il giorno 29. La manifestazione viene proibita dai governi di numerosi Land. Alla fine, si opta per una serie di conferenze al chiuso.

Luglio-agosto:
“Crisi delle forbici”. L’inflazione raggiunge livelli catastrofici. Aumenta lo scontento sociale. Scioperi in tutta la Germania. A Oberhausen, nella Ruhr, la polizia spara su un corteo di lavoratori. Tumulti a Wiesbaden, Dresda, Monaco e nell’Erzgebirge. Crescita dell’influenza comunista sulla classe operaia tedesca a livello sindacale e direttamente politico. I consigli di fabbrica (Betriebsräte), sempre più influenzati dai comunisti, promuovono la formazione di comitati di controllo (Kontrolausschüsse), incaricati di calmierare i prezzi dei generi alimentari, gli affitti e di combattere la speculazione e la borsa nera. Costituiti da operai e anche da casalinghe, è significativo che in questo periodo si associno spesso alla loro attività anche piccoli commercianti e artigiani.

9 agosto: A Berlino il congresso dei consigli di fabbrica, rappresentativo di circa 20.000 consigli, dichiara uno sciopero generale contro il governo Cuno che si estende in tutto il Paese. Le rivendicazioni dello sciopero sono: dimissioni di Cuno, confisca delle scorte alimentari per approvvigionare la popolazione affamata, riconoscimento dei comitati di controllo, abrogazione del decreto che proibisce le Centurie Proletarie, salario orario minimo di 60 pfennig-oro, sussidio di disoccupazione in pfennig in proporzione al tasso originario, liberazione dei prigionieri politici. A Berlino si astengono dal lavoro i tre quarti dei lavoratori delle grandi industrie, i metallurgici, i lavoratori municipali, quelli del gas e dell’elettricità, dei tram e della metropolitana, numerosi ferrovieri e i tipografi (compresi quelli della Banca di Stato, la Reichsbank). Ad Amburgo il porto è in sciopero e il Senato cittadino ha proclamato lo stato d’assedio. A Lubecca, a Emden, nel Brandeburgo, a Gera, nella Lusazia, ad Hannover, a Breslavia, a Stettino ed a Lea la vita economica è paralizzata dai lavoratori che si riversano nelle strade. Ad Halle e a Lipsia gli scioperanti requisiscono il bestiame degli agrari della zona, lo macellano e lo distribuiscono.

10 agosto: A Stoccarda, il membro della centrale della KPD Hermann Remmele[11] conduce ancora a questa data contraddittori pubblici con oratori fascisti e nazionalisti. In numerose circostanze gli oratori comunisti, perseguendo la “linea Schlageter”, si lasciano andare a formulazioni ambigue e a discutibili concessioni verbali per ottenere la benevolenza dell’uditorio nazionalista. In breve tempo il Partito Operaio Nazionalsocialista di Hitler vieta formalmente ai propri membri ogni pubblica discussione con i comunisti.

11 agosto: Sull’onda degli scioperi, delle manifestazioni e degli scontri in tutto il Reich, il Cancelliere Cuno rassegna le dimissioni. In tre giorni di agitazioni si contano almeno 50 morti operai.

12 agosto: Viene formato un nuovo governo di coalizione con a capo Gustav Stresemann[12], del Partito Popolare Tedesco. I socialdemocratici entrano immediatamente nella coalizione di governo con Rudolf Hilferding come Ministro delle Finanze. Viene annunciata una nuova serie di imposte sui capitali e sui patrimoni da pagarsi in valuta straniera. I provvedimenti rimarranno lettera morta.

15 agosto: La Banca di Stato, senza contare gli istituti di credito privati, i Land e i Municipi, arriva ad emettere 116.402.548.057.000 marchi. I dirigenti russi riconoscono la natura rivoluzionaria della fase apertasi in Germania e Zinov’ev, presidente del Comintern, redige delle tesi sulla rivoluzione tedesca.

28 agosto: La Centrale della KPD designa un comitato militare per preparare e dirigere l’insurrezione.

