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(12 Aprile 2012) Enzo Apicella

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Giurate fedelta’ alla Tav!

(4 Marzo 2006)

E’ davvero singolare osservare quanto poco spazio, all’interno dei partiti che compongono la coalizione di centro – sinistra, sia lasciato a parole come democrazia e confronto che dovrebbero costituire l’asse portante dell’articolato programma dell’Unione.

Se la questione di Marco Ferrando, epurato dalle liste di Rifondazione Comunista in seguito alle sue esternazioni concernenti le vittime di Nassiriya e la resistenza irachena, aveva destato più di una perplessità, ma era stata ridimensionata ad un caso isolato, magari legato a beghe interne di partito, non è possibile fare altrettanto con l’epurazione di Bruno Manghi, operata in prima persona nientemeno che da Romano Prodi.

Bruno Manghi, sociologo ed ex sindacalista Cisl, era candidato nella Lista Unitaria alla Camera dei Deputati nel collegio Piemonte 1, prima di rendersi protagonista di un atto sacrilego di tale gravità da superare in grandezza perfino le dissertazioni di Ferrando su Nassiriya.

Il Manghi ha avuto la sventura di prodursi sulle pagine di una pubblicazione del Mulino, in un saggio nel quale si esprimeva in modo critico riguardo al progetto TAV, aggiogandosi in questa maniera da una delle prerogative imprescindibili che accomunano chiunque aspiri a contribuire al futuro governo del Paese: l’assoluta e incondizionata fedeltà al progetto dell’Alta Velocità.

Poco importa se dietro al siluramento immediato del sociologo, reo di aver anteposto il ragionamento logico alla filastrocca di aggettivi roboanti con i quali i politici sono soliti affrontare l’argomento, ci sia la mano ecodistruttrice di Mercedes Bresso o quella del Presidente della Provincia Antonio Saitta, ciò che conta è il metodo dispotico e dittatoriale con il quale sono soliti curare gli “affari interni” coloro che amano professarsi portatori di democrazia.

Quanto la TAV e più in generale la questione delle “Grandi Opere” sia uno dei temi più scottanti sul tappeto lo si era compreso da tempo. Troppo alte le cifre in gioco, troppo grandi i poteri deputati alla spartizione del sontuoso banchetto, perché possa venire tollerata anche la minima smagliatura.

Sperare che Romano Prodi, già pronunciatosi negli anni 90 favorevolmente al progetto dell’alta velocità e fondatore della società bolognese Nomisma, implicata nel 2002 nello scandalo della consulenza miliardaria commissionata dalle Ferrovie di Stato, fosse disposto a mettere in discussione la bontà dell’opera, sarebbe certo stata un’illusione velleitaria.

Al contrario pretendere che l’Unione sia incline a permettere almeno un minimo di contraddittorio all’interno dei propri rappresentanti di lista, sarebbe solo chiedere un poco di coerenza con i tanti buoni propositi espressi nel programma.

Evidentemente la democrazia e il dialogo sono concetti buoni solo per i tele imbonitori da campagna elettorale e nulla più. Guai ad esprimere dubbi sulla validità del progetto TAV, si diventa complici degli sfaccendati valsusini e si ritorna a casa prima ancora di avere assaporato la gioia di sedere in parlamento, mai messaggio è risultato più chiaro di così.

Marco Cedolin

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