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Il male oscuro dei “prenditori” e della libertà di impresa

(13 Febbraio 2010)

Si stanno tenendo oggi nelle Procure di Roma e Milano gli interrogatori dei quattro arrestati nell’inchiesta della procura di Firenze sugli appalti per le grandi opere, che ha coinvolto anche Guido Bertolaso, indagato per corruzione. Il capo della Protezione Civile secondo gli inquirenti avrebbe ottenuto denaro, prostitute e un festino erotico dall’imprenditore romano Diego Anemone in cambio degli appalti per il G8 alla Maddalena.

Un «reticolo di rapporti tra gli indagati - scrive il giudice - in cui il pubblico e il privato sono confusi in un intreccio di interessi che si traduce in condotte altamente dannose per la collettività», non solo da un punto di vista economico, ma anche ambientale, «atteso lo sventramento di un’oasi naturale come l’isola della Maddalena».

Molte pagine dell’ordinanza sono dedicate a Guido Bertolaso, accusato di aver favorito l’imprenditore Diego Anemone - uno dei quattro arrestati, insieme ad Angelo Balducci, direttore del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della presidenza del Consiglio, Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola, funzionari della stessa struttura - nell’assegnazione degli appalti per il G8 della Maddalena.

Nell'elenco che ne fa il gip, sono almeno cinque gli appalti pilotati da Balducci e la sua "combriccola" della Protezione civile: "Lo stadio centrale del tennis del Foro Italico (Mondiali di nuoto Roma 2009); il Nuovo museo dello sport italiano di Tor Vergata (Mondiali di nuoto); il completamento dell'Aeroporto internazionale dell'Umbria Sant'Egidio di Perugia (Celebrazioni 150 anni Unità d'Italia); la realizzazione Palazzo della conferenza e area delegati (G8 Maddalena); la residenza dell'Arsenale (G8 Maddalena)".

Fin qui l’inchiesta rivela una vicenda piuttosto comune dell’intreccio tra “prenditori” (il termine imprenditori diventa infatti un eufemismo) e i loro terminali negli apparati dello stato incaricati di assegnare e controllare gli appalti dei lavori pubblici.

Secondo quanto scrivono i magistrati che hanno avviato l’inchiesta” si tratta di un «sistema di potere forte, collaudato, insidioso» nel quale è stato evidenziato «il coinvolgimento, a vario titolo e in gran parte ancora da definire nei suoi contorni, di personaggi di grossa levatura istituzionale».

Ma la questione diventa decisamente più ignobile ed emblematica quando dalla categoria degli affari si passa a quelle morali. L'11 aprile 2009, a pochi giorni dal sisma che ha devastato L'Aquila, Balducci, in una lunga conversazione con Anemone fa pesare il fatto che si è fatto promotore per l'inserimento delle imprese di Anemone nei lavori post terremoto. Già il 6 aprile, in una conversazione tra gli imprenditori Francesco Maria De Vito Piscicelli, direttore tecnico dell'impresa Opere pubbliche e ambiente Spa di Roma (associata al consorzio Novus di Napoli) e il cognato Gagliardi si capisce che c'è attesa per le mosse di Balducci sugli appalti: "Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno". "Lo so", e ride. "Per carità, poveracci". "Va buò". "Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".

Occorre forse partire da quest’ultima considerazione per sottolineare alcuni aspetti che solo parzialmente potremo trovare negli atti giudiziari e ancora più difficilmente nei commenti politici.

Qualche giorno sul Corriere della Sera (oggi straordinariamente prudente sulla bufera giudiziaria in corso), l’editoriale di Piero Ostellino, esponente di punta del pensiero forte liberale, attaccava frontalmente ogni tentativo – sia esso provenienti da ambiti religiosi che politici – di mettere una briglia “etica” alla libertà d’impresa e di mercato. Citando un poco noto filosofo finlandese (?) della fine del Settecento, Ostellino rivendicava il fatto che la libertà d’impresa rende libera tutta la società e che sarebbe un orrore cercare di limitarne la libertà attraverso dei vincoli, fossero anche di carattere etico.

Dieci mesi fa, l’economista Tito Boeri sulle pagine de La Repubblica, ci spiegava come dentro la logica economica, una catastrofe come il terremoto a L’Aquila diventasse una opportunità per gli affari attraverso il business della ricostruzione in una fase di stagnazione della domanda interna. In quella analisi non c’era il furore ideologico di Ostellino a difesa della libera impresa ma emergeva comunque il cinismo di chi in ogni aspetto della vita sociale – catastrofi e disgrazie incluse – vede le opportunità per gli affari.

E’ con questo mondo e con questo punto di vista della realtà che non possiamo e non dobbiamo fare a meno di incrociare la spada. Non è solo un problema morale, è un problema che attiene ad una intera visione del mondo e dei rapporti sociali. Per quanti sforzi di demonizzazione e rimozione abbiano intrapreso gli Ostellino, i Boeri e gli opinionisti al servizio dei “prenditori”, la visione di un mondo in cui il bene prevalga sul meno peggio, attiene ancora ad una prospettiva di transizione al socialismo come passaggio epocale capace di scardinare un modo di produzione (e di concezione della vita) che impedisca di nuocere agli esponenti di “un sistema di affari” che vedono nei terremoti una opportunità e nella moralità una merce di scambio come le altre.

12 febbraio

Radio Città Aperta

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