Primi di settembre: Monta una campagna contro le nuove tasse guidata dai giornali reazionari influenzati dal magnate Stinnes[13], che reclamano al contrario indennizzi per le “spese” sostenute dagli industriali nel corso della resistenza passiva nella Ruhr. In realtà, per finanziare la “resistenza passiva” il governo Cuno ha svuotato le casse dello Stato accelerando il tracollo finanziario. Circa 500 milioni di marchi-oro sono passati, dall’inizio dell’occupazione, dalla Banca di Stato alle tasche degli industriali della Ruhr e degli speculatori che si sono affrettati a trasferirli all’estero. Gli indennizzi di Stato, il basso costo della forza lavoro e la svalutazione competitiva hanno enormemente arricchito la grande borghesia tedesca che riversa i costi sociali dell’occupazione militare e della crisi sulla classe operaia.

8 settembre: Il governo di coalizione promulga un’ordinanza straordinaria sulla confisca della valuta e dei titoli esteri. Secondo il decreto non possono essere sequestrate la valuta e le banconote straniere detenute a scopi commerciali e industriali, necessarie a imprese attive in Germania, appartenenti a persone residenti all’estero o a persone che entrino in loro possesso «in virtù di obblighi morali». Nella pratica, vista la facilità di rientrare nelle categorie esentate, l’ordinanza avrà solo valore demagogico.

22 settembre: Un operaio tedesco deve lavorare sette ore per comprare ciò che nel 1914 poteva acquistare con l’equivalente di un’ora di lavoro.

26 settembre:
Il governo Stresemann, fino a quel momento sostenitore della “resistenza passiva” del precedente governo, vi pone ufficialmente fine. In Baviera, l’ultraconservatore Gustav Ritter von Kahr[14], con la complicità del generale von Lossow assume il controllo della Reichswehr di stanza in Baviera e si autonomina “procuratore del popolo tedesco”, senza separarsi ufficialmente dal Reich. Nello stesso giorno, Stresemann proclama lo stato d’assedio in tutto il Reich e il potere esecutivo passa di fatto al Capo di Stato Maggiore della Reichswehr, il generale Hans von Seeckt[15].

27 settembre: Ignorando il “governo operaio”, e con l’appoggio del governo di Berlino, il generale Müller assume i pieni poteri in Sassonia, estende i diritti dei funzionari di polizia agli ufficiali dell’esercito, vieta la pubblicazione di qualsiasi stampato senza la sua previa autorizzazione, proibisce ogni manifestazione di strada e precetta i lavoratori delle aziende di pubblica utilità.

1° ottobre: Fallisce un tentativo di Putsch della Reichswehr Nera a Küstrin, nel Brandeburgo. Lo stesso giorno Zinov’ev invia un telegramma alla KPD affinché rappresentanti comunisti entrino formalmente nel governo Zeigner in Sassonia e in quello a guida SPD “di sinistra” in Turingia. L’obiettivo dichiarato è quello di «armare subito 50-60 mila uomini».

1-6 ottobre: Rimpasto a destra del governo Stresemann. Il Partito Popolare Tedesco esige l’allargamento della coalizione ai tedesco-nazionali, l’aumento della giornata lavorativa di almeno due ore a parità di salario (pagato in marchi-carta), le dimissioni dei ministri socialdemocratici. Pur di rimanere nella coalizione governativa la SPD accetta la soppressione della giornata di 8 ore e votano a favore di una legge sui pieni poteri economici e finanziari per l’esecutivo. Hilferding viene rimosso dal ministero delle Finanze. A Berlino e dintorni si concentrano circa 50.000 soldati.

4 ottobre:
Il generale Reinhardt ordina in Turingia la consegna entro 9 ore di tutte le armi possedute da privati cittadini, pena la condanna a morte. Vengono vietati scioperi e manifestazioni.

9 ottobre:
Il magnate Stinnes indirizza un ultimatum informale al governo, nel quale richiede un indennizzo per il carbone confiscato dai francesi; un indennizzo per i prelievi dell’imposta del Reich sul carbone; l’abrogazione di questa imposta nella Ruhr; la libera assegnazione delle forniture di carbone; la priorità della Ruhr nei rifornimenti alimentari e di materie prime; la soppressione del commissariato per il carbone; il riconoscimento agli industriali del diritto di trattare direttamente con le autorità francesi e di concordare con esse la risoluzione delle problematiche correnti; l’eventuale partecipazione degli industriali a una gestione statale franco-tedesca delle ferrovie della Renania; la giornata lavorativa di otto ore e mezzo nelle miniere e di dieci ore in tutti gli altri settori.

