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"Incidenti"

(6 Novembre 2010) Enzo Apicella
Esplode la Eureco di Paderno Dugnano: sette operai feriti, quattro rischiano la vita. In Puglia tre morti sul lavoro nell'ultima settimana

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(18 Gennaio 2024)

Un Convegno a Vignola il 20 gennaio 2024

Giulio Maccacaro

Giulio A. Maccacaro

1) Perché un convegno di questo tipo a Vignola?
Perché è in questo territorio che si trova una delle zone a maggiore intensità
lavorativa della lavorazione delle carni suine e bovine. Non è un caso che a
poca distanza da Vignola ci sia Castelnuovo, il cui simbolo di ricchezza
è rappresentato da un maiale esposto nella piazza principale. In questo territorio, grazie alla manodopera proveniente prevalentemente da percorsi di immigrazione, si svolgono le lavorazioni più sofisticate per la messa in commercio dei prosciutti e di tutti i tagli pregiati che costituiscono una parte significativa dell’esportazione della provincia.
Le imprese dell’industria di trasformazione alimentare modenese (diverse tipologie, non solo lavorazione del maiale) comprendono circa 1.500 unità, impiegano 11.500 addetti e hanno un volume di affari annuo stimato in circa 3,9 miliardi di euro1.

2) Incidenza sulle condizioni di lavoro e su infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro.2
L’andamento infortunistico e tecnopatico dell’industria alimentare italiana nel 2021, un settore leader in Europa per numero di imprese operanti e al terzo posto, dopo Germania e Francia, per fatturato, rappresenta una componente rilevante all’interno del tessuto manifatturiero nazionale con oltre il 12% del totale degli occupati.
Le attività più colpite per numero di morti, incidenti invalidanti e malattie professionali, sono quelle della lavorazione delle carni (3.249 casi denunciati), della produzione di prodotti da forno (2.749) e dell’industria lattiero-casearia (2.121), che insieme raccolgono il 73% degli infortuni e 19 decessi.
Nel quinquennio 2017-2021 le denunce di patologie lavoro-correlate in questo settore sono aumentate dalle 1.360 del 2017 alle 1.533 del 2021, con un incremento del 12,7% che è in controtendenza rispetto alla diminuzione dell’1,0% registrata nel complesso della gestione Industria e servizi.

La percentuale dei lavoratori stranieri che hanno contratto malattie professionali nel settore alimentare è pari al 21,9% del totale, significativamente più alta rispetto al 7,5% rilevato nel complesso della gestione Industria e servizi. Tra le patologie riscontrate, quasi il 73% sono malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, in particolare dorsopatie e disturbi dei tessuti molli, seguite dalle patologie del sistema nervoso (20,9%), dalle malattie dell’orecchio (2,6%) e dalle malattie del
sistema respiratorio (2,2%).
Si tratta notoriamente di dati sottostimati rispetto alla realtà che rappresentano solo le punte dell’iceberg di eventi complessivi che ormai anche agenzie istituzionali europee (vedi esplicitamente Anses, Francia) definiscono “sotto-segnalati e sotto-riconosciuti” responsabile, in primis, del sottoriconoscimento, in Italia, è l’Inail; le responsabilità dell’attuale grave situazione sono da addebitare a un complesso sistema che prima bypassa la prevenzione e poi, spesso, verificatasi la patologia, spaccia per “malattia comune” (col colpevole assenso dell’Inps) quello che è invece malattia professionale o, quantomeno, malattia correlata al lavoro.

3) Cosa fanno gli organismi che si occupano di sicurezza sul lavoro?
Si registrano diverse criticità nell’operato – o nel mancato operare - degli organismi che dovrebbero sovrintendere la sicurezza sul lavoro. Nell’incontro intendiamo mettere in luce le diverse mancanze e difficoltà percepite da chi lavora nel trovare aiuto per svolgere il lavoro di prevenzione. Pochi sono gli RLS, spesso è difficile ottenere la formazione necessaria a far applicare le leggi volte alla prevenzione
e ancora più difficile trovare figure nell’ambito medico o politico che si interessino di questi problemi.
Tutto viene lasciato ai padroni delle industrie interessati al profitto e non alla salvaguardia della salute dei lavoratori e delle lavoratrici, i quali sono spesso visti come componenti intercambiabili della produzione.

