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Tunisia: democrazia islamica alla prova

Nell'attesa dei risultati ufficiali del voto di domenica, Ennahdha si conferma primo con il 40% delle preferenze. Dal partito islamista si annuncia una possibile coalizione con i laici di Ettakatol e il Pcr.

(26 Ottobre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Tunisia: democrazia islamica alla prova

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 25 ottobre 2011, Nena News - Ennahdha avrebbe ottenuto il 40% dei 217 seggi dell’Assemblea Costituente tunisina. Questo è quanto proclamano fonti del partito islamista, una previsione che sta trovando conferme man mano che gli scrutini vanno avanti. “I primi risultati confermati -ha dichiarato Abdelhamid Jlassi, responsabile della campagna elettorale di Ennahdha- mostrano che il partito ha ottenuto la maggioranza a livello nazionale e anche nelle circoscrizioni estere”. E se la comunità internazionale teme un governo islamico nel paese che ha dato il via alla “primavera araba”, le dichiarazioni di un portavoce di Ennahdha, Ali Larayd, di voler formare una coalizione con i laici di Ettakatol e del Partito del Congresso per la Repubblica (rispettivamente secondi e terzi secondo i primi risultati) dovrebbe far dormire sonni più tranquilli a tutti.

Ma se i risultati non sono ancora arrivati, i vari partiti hanno già rilasciato delle dichiarazioni che prendono atto della vittoria del partito di Rashid Ghannouchi. Dichiarazioni che suonano come una volontà di controllare strettamente il futuro operato islamista. “Ennahdha avrà sicuramente la maggioranza –ha affermato il vice-segretario di Ettakatol Khalil Zaouia- ma ci sono altre due entità democratiche, Ettakol e il PCR che, sebbene deboli all’inizio, si trovano ora nella posizione di poter contribuire alla vita politica e di accompagnare una modernità razionale in questo paese arabo-musulmano”. Quanto al Partito democratico progressisita, storica formazione tunisina laica di centro-sinistra e principale alternativa a Ennahdha, ha dovuto accettare la sonora sconfitta, nonostante le previsioni lo dessero al secondo posto. “La tendenza è chiara – ha dichiarato la segretaria del partito Maya J’ribi –e il Pdp è mal piazzato. Ma è la decisione del popolo tunisino”. Il Pdp non lascerà, ma andrà all’opposizione: “Saremo qui, a difendere una Tunisia moderna, prospera e moderata” ha aggiunto la J’ribi. Ed Ennahdha rassicura : “La priorità adesso è la stabilità della Tunisia” ha dichiarato Jlassi. “La porta è aperta per chiunque condivida i nostri obiettivi, che sono quelli di migliorare le condizioni di vita e costruire istituzioni democratiche. Siamo aperti a qualunque forza politica, senza eccezioni” ha aggiunto.

Sono molte le analisi che da qualche giorno si fanno largo nella stampa mondiale sui possibili risvolti di una vittoria islamista nel primo paese arabo a essersi liberato di un dittatore. La maggior parte reputa “inevitabile” il fatto di dover accettare questo risultato elettivo, perché frutto del meccanismo di democrazia. Ma molti temono per la realizzazione di una vera democrazia islamica, che tenga conto della volontà popolare e non apporti modifiche di stampo religioso alle istituzioni tunisine. Questo è l’importante. Per tutta la recente storia dei paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, Islam ha sempre significato arretratezza e “terrorismo”. I vertici del mondo hanno sempre favorito, e in molti casi aiutato, regimi militari e laici a durata indefinita nei paesi arabi. E che importa se i presidenti di Algeria, Tunisia, Egitto, Yemen, Siria, Bahrein vincessero le elezioni con dei clamorosi 99,5% di preferenze? Che importa se durante le campagne elettorali sui muri di Damasco campeggiassero solo i manifesti di Bashar el-Assad e non ci fosse traccia di alcun oppositore? Ma questa era la democrazia nei paesi arabi agli occhi della comunità internazionale. Ora la Tunisia ha la possibilità di dimostrare che la volontà e la partecipazione popolare possono favorire il compromesso. E un vero cambiamento. Nena News

Nena News

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