10 ottobre: In Sassonia, con l’ingresso dei comunisti nel governo Zeigner, il nuovo esecutivo regionale viene definito “governo operaio”. Lo scopo dell’ingresso dei comunisti nei governi socialdemocratici “di sinistra” dovrebbe essere quello di “armare gli operai” impiegando i depositi e gli arsenali a disposizione dei Land che, in realtà, sono notoriamente vuoti almeno dai tempi dell’“azione di marzo” del 1921[16].

12 ottobre: Scoppiano scioperi ad Höchst sul Meno, dove interviene l’esercito francese, a Francoforte, ad Hannover, a Lipsia e a Bibrich, dove gli operai hanno disarmato la polizia prima che i francesi ripristinassero l’ordine. Scioperi e saccheggi di panifici e negozi di alimentari a Gelsenkirchen, Düsseldorf, Colonia, Mannheim, Halberstadt, Ortelsburg e Berlino. La Polizia Verde si mostra meno brutale del solito. A Menningen invece la Reichswehr apre il fuoco uccidendo due persone.

13 ottobre: Il Reichstag, il parlamento tedesco, vota la legge sui pieni poteri voluta da Stresemann. Rappresentanti comunisti entrano nel governo della Turingia. In Sassonia si svolge un congresso delle Centurie Proletarie (155 delegati), costituite legalmente con l’approvazione del governo di Zeigner. Il generale Müller ne ordina lo scioglimento, impone la consegna entro tre giorni di tutte le armi in possesso dei privati cittadini e vieta la costituzione di comitati d’azione. A Dresda e a Lipsia la Reichswehr arruola volontari per il “ristabilimento dell’ordine”, e forma compagnie miste alle quali vengono forniti comandanti, armi, equipaggiamento e uniformi. Gli industriali sassoni boicottano il governo Zeigner e il Comando militare della Prussia orientale e della Slesia proibisce l’esportazione di patate in Sassonia. La Baviera vieta l’esportazione di latticini. Il “governo operaio” sassone non prende misure drastiche contro il boicottaggio della borghesia.

17 ottobre: D’intesa con il ministro della Reichswehr Gessler[17], il generale Müller sottrae al controllo del “governo operaio” il comando di tutta la polizia locale e lancia un ultimatum al governo di Sassonia affinché destituisca il ministro comunista delle Finanze Böttcher[18].

19 ottobre: Il generale della Reichswehr in Baviera, von Lossow, rifiuta obbedienza al governo centrale e si subordina con i suoi soldati a von Kahr. Il governo Stresemann decide di intervenire militarmente contro la Sassonia.

21 ottobre: A Chemnitz, in Sassonia, si tiene un congresso di tutte le organizzazioni operaie della Germania centrale, nel corso del quale i socialdemocratici “di sinistra”, l’altra metà del “governo operaio” sassone, rifiutano di aderire ad un appello per lo sciopero generale nazionale, che nelle intenzioni della KPD dovrebbe rappresentare il segnale per l’insurrezione. In seguito alla defezione della SPD di sinistra in Sassonia, la Centrale della KPD decide di rinunciare all’insurrezione.

22 ottobre: Appena ritornati in Germania da Mosca, Radek e Pjatakov[19] accettano la decisione della KPD di non dare seguito al piano insurrezionale. Ad Aix-la-Chapelle, nell’ostilità generale della popolazione locale, duemila militanti separatisti armati proclamano per poche ore la Repubblica Renana.

23 ottobre: Il dollaro è quotato 70 miliardi di marchi. Si sciopera nel porto di Brema.

23-24 ottobre: Ad Amburgo, a causa di un equivoco nella trasmissione delle informazioni o di un’iniziativa della sinistra della KPD, scoppia un’insurrezione che viene presto domata a causa dell’isolamento dei combattenti dal grosso della classe operaia, sia al livello nazionale che locale.

27 ottobre: A Freiberg, in Sassonia, in seguito al lancio di un sasso contro un’autoblindo, la Reichswehr spara sulla folla disarmata uccidendo 27 operai e ferendone 72, di cui 22 gravemente.

