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(Il nuovo ordine mondiale è guerra)

La corsa al riarmo è generalizzata. E l’Ucraina di Zelensky si offre come un hub mondiale della produzione di morte

(5 Maggio 2024)

La corsa al militarismo

Ci sembra utile fornire alle nostre lettrici e ai nostri lettori la sintesi dell’ultimo rapporto del SIPRI sulla spesa bellica nel mondo, reso pubblico da qualche giorno, i cui dati riguardano il 2023 (in rapporto al 2022). Si potrà verificare (la fonte è tra quelle con una buona credibilità) che mettere in evidenza la tendenza del capitale di ogni latitudine e longitudine al riarmo e alla moltiplicazione delle guerre non è una nostra fissa, è un dato di realtà. Naturalmente non bisogna scambiare l’effetto con la causa: non è la corsa al riarmo a produrre le guerre; è la crisi storica del sistema capitalistico, che oggi si manifesta in campo politico nella crisi definitiva dell’ordine mondiale a dominanza statunitense-occidentale, ma ha determinanti strutturali più profonde. E non riesce a trovare, più o meno meccanicamente, più o meno consapevolmente, altra via d’uscita che lo scontro bellico.

Ogni grande potenza capitalistica fa la guerra alle altre potenze capitalistiche per difendere e allargare la propria quota nella ripartizione del plusvalore mondialmente prodotto mediante conquiste territoriali, sfere di influenza, imposizione di accordi economici favorevoli, distruzione dell’apparato produttivo dei propri concorrenti e riduzione delle loro sfere di influenza, etc. L’esito complessivo, oggettivo, dello scontro bellico, specie quando si tratta di guerre mondiali, è quello della distruzione di quote imponenti di capitale accumulato – ciò che crea le condizioni più favorevoli, sia per le borghesie vincitrici ma anche per quelle sconfitte, per un nuovo ciclo di accumulazione, ripartendo da una composizione organica del capitale inferiore a quella esistente prima dello scontro bellico, con l’apporto della più sofisticata strumentazione tecnologica e organizzativa messa a punto per la guerra. Le guerre inter-capitalistiche comportano, quindi, distruzione di capitale costante, città, infrastrutture, fabbriche; distruzione di capitale variabile, di forza-lavoro (che non è stata mai eccedente come ora nella storia del capitalismo), massacri industriali di militari e civili (nel tempo, massacri crescentemente di popolazioni civili). E soprattutto distruzione dei legami che collegano i proletari al di là delle frontiere nazionali, dei generi, delle “razze” – per distruggere le basi stesse della loro possibile unità rivoluzionaria scagliandoli gli uni/le une contro gli altri/le altre, scavando profondi fossati di odio tra loro come sta avvenendo con la guerra in Ucraina. Mai dimenticare che la guerra inter-imperialista è sempre controrivoluzione in atto.

Questo processo si è già realizzato su scala sempre più estesa nella prima e nella seconda guerra mondiale, due terribili regolamenti di conti tra potenze imperialiste – da cui, però, per la dialettica storica incontenibile controrivoluzione-rivoluzione, è sorto il primo ciclo della rivoluzione proletaria nell’area russa-germanica-nord italica negli anni 1917-1923, e poi un grande ciclo di rivoluzioni anti-coloniali negli anni 1945-1976.

Guardiamo perciò alla corsa al riarmo e ad una nuova, apocalittica guerra mondiale senza fatalismo e sfiducia. Denunciamo con forza questa corsa al riarmo per allertare le forze del nostro campo, il campo degli sfruttati e degli oppressi di tutto il mondo, ad entrare in azione e mettersi di traverso con tutta la forza e l’organizzazione necessaria a questa deriva catastrofica del modo di produzione capitalistico e delle sue istituzioni politiche, per fermarla e rovesciarla contro il sistema sociale che la sta acuendo e accelerando.

Ciò premesso, veniamo ora alle cifre parlanti, fissando di esse gli elementi essenziali.

1. La spesa militare aumenta in tutte le aree del mondo


La spesa militare mondiale è aumentata per il nono anno consecutivo raggiungendo il massimo storico di 2.443 miliardi di dollari, + 6,8% sul 2022. Per la prima volta dal 2009, è aumentata in tutte e cinque le regioni geografiche definite dal SIPRI, con aumenti particolarmente elevati registrati in Europa, Asia, Oceania e Medio Oriente. “L’aumento senza precedenti della spesa militare è una risposta diretta al deterioramento globale della pace e della sicurezza”, ha affermato Nan Tian, ricercatore senior presso il Programma di spesa militare e produzione di armi del SIPRI. “Gli stati stanno dando priorità alla forza militare, ma rischiano una spirale di azione-reazione nel panorama geopolitico e di sicurezza sempre più instabile.”

