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Afghanistan e dintorni: lettera aperta alla Senatrice Livia Menapace

(2 Luglio 2006)

Cara Senatrice Menapace,
ho letto la sua lettera a Liberazione di oggi (30/06/2006) e, francamente, non posso che manifestarle tutto il mio disappunto per delle spiegazioni che non spiegano nulla, se non l'incapacità di assumersi la responsabilità politica di ricordare all'intero centrosinistra che se oggi è maggioranza nel paese, questo è per lo più dovuto al contributo del popolo della pace che non solo lo ha votato, ma che per oltre 5 anni ha lavorato ai fianchi, indebolendolo nel Paese reale, il precedente governo Berlusconi.

Anche Lei, come il Sen. Giovanni Russo Spena, a raccontarci la stessa favola:
1) ce ne andiamo dall'Iraq senza aumentare, come contropartita, la presenza militare in Afghanistan, così come ci veniva chiesto dalla Nato;
2) inoltre, grazie a questo accordo è stato bloccato sul nascere il primo tentativo di far slittare l'attuale maggioranza verso destra.

Sul primo punto mi permetto di ricordarLe che non risultano "mandati elettorali" per rispondere favorevolmente a richieste di maggior impegno militare; e che, in ogni caso, l'art. 11 della Costituzione dovrebbe, in tal senso, contare più dei codicilli nascosti tra le righe delle 281 pagine del programma dell'Unione. Perché se così non fosse, se il programma dell'Unione può valere più della Costituzione, allora tanti saluti a Lei e tutti quelli che, come Lei, riterranno opportuno violarla.
Anche a leggere per intero l'art. 11, come sostiene il Presidente Napoletano, non sta scritto da nessuna parte che quello che le organizzazioni internazionali decidono debba automaticamente essere sottoscritto da parte dell'Italia. Nell'art. 11 della Costituzione non è infatti previsto alcun automatismo per la partecipazione dell'Italia alle scelte della comunità internazionale.
Se riteniamo queste scelte lesive della possibilità di realizzare un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, l'art. 11 non c'impone di consentire un bel nulla.
Diversamente, visto il divieto imperativo alla "guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", sarebbe stato lecito attendersi, da parte del nuovo governo di centrosinistra, un riesame della situazione afgana per chiamare le cose con il loro nome: in Afghanistan non c'è nessuna operazione di polizia contro il terrorismo internazionale, ma una guerra contro una parte della popolazione che si protrae da 5 anni. I talebani possono esserci antipatici e indigesti quanto vogliamo (e francamente lo sono), ma la nostra Costituzione c'impedisce di usare la guerra per sostituirli con qualcosa che potrebbe risultarci più simpatico.
Quale quindi il compito della sinistra radicale e del Governo per ottemperare al dettato costituzionale?
Quanto meno promuovere in ogni sede iniziative tendenti a rivedere una decisione presa all'indomani dell'11 settembre e che oggi non è più possibile sostenere.
In tal senso, dove sta l'impegno del Governo votato dal popolo della pace per far affermare nelle sedi internazionali che quanto sta avvenendo in Afghanistan non ha nulla a che vedere con la lotta al terrorismo internazionale?

Sul secondo punto, invece, lasciando da parte qualsiasi giudizio etico circa un comportamento che affida allo sfavore dei numeri scelte di coerenza, mi permetta di ricordare a Lei e a tutta la (folkloristica?) sinistra radicale che la matematica non è un'opinione.
Un eventuale slittamento a destra dell'attuale maggioranza di Governo non potrebbe avvenire senza lo spostamento di oltre 38 senatori del centrodestra verso il centrosinistra. Tanti infatti sono i senatori in capo a Rifondazione Comunista, ai Verdi e al Pdci.
Numeri che pesano e , soprattutto, si tratta di 38 Senatori scelti dagli elettori e non dagli accordi delle segreterie di partito, come avveniva con il mercato delle vacche per l'assegnazione dei collegi uninominali.
E se dopo neanche 2 mesi, di fronte ad un simile risultato, per numeri e contenuto, dobbiamo preoccuparci degli slittamenti a destra dell'attuale maggioranza di centrosinistra, tanto vale chiuderla qui subito.
Ma onestamente, c'è da dubitare che l'attuale maggioranza possa operare un simile capovolgimento di alleanze.
Basterebbe quindi un minimo di coerenza politica di tutti i senatori di sinistra per porre al centro del dibattito la situazione afgana.
E basterebbe questo anche per ricordare ai "talebani" del bipolarismo, il Ministro Parisi in testa, che soltanto 4 giorni fa gli elettori hanno respinto il tentativo di una concezione "modernista" della democrazia che scioglie il Parlamento ed indice nuove elezioni al minimo accenno di dialettica democratica su questioni che investono profondamente le coscienze.

Cordialmente

Franco Ragusa

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