28 ottobre: Un operaio comunista di 22 anni viene condannato a morte da una Corte marziale in seguito all’insurrezione di Amburgo. Stresemann lancia un ultimatum al governo Zeigner: i comunisti devono uscirne entro 24 ore oppure il governo deve dimettersi. Zeigner rifiuta.

29 ottobre:
Il governo Zeigner in Sassonia viene destituito con la forza dalla Reichswehr che occupa i ministeri.

2 novembre: La SPD viene estromessa dalla Grande Coalizione.

5 novembre: A Berlino si verificano dei pogrom antisemiti nei pressi dell’Alexanderplatz. Le aggressioni sono minuziosamente organizzate dai nazionalsocialisti e spacciate come iniziative spontanee dei disoccupati. La polizia non interviene.

8-9 novembre: A Monaco va in scena il fallito “Putsch della birreria” dei nazionalsocialisti di Hitler, il quale non ottiene l’appoggio del governo di von Kahr né quello della Reichswehr bavarese, che riconoscono l’ormai avvenuta stabilizzazione del governo centrale di Berlino.

30 novembre:
Si forma un nuovo governo di coalizione con a capo Wilhelm Marx[20], del Partito di Centro Tedesco, Stresemann conserva il cruciale dicastero degli Esteri.

continua…

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NOTE

[1] Victor Serge, Germania 1923. La mancata rivoluzione, Graphos, Genova, 2003.

[2] Cfr. C. Basile, saggio introduttivo a Victor Serge, Germania 1923. La mancata rivoluzione, Graphos, Genova, 2003, e C. Basile, L’«Ottobre tedesco» del 1923 e il suo fallimento, Altergraf, Genova, 2021.

[3] August Thalheimer (Affaltrach, 18 marzo 1884 – L’Avana, 19 settembre 1948). Figlio di un commerciante ebreo, studia filosofia ad Oxford e a Strasburgo. Nel 1904 aderisce alla SPD e nel 1909 è redattore capo a Göppingen. Legato a Radek, Rosa Luxemburg e Mehring, è membro del gruppo Internationale e animatore del gruppo Spartakus durante la guerra. Mobilitato dal 1916 al 1918, svolge un ruolo importante nella rivoluzione di novembre a Stoccarda e per qualche giorno ricopre il ruolo di ministro in un governo di Land. Oppositore degli estremisti nel 1919-20, nel 1921 difende la “teoria dell’offensiva”. Membro della Centrale della KPD dal 1918 nel 1923 viene considerato un teorico del partito. Considerato, insieme a Heinrich Brandler, tra i responsabili della sconfitta dell’ottobre 1923, viene trattenuto dal 1924 al 1928 a Mosca, dove insegna presso l’università Sun Yatsen. Espulso dalla KPD nel 1929, è cofondatore della KPO. Nel 1933 emigra in Francia, dove nel 1939 viene internato. Nel 1941 riesce a rifugiarsi a Cuba, dove muore, non avendo ottenuto il permesso di tornare in Germania o in Francia.

[4] Erich Zeigner (Erfurt, 17 febbraio 1886 – Lipsia, 5 aprile 1949). Di famiglia borghese, fa studi di diritto. Giudice supplente nel 1908, dal 1917 al 1919 è mobilitato. Presidente di tribunale, nel 1919 aderisce alla SPD. Leader della sinistra socialdemocratica in Sassonia, nel 1921 diventa ministro della giustizia del Land. Sostenitore dell’alleanza con i comunisti, nell’aprile 1923 è Ministro – presidente della Sassonia e in ottobre fa entrare i comunisti in un governo di difesa repubblicana e proletaria. Viene deposto dalla Reichswehr ed imprigionato. Processato, riassume le sue funzioni di magistrato. Dimesso nel 1933, lavora come contabile. Alla fine della Seconda guerra mondiale risiede nella RDT ed è membro della SED. Nel 1946 è borgomastro di Lipsia.