4) Cosa fare per invertire la tendenza? L’importanza del protagonismo operaio e la costruzione della consapevolezza attraverso l’individuazione/attivazione dei “gruppi operai omogenei”.
Partendo dall’idea che la vera prevenzione si possa attuare solamente a partire dalle soggettività operaie, ci ispiriamo alle metodologie perfezionate grazie alle lotte del movimento operaio e alle sistematizzazioni di tali pratiche elaborate, tra gli altri e le altre, anche da Giulio Maccacaro e Medicina Democratica.
“La borghesia, naturalmente, ha poi utilizzato e continua più che mai a utilizzare la scienza come strumento della sua conservazione; così fa ogni potere che tende a conservare se stesso. Ora, se questa è l’operazione che ha fatto la borghesia, questa è l’operazione che dovrà fare il proletariato e cioè a sua volta il proletariato dovrà fondare una nuova scienza per abbattere il potere borghese”.
(Giulio A. Maccacaro, in “L’uso di classe della medicina”, Modena, 25 febbraio 1972)
Per tali fini, e attraverso la realizzazione di un corretto rapporto fra gruppo operaio omogeneo e tecnici, si sono elaborati: un modello di analisi del rischio e del danno da lavoro e un modello operativo legato all’esperienza operaia, procedendo poi alla sua elaborazione scientifica come condizione di socializzazione; si è ripresa una modalità con percorsi e procedure, in sostanza una sequenza capace di dare efficacia alla partecipazione e verificare i risultati nel tempo, da parte dei
diretti interessati.
Teniamo presenti i presupposti di due secoli fa, purtroppo ancora attuali:
“Il Capitale non ha riguardi per la salute e la vita dell’operaio, quando non ne sia costretto a tali riguardi dalla società”. (K. Marx – Il Capitale, 1867)
“Essi solo (gli operai delle città e delle campagne), e non dei salvatori provvidenziali, possono applicare energici rimedi alle miserie sociali di cui soffrono”. (K. Marx, La Revue Socialiste, 1880)
La metodologia che abbiamo ripreso è quella elaborata, in diversi tempi e modalità, dal movimento operaio che ha posto in essere nuove e originali forme di auto-organizzazione e pratiche di auto-tutela come3:
a) l’espressione e l’affermazione - con la lotta - della soggettività operaia da parte del gruppo operaio omogeneo;
b) l’affermazione del principio della “non delega”;
c) il rifiuto di ogni forma di monetizzazione della nocività e del rischio e la lotta per la loro eliminazione;
d) il primato del giudizio soggettivo del gruppo operaio omogeneo sulle proprie condizioni di lavoro (affermazione del rischio zero) e negazione della validità scientifica dei valori di esposizione MAC (Maximum Allowable Concentration) e TLV (Tehreshold Limit Value) stabiliti dagli igienisti per gli ambienti di lavoro;
e) l’auto-inchiesta come strumento di studio e ricerca, di iniziativa politico-sindacale per l’individuazione di fattori di rischio e nocività dell’ambiente, laddove i tecnici assumono un ruolo ben diverso rispetto al passato (da soggetti che predeterminano i parametri di riferimento a soggetti esperti che sono chiamati dal “gruppo operaio omogeneo”, le cui conoscenze specialistiche vengono messe in discussione e devono comunque trovare una validazione da parte degli interessati);
f) la “validazione consensuale” dei dati tecnici e scientifici (ambientali, sanitari e socio - culturali) espressa soggettivamente da parte dei gruppi operai omogenei;
g) l’auto-organizzazione operaia fondata sui comitati di base di fabbrica (Cobas di F.) articolati per gruppi operai omogenei, in cui tutti i componenti sono elettori ed eleggibili su scheda bianca come delegati/e che, a loro volta, sono revocabili in qualsiasi momento dal 50% più uno da parte dei membri del gruppo omogeneo interessato;
h) l’assemblea di “gruppo omogeneo” di reparto (costituita da uno o più gruppi) e di fabbrica, come organo sovrano e decisionale delle volontà delle lavoratrici e dei lavoratori di una data realtà;
i) l’egualitarismo inteso sia come valore etico che come obiettivo da perseguire per realizzare una politica dinamica - non solo salariale e normativa - tesa a liberare il lavoro dallo sfruttamento e dall’alienazione. Egualitarismo che deve includere inevitabilmente la parità di genere, che va considerata anche alla luce dell’osservazione dei dati relativi al salario legato alla presenza.
Queste sono le premesse attraverso le quali il SICobas di Modena e la Rete Nazionale Lavoro Sicuro sono intervenuti, costruendo un’inchiesta operaia e dando vita all’esperienza dei gruppi operai omogenei. Quindi, non appiattimento verso il basso, come rozzamente sostenuto prima dal padronato e, poi, anche dai sindacati confederali.

