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(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
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Una grande battaglia per la democrazia nel sindacato

Intervista a Giorgio Cremaschi. Rete 28 Aprile, sabato l'assemblea

(18 Aprile 2007)

Sabato 21 aprile si terrà a Milano la prima assemblea pubblica della neonata Rete 28 aprile, la "corrente" che in Cgil si pone all'opposizione. Liberazione ha intervistato il portavoce Giorgio Cremaschi.

Cosa accadrà sabato a Milano?
Riuniremo diverse centinaia di delegati. Abbiamo invitato sia Lavoro e Società, sia la segreteria Cgil. Sicuramente ci sarà l'intervento di Gianni Rinaldini. Un primo appuntamento che ha lo scopo di rimettere in moto il meccanismo totalmente fermo della partecipazione e il protagonismo dei lavoratori nella vita del sindacato.

Quasi un anno di governo Prodi. Quale è il vostro bilancio?
Questo anno di governo Prodi è un annno negativo per il sindacato. Ci sono tre grandi questioni, o deluse o aggirate: legge 30, di cui non si parla più, la legge Moratti, più o meno nella stessa situazione; infine, i migranti su cui c'è uno sforzo in più ma con tempi biblici. Nel frattempo, la condizione concreta dei lavoratori si aggrava. Dall'altra parte, c'è la vicenda dei salari. I lavoratori e i pensionati continuano a pagare, ma il confronto politico e sociale è ancora orientato da una agenda liberista che prevede il taglio alle pensioni, la produttività, la flessibilità del lavoro e le privatizzazioni.

Non hai anche tu la sensazione che tutto sia riconducibile alla presenza di due linee dentro il governo?
Lo spostamento può avvenire solo dalla ripresa in grande stile del conflitto sociale. Che è quello che noi chiediamo di fare al sindacato. Ci troviamo di fronte a una situazione in cui la linea di Padoa-Schioppa prevale nettamente nel governo. Per la seconda volta i dipendenti pubblici sono costretti a dichiarare che sono stati imbrogliati sul testo di un accordo - la volta precedente è stata con il memorandum - ma la reazione non è adeguata. Il nodo centrale è ripristinare un rapporto democratico con i lavoratori. Così come avevano chiesto le assemblee di Mirafiori di dicembre, a cui non è stata ancora data risposta.

Insomma, bisogna sbrigarsi ad uscire dalla concertazione...
La democrazia è un punto centrale perché questo sistema concertativo di questi mesi ha cancellato la pratica democratica. C'è una pratica di vertice continua in cui ci si legittima tra controparti e non si chiede il mandato. Sia nel governo che in Confindustria la spinta liberista è fortissima e quindi si rischia di essere appesi a tavoli che viaggiano sulle nuvole. In alcuni casi le piattaforme non ci sono, come per i pubblici, in altri non vengono sottoposte al voto, così come gli accordi, del resto. Pratiche verticistiche che vengono da lontano e che di fronte all'attacco liberista concertato tra Montezemolo e Padoa-Schioppa, con la benedizione di Bankitalia, diventano un terreno scivoloso per il sindacato in cui la prospettiva è a perdere o a "limitazione del danno". Bisogna ripartire dalle assemblee di Mirafiori.

Sì, ma sempre più il sindacato si comporta come un partito...
E' l'altro rischio. Per questo bisogna accentuare l'indipendenza. La crisi dei partiti rischia di scaricarsi anche sul sindacato confederale, anche sulla Cgil. Siamo di fronte alla nascita del partito democratico e a manovre di riaggregazione a sinistra. Il tentativo di riportare la Cgil o pezzi di essa verso una parte o l'altra c'è. E va respinto con assoluta nettezza. Occore allargare il fossato che c'è tra partiti e sindacati. Il sindacato deve essere un soggetto politico indipendente. Le sue valutazioni devono formarsi sulla base della democrazia trasparente con i lavoratori. Il primo rimprovero che ci fanno i lavoratori è che la Cgil concede a Prodi ciò che non ha concesso a Berlusconi.

Anche il sindacalismo alternativo o l'opposizione in Cgil, però, si comportano come un partito...
Quando poniamo questo problema lo poniamo per tutti, anche a noi. Ogni tanto la "Rete 28 aprile" viene accostata a varie aree della sinistra più intransigente. Abbiamo scelto per noi l'indipendenza non solo perché a costituire la rete ci sono compagni che fanno parte di tutti i partiti della sinsitra, dai Ds a Ferrando, ma perché riteniamo che sia una questione di pratiche. Il nodo è che il sindacato si è aggrappato alla concertazione, alla propria debolezza contrattuale e di consenso cercando coperture istituzionali, che sono qualcosa in più del rapporto normale che si possa avere con un governo, sono la ricerca di legittimazione. Questo deve finire. Siamo disposti anche a lanciare una campagna per una legge sulla demorazia sindacale. Il nodo centrale è il ritorno alla partecipazione. Il sindacato deve formare il suo punto di vista con la democrazia e l'indipendenza, dall'impresa e dalla politica.

Dopo la stagione della concertazione, anche il sindacalismo di base dovrebbe attivare una riflessione...
Non accettiamo discriminazioni verso il sindacalismo di base. Su alcuni temi come la pace e la democrazia manifestiamo assieme. Il problema della democrazia si pone anche per il sindacalismo di base. Siamo perché tutti debbano essere al tavolo, ma questo non basta. Per questo noi puntiamo a una battaglia per la riforma democratica del sindacaslismo confederale e della Cgil. Se questa non c'è tutto il sindacalismo è avviato verso un delclino e verso la difensiva perenne.

17/04/2007

Fabio Sebastiani (Liberazione)

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