[5] George Nathaniel Curzon, primo marchese Curzon di Kedleston (Kedleston Hall, 11 gennaio 1859 – Londra, 20 marzo 1925). Viceré dell’India dal 1899 al 1905 e Ministro degli esteri della Gran Bretagna dal 1919 al 1924. Esponente del Partito Conservatore, contrastò la politica della Russia in Asia centrale e contribuì alla dissoluzione dell’Impero ottomano dopo la Prima guerra mondiale. In politica interna si batté contro l’autodeterminazione dell’Irlanda e contro il suffragio femminile. Nell’ottobre 1919, in sostituzione di Arthur Balfour, Curzon ricevette la nomina di titolare del Foreign Office dal Primo Ministro David Lloyd George che capeggiava un governo di coalizione.

[6] «Gli avvenimenti della Ruhr, l’ultimatum inviato da Curzon, l’assassinio di Vorovskij, il giro trionfale del maresciallo Foch in Polonia, sono gli anelli di una stessa catena». Zinov’ev, Pravda, 16 maggio 1923, cit. in P. Broué, Rivoluzione in Germania, 1917-1923, Einaudi, Torino, 1977, p. 657. Senza dubbio, queste preoccupazioni avranno un ruolo non secondario nella svolta della “linea Schlageter”. In questa situazione, le tesi di Tahlheimer del febbraio vengono opportunamente rispolverate.

[7] Carl Severing (Herford, 1º giugno 1875 – Bielefeld, 23 luglio 1952). Socialdemocratico. Ministro degli interni della Prussia dal 1920 al 1926, quindi ministro degli interni del Reich dal 1928 al 1930 e da ultimo nuovamente ministro degli interni della Prussia dal 1930 al 1932. Dopo il colpo di stato del 20 luglio 1932 ad opera di Franz von Papen, cade in disgrazia e nel 1933, quando giungono al potere i nazisti, viene arrestato. Nel dopoguerra è diventato presidente del Partito Socialdemocratico in Westfalia, nella RFT.

[8] «In maggio esistevano in Germania circa 300 centurie. In ottobre ve ne sono, secondo Gast, 800, per un totale di circa 100 mila uomini, un terzo dei quali nella sola Sassonia, e la metà complessivamente nella Sassonia e nella Turingia riunite, dove esse sono legalmente autorizzate. […] Solo un quinto delle centurie è formato esclusivamente da comunisti. Gli altri componenti provengono dal fronte unico fra il Partito comunista, i sindacati e, soprattutto in Turingia e in Sassonia, il Partito socialdemocratico.» P. Broué, op. cit., pp. 714-715.

[9] Vaclav Vaclavovic Vorovskij (Mosca, 27 ottobre 1871 – Losanna, 10 maggio 1923). Membro del partito socialdemocratico russo dal 1894. Dal 1902 è emigrato in Italia, a Nervi, poi a Monaco e Ginevra. Nel 1907 è a capo dell’organizzazione bolscevica di Odessa; è arrestato più volte e deportato. Dal 1914 è a Pietroburgo, ingegnere della Siemens-Schuckert, dal 1915 per esigenze della ditta è in missione a Stoccolma. Rappresentante plenipotenziario della Russia sovietica nei paesi scandinavi dal 1917 al 1919, poi in Italia dal 1921 al 1923. Negli ambienti governativi italiani la sua nomina è ritenuta troppo “politica”: diverse fonti lo segnalano come “pericolossisimo propagandista bolscevico”, il suo recente allontanamento dalla Svezia per attività di propaganda comunista mette in allarme le forze di Pubblica sicurezza italiane. Mentre svolge il suo incarico in Italia, è tra i componenti della delegazione sovietica alla Conferenza di Genova (aprile-maggio 1922) insieme a G. Cicerin, A. Ioffe, L. Krasin, M. Litvinov e C. Rakovskij. Successivamente partecipa come rappresentante plenipotenziario per l’URSS, l’Ucraina e la Georgia alla Conferenza di Losanna, per cui compie diversi viaggi da Roma tra l’autunno del 1922 e la primavera del 1923. Nel maggio 1923 Vorovskij interviene in una fase dei lavori della Conferenza a cui la Russia non è ufficialmente invitata e la presenza della delegazione sovietica non è gradita. Il governo svizzero aveva negato i passaporti ad altri membri della delegazione russa che avevano in animo di venire a Losanna ed aveva revocato a Vorovskij la protezione e i privilegi diplomatici. È in questa circostanza che, il 10 maggio 1923, mentre si trova nel ristorante dell’Hotel Cècil di Losanna in compagnia di due collaboratori, viene assassinato dall’ufficiale bianco Moric Konradi (Maurice Conradi) e dal suo complice e mandante Arkadij Polunin.

