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SCHEDA TECNICA sulla NUOVA DIRETTIVA U.E. 2023/970, SULLE PARITA’ DI RETRIBUZIONE TRA LAVORATORI E LAVORATRICI, A PARITA’ DI MANSIONI E FUNZIONI

Effetti sulla caduta del “divieto di informazione” e sul divieto del c.d. “segreto salariale” (l'Italia ha tempo fino al 7 giugno 2026, per legislazione di recepimento) e procedure da seguire

(24 Agosto 2023)

comunicatousi

Un altro tassello dell’Unione Europea U.E., sull’intervento finalizzato a contrastare una disparità di trattamento, relativa alle DIFFERENZE DI RETRIBUZIONE TRA LAVORATORI E LAVORATRICI, A PARITA’ DI MANSIONI E FUNZIONI SVOLTE, sui posti di lavoro. La Direttiva U.E. 2023/970, approvata a maggio di quest’anno e già pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ad agosto, che ha necessità di essere recepita dagli stati membri (L’Italia ha tempo fino al 7 giugno 2026) con atto legislativo di recepimento, ha proprio la finalità di ridurre se non eliminare, il trattamento salariale e retributivo diversificato esistente tra dipendenti maschi e femmine. In media, secondo gli studi della U.E., vi è in Europa una differenza di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici, a tutto svantaggio di queste ultime, pari al 13% in meno, (con punte fino al 30%). Dopo la recente Direttiva di contrasto alle molestie e violenze sulle donne, che ha riflessi nella società e nel vivere civile nelle relazioni tra maschi e femmine, con riflessi anche sui posti di lavoro, anche questa in attesa di essere recepita dal Parlamento Italiano e avallata dal governo attuale, l’Unione Europea interviene con altro provvedimento in materia di PARI OPPORTUNITA’ E CONTRASTO ALLE DISPARITA’ DI TRATTAMENTO (già prevista dal documento fondamentale del TRATTATO DI ROMA), eliminando il divieto del c.d. “segreto salariale” e ottenendo un altro tipo di “diritto di informazione”, per sapere che retribuzione hanno colleghi (ma anche colleghe), dipendenti della stessa impresa, amministrazione pubblica, azienda privata o cooperativa, che svolgono le MEDESIME MANSIONI E FUNZIONI (o mansioni e funzioni analoghe) della persona oggetto di disparità salariale e retributiva.

A chi si applicano gli effetti della Direttiva U.E.:
a tutti i DATORI DI LAVORO pubblici e del settore privato, quindi a favore del personale dipendente (rapporto di lavoro subordinato) del settore pubblico e del settore privato, nonché alle persone che hanno comunque un rapporto di lavoro costituito secondo le varie tipologie contrattuali codificate e previste dai rispettivi ordinamenti dei paesi membri (ndr, sia di fonte legislativa che pattizia, cioè disciplinata dai CCNL di categoria, contratti locali-territoriali o contratti individuali di lavoro), come definisce la Direttiva all’articolo 2.

FINALITA’ DEL PROVVEDIMENTO DELLA U.E.: superare definitivamente quello che con la classica terminologia anglofona è chiamato “gender pay gap”, cioè la disparità di trattamento nelle retribuzioni con discriminazione di genere, a svantaggio delle donne che lavorano, ancora esistente in Europa.

CHE COSA PREVEDE LA DIRETTIVA U.E. 2023/970, come “diritto di informazione” e come “divieto del segreto salariale”: sia lavoratrici e lavoratori che “loro rappresentanti” (ndr, definizione che non coincide esclusivamente con i sindacati locali, loro rappresentanze interne, strutture nazionali e le confederazioni sindacali, ma anche altre forme associative purchè legalmente costituite e operanti sul posto di lavoro, aventi la finalità di tutela e difesa interessi collettivi “diffusi” e quidi pubblici delle lavoratrici e dei lavoratori, oppure dove nominate le CONSIGLIERE DI PARITA’, già previste in Italia anche nelle pubbliche amministrazioni e aziende pubbliche dall’art. 21 della Legge 183/2010 e nei principali CCNL di categoria, anche nel settore privato, applicando altre direttive U.E.), hanno il diritto di “…ricevere informazioni chiare ed esaurienti sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere”. Sono inoltre vietate e quindi prive di effetti giuridici, legali o contrattuali, tutte le clausole contrattuali (ndr specie nei contratti individuali di lavoro o in quelli locali-territoriali, che possano contenere disposizioni in deroga ai CCNL o alle leggi sul lavoro), che possano impedire alle lavoratrici e ai lavoratori, di poter “…divulgare informazioni sulla loro retribuzione o di chiedere informazioni in merito ad essa o alla retribuzione di altre categorie di lavoratori…”, ovviamente con particolare riferimento alle concrete mansioni, funzioni e attività svolte a parità con chi afferma di subire la disparità di trattamento, che quindi uno strumento in più rispetto al passato, per far valere le proprie ragioni. Infatti, la Direttiva U.E. oltre al divieto del c.d. “segreto salariale”, spesso utilizzando in modo inopportuno e improprio, da parte dei datori di lavoro pubblici e privati il concetto di riservatezza e di privacy su questa materia come causa giustificatrice di diniego, prevede ora un vero e proprio “diritto all’informazione”. E’ quindi garantito e riconosciuto a lavoratrici e lavoratori e “loro rappresentanti” di “…richiedere e ricevere in forma scritta, informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore…”.

