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Egitto: salafiti all'attacco dei sufi

Riemersi dalla clandestinita' dopo la caduta di Mubarak, i militanti delle formazioni islamiche piu' radicali attaccano i mistici musulmani, accusandoli di praticare il "paganesimo"

(14 Aprile 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Egitto: salafiti all'attacco dei sufi

foto: www.nena-news.com

Riemersi dalla clandestinita' dopo la caduta di Mubarak, i militanti delle formazioni islamiche piu' radicali attaccano i mistici musulmani, accusandoli di praticare il "paganesimo" DI MICHELE GIORGIO

Cairo, 14 aprile 2011, Nena News (nella foto dal sito ahram.org.eg il leader salafita Aboud Zomor al momento della scarcerazione il mese scorso) - Aboud Zomor ha deciso: non parlerà più del suo passato ma solo del «futuro dell'Egitto». La storia egiziana lo ricorderà per sempre come uno dei componenti del commando che nel 1981 assassinò il presidente Anwar Sadat, ma lui è convinto di poter dare un contributo «alla crescita del paese». Tra i fondatori del Jihad islami, poi passato alla Gamaa al Islamiyya, discepolo di Ayman Zawahri (il medico egiziano divenuto noto come il braccio destro di Osama bin Laden), l'ex ufficiale della Guardia repubblicana Aboud Zomor è stato scarcerato il mese scorso assieme al cugino Khaled. Entrambi furono arrestati nel 1981 come complici di Khaled Istambuli, il tenente dell'esercito che sparò contro Sadat e che venne ucciso dalla scorta del presidente. Zomor venne condannato a 20 anni di reclusione per aver preparato le armi poi usate nell'attentato ma in carcere è rimasto 10 anni in più a causa delle leggi d'emergenza. La «rivoluzione del 25 gennaio», la caduta di Hosni Mubarak e il passaggio dei poteri ai vertici delle Forze armate lo hanno fatto uscire dalla cella dove è rimasto per 30 anni catapultandolo all'improvviso nell'Egitto post-Mubarak.

«La strada della violenza l'abbiamo abbandonata per sempre, ora è il momento della politica e della partecipazione alla vita dell'Egitto e noi salafiyyoun (salafiti) siamo pronti a rispettare le regole del gioco» ci dice l'ex jihadista accogliendoci nel suo piccolo e povero appartamento alla periferia del Cairo. «In tanti stanno conducendo un'intensa campagna diffamatoria nei nostri confronti - sostiene -. Dicono che vogliamo prendere il potere e imporci con la forza sugli altri ma non è vero, perché rispettiamo tutte le parti politiche e le componenti sociali e religiose dell'Egitto».

A Zomor facciamo notare che l'ingresso nel sistema (si spera) democratico egiziano è una contraddizione con la pratica politica salafita, contraria a qualsiasi «bidaa» (innovazione) rispetto all'originario pensiero islamico dei tempi di Maometto e dei suoi primi successori. «Quando c'è da sconfiggere una dittatura come quella di Mubarak anche la democrazia di stile occidentale può andare bene, almeno in una prima fase. Il nostro modello rimane quello fondato sull'applicazione della sharia e del sistema islamico» spiega Zomor, che lo scorso anno dal carcere si disse pronto a partecipare alle presidenziali egiziane e che nel 2004, per confermare l'abbandono della lotta armata, scrisse un appello per chiedere la liberazione dei due giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot, sequestrati dall'Esercito islamico dell'Iraq.