[10] Kurt Franz Georg Friedrich-Freksa (Wilmersdorf, 11 aprile 1882 – Berlino, 18 luglio 1955). Autore ed editore tedesco. Figlio di un piccolo industriale e commerciante. Nel 1913 eredita la fortuna paterna che impiega in speculazioni e in una vita sontuosa. Prende brevemente parte alla Prima guerra mondiale. Scrive drammi, poesie, romanzi, romanzi gialli, sceneggiature di film, drammi radiofonici e articoli di riviste. Nel 1924 pubblica Kapitän Ehrhardt. Abenteuer und Schicksale (Capitano Ehrhardt. Avventure e destino) una biografia su Hermann Ehrhardt, il capo dell’omonima Brigata di Marina terrorista e antisemita.

[11] Hermann Remmele (Heidelberg, 15 novembre 1880 – Mosca, 7 marzo 1939). Figlio di un piccolo mugnaio, è operaio metallurgico. Nel 1897 aderisce alla SPD. Organizzatore dei giovani del partito, svolge attività antimilitarista illegale a Ludwigshafen. Allievo della scuola di partito nel 1907-1908, è mobilitato per tutta la durata della Prima guerra mondiale, nelle licenze organizza l’opposizione di sinistra. Delegato al congresso di fondazione dell’USPD. Nel 1919 è dirigente della Repubblica dei consigli a Mannheim. Nel 1920 aderisce alla VKPD ed è eletto nella Centrale. Dal 1923 al 1926 è direttore dell’organo di stampa del partito, la Rote Fahne. Membro del Reichstag dal 1920 al 1933. In seguito alla sconfitta del 1923, aderisce al centro del partito, poi alla frazione di Thälmann. Membro del Presidium del Comintern è uno dei principali dirigenti della KPD fino al 1932, quando si schiera contro Thälmann. Emigrato a Mosca nel 1933, nel 1934 “confessa” la sua attività “frazionista”. Arrestato nel 1937, due anni dopo viene condannato a morte e fucilato nel cimitero del monastero Donskoj a Mosca.

[12] Gustav Stresemann (Berlino, 10 maggio 1878 – Berlino, 3 ottobre 1929). Figlio di un commerciante di birra berlinese. Studia letteratura e storia, in seguito economia politica. Convinto monarchico, fonda nell’autunno-inverno del 1918 il DVP (Deutsche Volkspartei, Partito Popolare Tedesco) con i suoi compagni di partito nazional-liberali. Annuncia come obiettivo di politica estera voler traghettare la Germania dal «tempo dell’umiliazione e della perdita della dignità alla grandezza tedesca e al destino mondiale della Germania». Cancelliere del Reich (13 agosto – 30 novembre 1923) e ministro degli Esteri (1923-29) nel periodo della Repubblica di Weimar, conduce una politica di riconciliazione con l’Intesa che porta alla stipulazione del Patto di Locarno (1925) e all’ingresso tedesco nella Società delle Nazioni. Muore di infarto nel 1929.

[13] Hugo Adolf Eugen Victor Stinnes (Mülheim an der Ruhr, 12 febbraio 1870 – Berlino, 10 aprile 1924). Nel 1893 fonda la Stinnes, impresa attiva nei settori di edilizia, acciaio, elettricità, ecc. Nel corso della Prima guerra mondiale è favorito dalla sua vicinanza con lo Stato maggiore, ed è tra i capitalisti tedeschi più avvantaggiati dal conflitto. Vicino al Deutsche Volkspartei. Dal 1920 al 1924 è deputato popolare al Reichstag, in quegli anni diventa uno dei principali proprietari di giornali in Germania. Si oppose alle condizioni imposte alla Germania dalla conferenza di pace di Parigi nel Trattato di Versailles. Come politico cerca la concertazione tra capitalisti e sindacati. Nel 1922-1923 sfrutta l’iperinflazione, espandendo enormemente il suo impero, tanto da diventare noto come Inflationskönig (Re Inflazione), alimentando la sua fama di profittatore. Il suo impero economico crolla quasi subito dopo la sua morte.

