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Stefano Gugliotta

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(11 Maggio 2010) Enzo Apicella
Dopo che le tv hanno trasmesso il video di Stefano Gugliotta che viene pestato immotivatamente dalla polizia e poi arrestato per "resistenza a pubblico ufficiale", il capo della polizia Manganelli "dispone una ispezione".

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Trieste: pericolosi attacchini blocccati dall'Arma

comunicato di ATTAC Trieste e Gorizia

(29 Novembre 2002)

Nella notte tra giovedi e venerdi [21-22 novembre- ndr], tre militanti di ATTAC sono stati fermati dai carabinieri in Piazza Goldoni mentre si accingevano ad affiggere alcuni manifesti, firmati da una larga rappresentanza di movimenti, partiti e sindacati, che rimandavano alle manifestazioni previste per oggi a Cosenza e Trieste.

Nonostante fossero tutti provvisti di documenti e non ci fosse stata alcuna resistenza o atteggiamento provocatorio (né infatti è stato contestato nulla a questo proposito da parte dei carabinieri) sono stati bruscamente sottoposti a perquisizione degli effetti personali e tradotti alla caserma dei carabinieri di via dell'istria, con il pretesto dell'estensione del verbale di sequestro, subendo nel frattempo intimidazioni di vario tipo, come il divieto di parlare fra loro.

Giunti alla caserma, l'auto di proprietà di uno di loro è stata sottoposta d'autorità a perquisizione.

Di tutto questo non esiste nessun verbale.

Il fermo, perche' di questo in realta' si tratta, e' durato piu' di tre ore durante il quale i tre subiscono, senza avvocato, un interrogatorio nel quale gli vengono chiesti insistentemente, ad esempio, i nomi degli altri attivisti di attac e del 'mandante' del volantinaggio, con un contorno di intimidazioni e provocazioni da parte di due carabinieri, gia' arrivati precedentemente in piazza Goldoni e non identificatesi, la cui presenza non figura nel verbale di sequestro.

Infine, i tre vengono schedati con foto segnaletiche e rilasciati, avendo firmato un verbale nel quale gli viene imputato l'articolo 663 c.p. senza aver ottenuto spiegazioni su quale fosse l'esatta natura del capo d'accusa.

I movimenti sono da tempo abituati alla dialettica secondo la quale è necessario affiggere alcuni manifestini senza seguire l'iter burocratico, per i tempi d'attesa assolutamente inconciliabili con i tempi degli avvenimenti e l'assoluta mancanza di spazi di affissione pubblici e gratuiti destinati alle attivita' politiche e culturali delle associazioni.

Quanto è avvenuto la notte del 21 novembre oltrepassa il limite della normale azione di vigilanza delle forze dell'ordine e sconfina bruscamente e pericolosamente nell'intimidazione degli attivisti e nella repressione del dissenso in quanto tale, a prescindere dalla natura pacifica e dalle forme nonviolente che esso assume.

Da un punto di vista 'tecnico' e' naturalmente difficile sostenere l'illegalita' della condotta dei carabinieri; si puo' pero' parlare di una irregolarita' diffusa e senza dubbio alcuno di una assoluta sproporzionalita' tra l'illecito amministrativo e le misure persecutorie prese dagli esponenti dell'arma, visto anche l'atteggiamento assolutamente pacifico e calmo dei tre militanti: le perquisizioni, la traduzione in caserma, l'interrogatorio, le intimidazioni, l'articolo 663 c.p. (si tratta nei fatti di illecito amministrativo; e' prassi normale l'articolo 662, gia' declassato ad amministrativo) e la fotosegnalazione con relativa schedatura.

In questo momento in cui il paese e' percorso da una palpabile tensione per la repressione del dissenso in atto nel Sud, viene naturale chiedersi quale scopo o quale razionalita' abbiano comportamenti e iniziative simili da parte delle forze dell'ordine.

Quando viene resuscitato dal codice fascista il fumoso e antidemocratico Reato d'Opinione per colpire i movimenti sociali ed il dissenso, non puo' non apparire intimidatorio e repressivo quanto accaduto la notte del 21 novembre.
Gli avvenimenti percorrono pericolosamente la strada della limitazione dei diritti fondamentali del Cittadino e del controllo poliziesco di ogni forma di espressione di pensiero e dissenso, quasi fossero per natura un pericolo per la collettivita'.

Queste poche righe non hanno lo scopo di creare alcuna tensione, ne' di incendiare un clima che, non per nostra responsabilita', e' gia' troppo caldo.
Siamo piuttosto irremovibili nel dire forte che esistono dei limiti che nessuno puo' permettersi di oltrepassare: la Democrazia si difende apertamente, anche sulla stampa e nelle piazze.
Non importano i nomi, importano i diritti, che sono quelli di tutti.
Oggi dobbiamo gridarli, difenderli ed estenderli.
Lo avevamo visto al sud e oggi proviamo qualche piccolo esperimento sulla nostra pelle.

Ma la Democrazia non e' un laboratorio nel quale sperimentare la Repressione.

ATTAC Trieste e Gorizia
ATTAC Italia

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