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Praga. Il convitato di pietra

Praga. Il convitato di pietra

(8 Aprile 2010) Enzo Apicella
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(19 Febbraio 2007)

Alla fine nessun incidente ha turbato la manifestazione di Vicenza nonostante le interessate previsioni della vigilia, gli allarmi strombazzanti del “cacciatore di streghe” Amato (e del suo mentore Rutelli) e il desiderio malcelato (un po’ più presente nelle esternazioni della “sinistra” che in quelle della destra) che succedesse “qualcosa” capace di togliere le castagne dal fuoco al governo della guerra e al suo condottiero (condottiero ovviamente in patria visto che all’estero non prova vergogna nemmeno a farsi imbeccare da uno come Olmert).

La gente scesa in piazza ha compreso la posta in gioco, e così niente fantocci bruciati - che tanto orrore creano nelle coscienze di giornalisti e commentatori sempre ben disposti a chiudere tutte due gli occhi quando a bruciare (sotto ondate di fosforo bianco) sono uomini e donne e bambini in carne e ossa (purché lo si faccia lontano dalle nostre piazze d’arte e per “nobili scopi”!) - ma inevitabilmente scioccati tutte le volte che scoppia un innocuo petardo.

Nessuna bandiera americana è stata bruciata, anche perché a portarle ci stavano quegli stessi pacifisti americani che, sfidando le ire del loro ambasciatore, hanno dimostrato, coi fatti, che il primo nemico di ogni popolo è il proprio stesso imperialismo.
Nessuna monetina è volata, nonostante la provocatoria presenza nel corteo di noti marciatori finto-pacifisti, Giordano, Diliberto, Cento (in spirito perché il corpo se ne stava a Roma sequestrato preventivamente assieme a quello di ministri e sottosegretari) fino a ieri compartecipi e complici di una finanziaria che ha tolto risorse alla sanità e alla scuola per destinarle agli armamenti e all’interventismo bellicista. Invece della tanto attesa (perfino invocata) “violenza artigianale” di qualche “infiltrato terrorista” la cronaca si è dovuta occupare solo della violenza istituzionalizzata di sempre: la lunga, interminabile, lista di morti in Iraq e negli altri scenari dove sono in gioco gli interessi strategici di quell’imperialismo che, a Vicenza, cerca una nuova base e un nuovo trampolino per le sue avventure.

Peccato! Neanche un pomodoro è volato per imbrattare i vestiti dei tanti parlamentari che hanno votato le spese di guerra in nome della “riduzione del danno” (ovviamente il danno alla loro carriera); nessun uovo marcio ha sporcato le loro gioiose facce di bronzo.
Eppure questa volta sarebbero stati capaci perfino di raccattare qualche ceffone pur di potersi trarre d'impaccio ...e invece, niente di niente... Costretti a marciare, poiché a Vicenza c'erano in gioco mezzo milione di voti pacifisti - quel mezzo milione di voti che hanno permesso a Prodi di conquistare il governo - (e quando ci sono di mezzo poltrone e prebende bisogna pur fare qualche sacrificio) ... e ora costretti (senza alibi) a fare i conti con una realtà che avevano tentato prima di esorcizzare e poi di criminalizzare, una realtà che gli chiederà conto e ragione delle loro contraddizioni.
Immagino la loro delusione! Come sarebbe stato tutto più facile se alla manifestazione fossero andati solo poche centinaia di “facinorosi” estremisti, se la popolazione di Vicenza se ne fosse rimasta tappata in casa per paura di una “guerriglia” che, fino all'ultimo, si è cercato di evocare.

E invece, all’indomani della manifestazione, e a due giorni dal dibattito parlamentare che “ricompatterà” la maggioranza sulle scelte di politica estera fin qui seguite (in continuità con le scelte del precedente governo del “filoamericano” Berlusconi), il governo di centrosinistra, e la sua ala più “sinistra”, sono costretti a dover fare i conti con un movimento di massa determinato e cosciente della sua forza.
Possono ignorarlo, sacrificandolo sull'altare degli interessi di una borghesia che vuole ad ogni costo conquistarsi il proprio posto al sole (sotto la protezione delle armi e delle basi Usa), ma ne pagheranno inevitabilmente il prezzo.

Questa è la democrazia, certo! Si chiedono i voti dei precari per governare istituzionalizzando il precariato, si chiedono i voti dei pacifisti per poter aumentare le spese di guerra, si agita lo spauracchio della destra per poter continuare, sotto altre forme, la stessa politica di destra.
Ma qualcuno dei tanti elettori del centrosinistra che ieri hanno manifestato a Vicenza potrebbe cominciare a chiedersi (e qualcuno già lo fa) se in fondo la risposta di un governo di centro-destra sarebbe stata diversa da quella arrogante e “deci-sionista” che Prodi ha dato mentre ancora il corteo sfilava.
Qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi se sia valsa la pena (e se varrà la pena in futuro) averli votati, se, poi, la risposta del governo “amico”, sul terreno della lotta alla guerra (e su quello della precarietà, del reddito, delle pensioni, del lavoro, dei diritti), è così simile a quella del precedente governo nemico.

Ma il dramma (farsesco) della “sinistra” che ha scelto di governare con Prodi sta proprio nell’impossibilità di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata. Non può far cadere il governo pena la totale perdita di credibilità delle sue fantasiose (e obsolete) teorizzazioni, che hanno il fulcro nella illusoria idea che si possa condizionare un esecutivo legato mani e piedi agli interessi imperialisti della borghesia.
Non può continuare a presentarsi ai suoi elettori con le mani piene solo di ...chiacchiere (conferenze, vertici, riunioni) pena la perdita di credibilità e di consensi.

Prodi, per suo conto, ha le idee troppo chiare per lasciarsi “condizionare” dall’ala “folkloristica” della sua coalizione, dai fischi degli operai o dai sondaggi che lo danno inevitabilmente in caduta verticale.
Il suo progetto politico di rilancio sul piano nazionale e internazionale degli interessi generali e complessivi della borghesia italiana (dopo la parentesi Berlusconiana che spesso li aveva sacrificati agli interessi “egoistici” di una singola impresa) non può tenere conto del fatto che una fetta consistente del suo stesso elettorato ne pagherà il prezzo, e nemmeno del fatto che gli stessi partiti che lo sostengono ne pagheranno in perdita di consenso e di voti.
Il suo futuro è al sicuro (un pensionamento dignitoso al vertice di una della tante commissioni di studio pagate coi soldi estorti dalle nostre buste paga), e in fondo, un ritorno della destra – dopo aver strutturalmente trasformato in senso liberista e aver privatizzato tutto quello su cui è possibile mettere le mani – non deve apparire come un incubo al professore bolognese.
C’è l’alternanza, no? Se poi a fare “opposizione”, dentro le ovattate sale di Montecitorio, non ci sanno più neanche gli equilibristi rifondaroli (con il notevole risparmio di bilancio prodotto dalla contestuale uscita di scena delle Ong “di area”) ...tutta salute per il futuro-nato Partito democratico che si libera di un pericoloso concorrente ...e forse anche per noi, e per tutte le energie oggi ingabbiate in un partito il cui unico sbocco e il suicidio politico.

18 febbraio 2007

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