[14]
Gustav Ritter von Kahr (Weißenburg in Bayern, 29 novembre 1862 – Dachau, 30 giugno 1934). Dopo aver studiato Giurisprudenza ed aver lavorato per qualche tempo come avvocato, nel 1917, come esponente della destra conservatrice bavarese, entra nel governo provinciale dell’Alta Baviera poco prima dello scoppio della rivoluzione tedesca del 1918. Il 14 marzo 1920, sostenuto dall’esercito, viene nominato primo ministro della Baviera al posto di Johannes Hoffmann, dimessosi a seguito del tentativo di colpo di Stato a Berlino organizzato da Wolfgang Kapp. In seguito alla proclamazione della Repubblica bavarese dei consigli, chiede l’aiuto dell’esercito per reprimerla e non esita a servirsi delle organizzazioni paramilitari ultranazionaliste. Il 1º settembre 1921, si dimette dalla carica in seguito alla decisione del governo della repubblica di Weimar di approvare un decreto per mettere al bando le organizzazioni estremiste di destra. Nel settembre 1923, il primo ministro bavarese Eugen von Knilling dichiara la legge marziale e lo nomina Commissario di Stato (in tedesco Staatskommissar) con poteri dittatoriali. Poco dopo, il generale Erich Ludendorff ed il leader del partito nazista Adolf Hitler cercano di ottenere il suo appoggio per prendere il potere a Monaco. Negato il suo appoggio al Putsch – per considerazioni di opportunità politica – fa disperdere i golpisti e arrestare i dirigenti. Il 30 giugno 1934, nel corso della “notte dei lunghi coltelli”, viene arrestato e ucciso dalle SS. Il suo corpo viene gettato in una palude.

[15] Hans von Seeckt. (Schleswig, 22 aprile 1866 – Berlino, 27 dicembre 1936). Generale durante la Prima guerra mondiale, realizza lo sfondamento del fronte russo Gorlice-Tarnow (maggio 1915) e le successive conquiste della Serbia (1915) e della Romania (1916-17), divenendo dal 1917 capo di S. M. dell’esercito ottomano. Consigliere militare della delegazione tedesca a Versailles, nell’immediato dopoguerra fu destinato a Königsberg, dove nel gennaio 1919 assume il comando del “Grenzschutz Nord”, uno speciale comando istituito per far fronte alle emergenze del dopoguerra, dove è impegnato nel far rientrare le armate tedesche dalla Russia, nel portare a termine la campagna antibolscevica nei Paesi Baltici e nel difendere i confini orientali da russi e polacchi. Dal novembre 1919 capo del Truppenamt, che sostituì il vecchio S. M. imperiale, e poi (1920) comandante in capo dell’esercito, si adopera per la riorganizzazione delle truppe, facendo dei centomila uomini permessi dal trattato di pace una forza estremamente efficace e il futuro nucleo direttivo di un ben più potente esercito. Convinto che fosse inevitabile una nuova guerra con la Francia, inizia una stretta collaborazione con lo S. M. sovietico, sancita dagli accordi segreti conclusi con il trattato di Rapallo (1922) e tesa a eludere le clausole contro il riarmo della Germania imposte a Versailles. Dimessosi nel 1926, è deputato (1930-32) del Deutsche Volkspartei e più tardi (1934-35) in Cina consigliere militare di Chiang Kai-shek. Pubblica varie opere: Gedanken eines Soldaten (1928), Die Zukunft des Reiches (1929), Moltke, ein Vorbild (1931), Die Reichswehr (1932).

[16] «… né il governo regionale della Sassonia né quello della Turingia avevano un arsenale a loro disposizione. Noi avevamo svuotato gli arsenali all’epoca del Putsch di Kapp e, in parte, durante l’Azione di Marzo. E sapevo che, ogniqualvolta la polizia aveva bisogno di fucili mitragliatori, doveva farne richiesta al campo militare di Döberitz, e quindi andare a prenderseli.» Heinrich Brandler, lettera a Isaac Deutscher del 18 aprile 1952, in appendice a C. Basile, L’«Ottobre tedesco» del 1923 e il suo fallimento, Altergraf, Genova, 2021, pp. 249-250.