2) Gli Stati Uniti rimangono i primatisti mondiali in fatto di spesa bellica e il principale finanziatore della NATO, ma i membri europei aumentano la loro quota.

Nel 2023 i 31 membri della NATO hanno speso 1.341 miliardi di dollari, pari al 55% della spesa militare mondiale. La spesa militare degli Stati Uniti, + 2,3%, è a 916 miliardi di dollari nel 2023, pari al 68% della spesa militare totale della NATO. Nel 2023 la maggior parte dei membri europei della NATO ha aumentato le proprie spese militari; la loro quota complessiva sul totale NATO è stata del 28%, la più alta in un decennio. Il restante 4% proveniva dal Canada e dalla Turchia.

Ad un decennio dall’impegno dei paesi NATO a raggiungere l’obiettivo di una spesa militare pari al 2% del rispettivo PIL, 11 su 31 membri della NATO hanno raggiunto o superato questo livello nel 2023. L’altro obiettivo – destinare almeno il 20% della spesa militare alla “spesa per equipaggiamenti” – è stato raggiunto da 28 membri della NATO nel 2023, erano solo 7 nel 2014.

3) Con gli “aiuti militari” NATO, l’Ucraina è arrivata a spendere per la guerra quasi quanto la Russia, e la Polonia corre all’impazzata nella stessa direzione

La spesa militare russa è aumentata nel 2023 del 24%, raggiungendo una stima di 109 miliardi di dollari, con un aumento del 57% rispetto al 2014, anno in cui la Russia ha annesso la Crimea. Nel 2023 la spesa militare russa rappresentava il 16% della spesa pubblica complessiva, il 5,9% del Pil.

Nel 2023 l’Ucraina è balzata all’ottavo posto nel mondo per spesa bellica (+ 51% sul 2022): 64,8 miliardi di dollari, pari al 37% del Pil e al 58% della spesa pubblica.

La spesa militare dell’Ucraina nel 2023 è stata pari al 59% di quella della Russia. Tuttavia, avendo l’Ucraina ricevuto almeno 35 miliardi di dollari in “aiuti militari”, di cui 25,4 dagli Stati Uniti, a lautamente rendere, la sua spesa militare complessiva effettiva è stata pari al 91% di quella russa. Ovvero: come i paesi “donatori” hanno rovinato e schiavizzato un’intera nazione, e soprattutto la sua classe lavoratrice.

La Polonia non vuol essere da meno, ovviamente, siano al potere gli ultras reazionari di Kaczynski o i socialdemocratici di Tusk, dal momento che la sua spesa militare, la quattordicesima più alta al mondo (31,6 miliardi di dollari), è cresciuta di ben il 75% tra il 2022 e il 2023 (di gran lunga il maggiore aumento annuale di qualsiasi paese europeo), arrivando al 4% del Pil.

4) In Asia, al forte incremento della spesa militare della Cina (il secondo paese al mondo per spesa militare) corrisponde l’aumento della spesa dei paesi vicini

La Cina ha stanziato per le spese militari circa 296 miliardi di dollari nel 2023, + 6,0% rispetto al 2022 : è il 29esimo aumento consecutivo anno su anno. La spesa militare cinese rappresenta la metà della spesa totale nella regione dell’Asia e dell’Oceania.

Il Giappone – dove è in corso un processo di revisione costituzionale in senso bellicista – ha stanziato 50,2 miliardi di dollari per il settore militare, +11% rispetto al 2022. Anche la spesa militare di Taiwan è cresciuta dell’11% nel 2023, raggiungendo 16,6 miliardi di dollari.

A sua volta, quella dell’India è stata la quarta maggiore spesa militare a livello globale nel 2023. Con 83,6 miliardi di dollari, la sua spesa militare è salita del 4,2% rispetto al 2022.

5) In Medio Oriente il tasso di crescita delle spese militari è vertiginoso.

La guerra genocida di Israele a Gaza e le tensioni in Medio Oriente alimentano il maggior aumento di spesa degli ultimi dieci anni. La spesa militare stimata in Medio Oriente a 200 miliardi di dollari nel 2023 (+ 9,0%), il maggiore tasso di crescita annuale negli ultimi dieci anni.