Ma se Zomor da qualche giorno lancia proclami rassicuranti agli egiziani - dopo le dichiarazioni bellicose fatte subito dopo il suo rilascio - sul terreno le cose non sono così tranquille. Schiacciati dal regime di Mubarak che soffocava allo stesso modo ogni tipo di opposizione - laica, religiosa , di sinistra -, ora i salafiti sono entrati a pieno titolo sulla scena politica e sociale egiziana, sfidando i Fratelli musulmani e altre espressioni moderate della locale galassia islamica, a partire dai sufi (mistici), contro i quali si erano già accaniti negli anni '90 perché «colpevoli di paganesimo» a causa dei loro riti e della costruzione di tombe nelle moschee. Il centro teologico «Ansar al Sunna» e la famosa moschea Amr Ibn al Aas sono i principali punti di ritrovo e di discussione per i salafiti del Cairo, anche se Alessandria rimane la roccaforte di questa rigida corrente del pensiero islamico. Dalla città costiera sarebbero partite le cellule salafite che hanno distrutto cinque tombe di personalità sufi nella cittadina di Qaliub, provocando un'onda di sdegno in tutto l'Egitto e manifestazioni di protesta da parte dei mistici che hanno marciato nel centro di Alessandria - dalla moschea Abul Abbas Morsi fino a quella di Al-Qaed - accompagnati da intellettuali e artisti. Attacchi sono avvenuti anche in altri centri abitati del Delta, tanto da spingere i sufi ad organizzare vere e proprie «unità volontarie di difesa» delle tombe dei «santi».

«I salafiti appoggiati dall'Arabia saudita e dagli imam wahabiti pensano di avere vita facile contro di noi perché siamo pacifici e respingiamo qualsiasi atto di violenza - ci dice lo sceicco Alaa Abdul Azaim, leader della tariqa sufi "Azmiyeh", una delle più antiche e importanti dell'Egitto - ma dalla nostra parte abbiamo la forza dei numeri». I sufi registrati ufficialmente - spiega Abul Azaim - sono oltre cinque milioni ma almeno altri dieci milioni di egiziani ci appoggiamo e approvano il nostro modo di pensare e vivere la religione». Pare che dalla parte dei mistici ci siano anche gli «Ashraf», una delle «famiglie» più grandi del paese (6 milioni di individui). E nell'Egitto dei partiti che spuntano come i funghi, non poteva mancare il «partito dei sufi» che andrà ad aggiungersi a quelli dei salafiti (almeno tre) e a quelli dei cristiani copti, in una pericolosa corsa al settarismo organizzato in forma politica che getta un'ombra sui futuri rapporti tra le diverse componenti della società egiziana. «Ma il nostro sarà un partito aperto a tutti, uomini e donne, musulmani e cristiani, che lavorerà per la pace e la convivenza», afferma Ibrahim Zahran, capo del «braccio politico» dei mistici islamici.

Aboud Zomor dice di «non avere nulla contro i sufi e i cristiani» e smentisce che un ipotetico governo a guida salafita non tutelerebbe le minoranze. «La differenza tra il sistema islamico al quale noi facciamo riferimento e la democrazia occidentale sta nel fatto che quest'ultima impone una sorta di dominio della maggioranza sulle minoranze mentre nell'islam le minoranze non vengono schiacciate ma difese» afferma l'ex jihadista escludendo inoltre che ai cristiani copti verrà imposto il pagamento della «jizya», l'imposta di compensazione chiesta dal Corano ai non-musulmani «protetti». Ma Zomor è anche chiaro su di un punto: «questo - dice - è un paese islamico e un presidente non musulmano oppure una donna-capo dello stato non sono accettabili». Un tema che è al centro del dibattito nei Fratelli Musulmani, la più organizzata delle formazioni islamiche egiziane. Posizioni e programmi che saranno poste davanti agli egiziani a settembre quando si terranno le elezioni parlamentari. Un voto al quale arriveranno frantumati anche gli islamisti e non sono i laici e la sinistra. 5 I MILIONI di sufi registrati ufficialmente in Egitto. Ma sarebbero molti di più - forse addirittura il doppio - gli egiziani che appoggiano il misticismo e le pratiche religiose delle diverse «tariqa», scuole, del sufismo.

questo articolo e' stato pubblicato il 13 aprile 2011 dal quotidiano Il Manifesto

Nena News

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