[17] Otto Karl Gessler (Ludwigsburg, 6 febbraio 1875 – Lindenberg im Allgäu, 24 marzo 1955). Membro del Partito Democratico Tedesco. Dopo il Putsch di Kapp assume l’incarico di Reichswehrministerium da Gustav Noske. Come Reichswehrminister è stretto collaboratore di Hans von Seeckt. Per l’accusa di anomalie finanziarie associate al suo ministero e collegate all’armamento segreto del Reichswehr (lo scandalo Phoebus) Gessler deve dimettersi dai propri incarichi nel gennaio del 1928. Dal 1928 al 1933 è presidente della Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge (Commissione tedesca per i cimiteri di guerra) e del Bund zur Erneuerung des Reiches. Dopo la presa del potere del partito nazista, si dalla politica. Durante la Seconda guerra mondiale partecipa ai piani per rovesciare Hitler. Arrestato il 20 luglio 1944 con l’accusa di cospirazione dopo i falliti attentati ai danni di Hitler, viene internato in campo di concentramento, dove rimane sino al termine del conflitto. Dopo la Seconda guerra mondiale, è consigliere della Croce Rossa tedesca dal 1950 al 1952.

[18] Paul Böttcher (Lipsia, 2 maggio 1891 – Lipsia, 17 febbraio 1975). Figlio di un fabbro e di una lavandaia, studia fino alle elementari, poi è avviato al mestiere di tipografo. Membro della gioventù socialista dal 1907. Avversario della guerra, nel 1917 aderisce alla USPD ed è redattore capo del Sozialdemokrat di Stoccarda nel 1920. Nello stesso anno viene sequestrato dai putschisti di Kapp ed entra nella VKPD. Nel febbraio 1921 diventa redattore capo della Rote Fahne e in seguito membro della Centrale del partito. Nel 1923 è presidente del gruppo parlamentare comunista in Sassonia ed è sostenitore del governo operaio sassone. Ministro dell’economia nel governo Zeigner in ottobre, viene cacciato dal suo ministero dalla Reichswehr. Membro dell’opposizione di destra, viene espulso dal partito nel 1929. Cofondatore con Brandler della KPO, emigra in Svizzera dal 1933 al 1946. Arrestato al suo ritorno in Germania, viene trasferito in URSS, dove rimane, tra vari campi e prigioni, fino al 1955. Liberato, rientra in Germania e viene ammesso nella SED. Secondo Hermann Weber, dal 1927 sarebbe stato agente dei servizi d’informazione sovietici.

[19] Georgij Leonidovic Pjatakov (indicato anche come Jurij o Grigorij Pjatakov; Maryjnskij, 6 agosto 1890 – Mosca, 30 gennaio 1937). Rivoluzionario bolscevico ucraino, esponente della sinistra del partito bolscevico all’epoca di Lenin, organizzatore dell’industria pesante sovietica. Tra i firmatari della Dichiarazione dei 46 rivolta al Comitato Centrale del Partito per denunciare il ruolo assunto dal Segretariato all’interno dell’apparato comunista. Membro dell’opposizione di sinistra contro Stalin, nell’ottobre del 1926, capitola insieme a Zinov’ev e Kamenev. Ucciso nel periodo delle grandi purghe staliniane.

[20] Wilhelm Marx (Colonia, 15 gennaio 1863 – Bonn, 5 agosto 1946) è stato un politico tedesco, cancelliere del Reich dal 1923 al 1924 e dal 1926 al 1928. Entrato nella magistratura, vi raggiunse nel 1921 la carica di presidente di sezione al tribunale supremo di Prussia. Aderì fin da giovane al Zentrum cattolico, fu deputato alla Camera prussiana dei rappresentanti (1899-1918), al Reichstag (1910-1933) all’Assemblea Nazionale della Repubblica di Weimar (1919-1920). Presidente del Zentrum e del suo gruppo parlamentare al Reichstag dal 1920 al 1928, fu cancelliere del Reich dal 30 novembre 1923 al 15 dicembre 1924 e dal 16 maggio 1926 al 12 giugno 1928. Nel 1925 fu candidato alle elezioni per la presidenza del Reich.

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