La spesa militare israeliana, la seconda maggiore del Medio Oriente dopo l’Arabia Saudita, è esplosa a 27,5 miliardi di dollari (+24% rispetto al 2022), incremento legato principalmente all’attacco sterminista contro la popolazione di Gaza. Nella regione l’Iran si colloca al quarto posto per spesa militare nel 2023 con 10,3 miliardi di dollari, con una crescita della quota della spesa militare destinata al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica dal 27% al 37% tra il 2019 e il 2023.

6) Il record mondiale dell’aumento percentuale della spesa militare nel 2023 è stato registrato, disgraziatamente, nella Repubblica Democratica del Congo (+105%) dove, con il concorso determinante delle grandi potenze occidentali che si contendono il coltan ed altre preziose ricchezze minerali di questo paese martirizzato dal colonialismo, è in corso un conflitto di lunga durata tra il governo e gruppi armati non statali. Al secondo posto in questa classifica della sventura si colloca il Sud Sudan che ha registrato il secondo aumento percentuale maggiore nel continente (+78%), anche in conseguenza della guerra civile sudanese. A stretto giro c’è la crescita esponenziale della spesa militare dell’Algeria, +76% sul 2022, arrivata a 18,3 miliardi di dollari.

7) Anche l’America centrale e meridionale non sfugge alla tendenza generale.

Infatti, nel 2023 la spesa militare del Brasile è salita del 3,1% a 22,9 miliardi di dollari, e in ottemperanza alle direttive NATO, il Congresso brasiliano ha approvato un emendamento costituzionale al Senato che mira ad aumentare la spesa militare a un minimo annuo del 2% del Pil (rispetto all’1,1% nel 2023).

La spesa militare in America Centrale e nei Caraibi è ufficialmente motivata dall’azione degli stati contro la criminalità organizzata – ma registriamo in tutta questa regione, mentre la criminalità organizzata cresce comunque dal momento che non se ne recidono le radici, la generale intensificazione della violenza di stato contro i movimenti di lotta degli sfruttati. Nel 2023 la spesa militare vi è stata superiore del 54% rispetto al 2014.

In Messico, la spesa militare ha raggiunto gli 11,8 miliardi di dollari nel 2023, con un aumento del 55% rispetto al 2014. Gli stanziamenti per la Guardia Nacional (Guardia Nazionale) contro la criminalità, sono passati dallo 0,7% della spesa militare totale del Messico nel 2019, quando la forza è stata creata, all’11% nel 2023.

L’Hub ucraino dell’industria della morte


In questo contesto internazionale l’Ucraina si sta agitando per ottenere un posto di prima fila come Hub mondiale, o almeno europeo, della produzione bellica. Per il futuro si prevede che la produzione di equipaggiamento militare diventerà un settore chiave, se non il principale, dell’economia ucraina. L’avere a disposizione una forza-lavoro qualificata a basso costo, che la guerra ha fatto ulteriormente precipitare, è un grosso vantaggio. Le notizie che a riguardo fornisce German Foreign Policy, una fonte di orientamento filo-russo ma comunque attendibile, sono di grande interesse.

Protagonisti indiscussi sono finora i gruppi tedeschi degli armamenti, che producono sempre più sistemi d’arma in Ucraina, ambito nel quale stanno conquistando una posizione di leadership a livello internazionale. Lo scorso 18 aprile, Quantum Systems, produttore di droni di Monaco, ha inaugurato in Ucraina uno stabilimento per la produzione di droni da ricognizione (ne sfornerà 1.000 l’anno, a pieno regime), presente il ministro dell’Economia Robert Habeck. In precedenza aveva aperto un sito di produzione in Ucraina anche Rheinmetall, maggior gruppo tedesco degli armamenti, che nell’ottobre scorso ha fondato con Ukroboronprom/Ukrainian Defense Industries (UDI) la joint venture Rheinmetall Ukraine Defense Industry LLC, presente il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Si prevede la costruzione di quattro stabilimenti. Il 51% è di Rheinmetall, il 49% di UDI. Inizialmente la joint venture riparerà veicoli blindati direttamente in Ucraina, per evitare il trasporto lungo e costoso ad officine di paesi vicini, la Polonia o la Slovacchia. Poi, da fine estate 2024, verrà assemblato il corazzato da trasporto truppe Fuchs, le cui componenti sono prodotte in Germania. Nell’estate del 2025 è previsto l’assemblaggio del veicolo da combattimento per la fanteria Lynx. A lungo termine dovrebbero essere fabbricati in Ucraina, con componenti prodotte in Germania, il carro armato Panther (400 l’anno) anche per l’esportazione, e centinaia di migliaia di proiettili di artiglieria calibro 155 l’anno. Seguono nell’elenco KMW, produttore di carri armati, e la sua joint venture franco-tedesca KNDS in cui è impegnato il produttore di carri armati Krauss-Maffei Wegmann con il francese Nexter, e la filiale tedesca di MBDA, armi teleguidate, che progetta la produzione di sistemi di difesa con droni assieme al gruppo statale ucraino Ukroboronprom e alle Industrie della Difesa ucraine (UDI).

