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(6 Novembre 2003)
Il quadro del settore metalmeccanico italiano è tutt'altro che roseo, e per il momento non si intravede una via d'uscita.
L'analisi dell'osservatorio Fiom conferma la diagnosi di un'industria in "declino". La crisi italiana è inserita nel contesto di un'Europa altrettanto ferma: secondo l'Fmi, il pil del nostro paese crescerà soltanto dello 0,4% nel 2003, il continente dovrebbe attestarsi sullo 0,5%. A ben altri ritmi marciano la Cina (+7,5%) e gli Usa (+3%), mentre il Giappone rivedrà la luce dopo il buio degli ultimi anni (+2%). Con un'economia che va male, gli imprenditori italiani hanno scelto di recuperare competitività comprimendo notevolmente salari e diritti - vedi la legge Biagi e il contratto separato con Fim e Uilm.
Contro l'arretramento del lavoro e per il rilancio dell'industria, la Fiom ha già avviato il suo autunno di lotte e di precontratti alternativi (già 220 siglati): il prossimo appuntamento nazionale è lo sciopero di 8 ore del 7 novembre, ma già il 31 ottobre sono previsti presidi davanti alle sedi Mediaset e Rai di Roma, Milano, Napoli e Bologna, per chiedere un'informazione più corretta.
Il dato più interessante dell'analisi Fiom, quello che tocca più da vicino la vita quotidiana degli operai, riguarda il rapporto tra i salari e l'aumento dei prezzi: nel settore manifatturiero nel periodo 1997-2003, l'Italia è l'unico paese in cui la crescita dell'inflazione è stata superiore a quella delle retribuzioni.
Davvero una bella botta per i lavoratori, e anche in senso assoluto le paghe italiane del manifatturiero crescono notevolmente meno rispetto al contesto internazionale (previsioni 2003 dell'Fmi: +2,1% Italia; +3,2% media europea; +6,1% Regno Unito, +5,4% Stati Uniti). Aumentano anche le ore di cassa integrazione, passando da 28,5 ogni mille ore lavorate nel primo semestre 2002 a 36,7 di quest'anno.
30 ottobre 2003
Centro di documentazione e lotta - Roma
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