La PROCEDURA PREVEDE che La risposta da parte del datore di lavoro deve arrivare entro e non oltre due mesi dalla data in cui è stata presentata la richiesta.
Nel caso in cui le informazioni ricevute siano lacunose, imprecise o incomplete, i lavoratori e le lavoratrici, hanno altresì riconosciuto “…il diritto di richiedere, personalmente o tramite i loro rappresentanti, chiarimenti e dettagli ulteriori e ragionevoli riguardo ai dati forniti, pretendendo di ricevere una risposta motivata…”. Inoltre, la Direttiva U.E. elimina il divieto e “segreto salariale” anche in termini di DIVULGAZIONE A TERZI, non può più essere impedito di rendere nota la propria retribuzione nell’attuazione del principio della parità di retribuzione.

UNA NOVITA’ DELLA DIRETTIVA U.E.; la possibilità di ottenere il risarcimento in caso di danno procurato da disparità di trattamento salariale e retributivo.
La direttiva 2023/970, stabilisce anche che i lavoratori e le lavoratrici, che hanno subito una discriminazione retributiva e salariale, basata sul “genere”, abbiano la possibilità di ottenere un risarcimento di tale danno, che comprenda “…il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora…”. L’ONERE DELLA PROVA in caso di contenzioso in sede giudiziaria (ndr, PROMUOVENDO QUINDI UNA CAUSA CIVILE-DI LAVORO) SPETTA AL DATORE DI LAVORO, non alla lavoratrice, quidi è la controparte datoriale a dover dimostrare di non aver violato le norme europee in materia di “gender pay gap”, di trasparenza retributiva e salariale, innovando come già previsto per le DIRETTIVE U.E. di ratifica in Italia di altre disposizioni, di divieto di atti discriminatori o di convincimenti e opinioni personali (ndr, Decreti Legislativi 215/2003 e 216/2003, che hanno modificato in senso estensivo, l’articolo 15 lettera b, della Legge 300 1970 e la stessa Convenzione OIL numero 87, ratificata in Italia dalla legge 367/1958) rispetto alle regole di proceduracivile-rito del lavoro, dove di solito l’onere della prova incombe a carico del ricorrente, lavoratrice o lavoratore. Vi è anche la possibilità, prima di arrivare alla controversia in sede giudiziaria, di attivare le procedure interne per una composizione bonaria e di natura amichevole, utilizzando le rappresentanze sindacali o le consigliere di parità ove esistenti e nominate (per l’Italia, all’interno delle rappresentanze sindacali, Rsa o Rsu, costituite e operanti, dei sindacati comparativamente rappresentativi a livello di negoziazione aziendale…) o come insegna l’esperienza maturata sul campo, con esposti-segnalazioni, possibilmente documentate, alle competenti Direzioni Territoriali del Lavoro (DTL, servizio politiche del lavoro), presso le strutture dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro ITL, presente sul territorio dove si svolge il rapporto di lavoro e la situazione di disparità salariale e retributiva “incriminata”.

UNO STRUMENTO IN PIU’, CHE VA USATO CON RAZIONALE E DOCUMENTATA ATTIVITA’ DI TUTELA, A RIPARAZIONE DI UNO DEI FENOMENI FREQUENTI SUI POSTI DI LAVORO e finora non di facile riconoscimento a causa di un sistema di omertà e copertura di tali distorsioni lavorative, anche in termini di occasioni perse di crescita salariale e di carriera, a danno delle lavoratrici e dei lavoratori, che si aggiunge a quelle connesse alla serenità e integrità psico fisica e morale, riconosciuta in Italia fin dal 1942 con l’articolo 2087 del codice civile, nonché con le evoluzioni normative e giurisprudenziali sulla risarcibilità in sede civilistica-del lavoro del c.d. “danno biologico” e del “danno esistenziale”, aspetti collegati alla salute e sicurezza sul-del lavoro, specie per gli effetti economicamente rilevanti dello “stress lavoro correlato” (art. 28 D. Lgs. 81 2008) e delle omissioni o sottovalutazioni operate dai datori di lavoro e dalle figure da lui nominate(Rspp, medico competente del lavoro) in materia.

A cura di Unione Sindacale Italiana fondata nel 1912 e ricostituita in sigla Usi 1912 – esecutivo nazionale commissione organizzazion

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