Il progetto di Zelensky è di trasformare l’Ucraina in uno dei più importanti centri di produzione di armi al mondo, sia per ovviare agli attuali enormi problemi di approvvigionamento (la NATO prevede una lunga guerra contro la Russia), sia in previsione della diminuzione delle forniture di armi da parte delle potenze occidentali. Per attirare i produttori di armi occidentali a investire in Ucraina, il 23 settembre 2023 Kiev ha lanciato ufficialmente un’“alleanza per gli armamenti”. A questa alleanza, in cui i gruppi tedeschi hanno – come già detto – un ruolo centrale, ha aderito un centinaio di imprese di 20 diversi paesi, inclusi ovviamente gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Italia con Leonardo, la Francia (il gruppo Thales), la Turchia con il produttore di droni Bayrakar (che dovrebbe terminare la costruzione di una nuova fabbrica entro il febbraio 2025 con 500 addetti e una produzione di circa 120 droni l’anno, modelli Bayraktar TB2, già collaudati, oppure TB3, di nuova concezione), la Svezia (con la Saab), la Repubblica Ceca, l’Australia, etc. Altre imprese occidentali si limitano per ora a effettuare riparazioni e manutenzioni, più avanti procederanno alla produzione.

Del resto, l’industria degli armamenti ucraina, un tempo forte ma andata a rotoli negli ultimi tre decenni come buona parte del sistema industriale nel suo complesso, è già cresciuta fortemente dall’inizio della guerra. Oggi sono circa 500 le aziende ucraine che producono apparecchiature per la difesa; di queste, circa 100 sono statali (dati del ministro per le Industria strategiche Oleksandr Kamyshin). La maggiore impresa è la conglomerata Ukroboronprom, dal marzo 2023 denominata Industrie della difesa ucraina (UDI), che raccoglie circa 130 aziende con centinaia di migliaia di addetti. Ma, benché abbia massicciamente ampliato la propria produzione, il settore deve ancora fare i conti con vari problemi. Dati i continui attacchi russi con droni e missili, alcune imprese sono state costrette a spostare ogni tre mesi la loro produzione in nuove sedi. Ci sono poi le interruzioni di corrente, ora più frequenti per i recenti attacchi russi alle strutture energetiche. Infine, c’è una carenza di manodopera, perché centinaia di migliaia di ucraini sono stati costretti a combattere (e morire) al fronte, mentre altri milioni sono fuggiti all’estero, spesso in modo permanente.

Altri ostacoli alla crescita sostenuta della produzione di armamenti sono l’eccessiva burocrazia, i conflitti tra i ministeri responsabili dell’assegnazione dei contratti, le difficoltà ad importare quantità sufficienti delle materie prime occorrenti, problemi nella concessione di licenze, che riguardano in particolare la produzione locale delle munizioni d’artiglieria calibro 155 mm, di cui c’è urgente bisogno.

Tuttavia il problema maggiore è la mancanza di fondi. Il ministro Kamyshin afferma che l’industria ucraina degli armamenti difesa è in grado di produrre per un valore di 18-20 miliardi di dollari all’anno, dei quali il governo può finanziarne al massimo un terzo. La soluzione proposta da vari produttori è l’esportazione della produzione in eccesso, proposta che il governo ufficialmente non ha accolto – sarebbe molto imbarazzante, dal momento che attribuisce le sue sconfitte sul campo a carenza di rifornimenti di armi. Senonché proprio la scorsa settimana, la Danimarca ha comunicato che darà a Kiev 28,5 milioni di $ per acquistare armi prodotte in Ucraina…

Sicuramente in questa ricognizione ci sfugge qualcosa. Ma già questi elementi sono sufficienti per complimentarsi con la banda Zelensky e i suoi protettori della NATO: per l’Ucraina un futuro di pace e di prosperità è assicurato.

Combat-Coc e Il Pungolo rosso

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