5) Risultati dell’inchiesta operaia e testimonianze: le leggi non sono rispettate.
Il momento cardine del convegno sarà la presentazione dell’inchiesta operaia svolta all’interno di due
stabilimenti di lavorazione delle carni, a partire dalla testimonianza diretta delle lavoratrici e dei lavoratori che ci permettono di capire come, nel comprensorio, tra le altre criticità rilevate, i ritmi e i carichi di lavoro siano al di sopra dei limiti della sopportabilità umana.

Riportiamo qui solamente alcuni estratti per dare un’idea della gravità della situazione: Domanda: gestisce il committente o il fornitore?
“E. Succintamente riassumo le problematiche di lavoro così come sono vissute e raccontate dai lavoratori. Viene subito descritta la tensione tra l’azienda Committente e il fornitore di mano d’opera.
Prevale quasi sempre il punto di vista del Committente che impone il numero di maestranze da impiegare.
Di norma, con l’affidamento ad altra azienda (appaltante), il Committente affida la realizzazione degli obbiettivi di produzione e tutta l’organizzazione e gestione degli impianti e della mano d’opera compete a questi. Dovrebbe quindi, essere questa una prerogativa a carico della ditta che ha preso in consegna l’attività. Però questo funzionalità operativa è di fatto disattesa.
È a partire da questo che si sviluppa un contrasto di orientamenti. Le tensioni esplodono sul numero
di lavoratori da impiegare per il carico delle linee.
È una questione questa storicamente datata e ciclicamente si ripropone il tentativo da parte del Committente di ridurre il numero dei lavoratori addetti alle linee di carico.
Il lavoro si sviluppa su sette linee ed alcune di queste sono state rinnovate. A partire da questa ristrutturazione parziale, viene tratta la conclusione che in effetti occorra minore controllo, minor verifica e minore manutenzione della linee e quindi: perché non impiegare meno personale?
Questa è la geniale soluzione che riappacifica il committente al fornitore di manodopera, ma si risolve in una beffa e in un aggravio delle condizioni di lavoro.
Nella applicazione quotidiana di questa formula si manifestano tutte le incongruenze.
Ad esempio, qualora ci si dovesse assentare per recarsi in bagno occorre trovare un sostituto ma avendo assottigliato il numero degli operatori il rincalzo è come una merce rara, difficile da trovarsi.
Se si considera che i servizi igienici sono dislocati lontano dal posto di lavoro, espletare un elementare bisogno fisiologico diventa un’impresa. Il taglio degli operatori delle linee costringe a reperire il sostituto da altri reparti, questi devono fare un percorso che prevede la salita di due scale.
Questo salire e scendere ovviamente comporta dispendio di tempo che viene fatto pesare come fosse un lusso, un espediente per lavorare meno. “Ci hai messo troppo! Ma dove eri finito?” Pazzesco!
L’altra questione, fonte di malessere è il freddo. In particolare sulle revisionate linee 6 e 7.
Qui hanno modificato i tubi che sono certamente più efficienti nel preservare il prodotto ma comportano un abbassamento di temperatura che per le lavoratrici è una sofferenza per tutto il tempo di lavoro ma la penosità cresce con l’esposizione prolungata alle basse temperature”.
R. Io mi sono ammalata una settimana per ipotermia, perché praticamente le mie ossa si sono congelate e per una settimana ho sofferto di sbalzi di temperatura, mal di testa e sensazione di svenimento.
Il mio medico non voleva farmi stare a casa solo una settimana, voleva darmi di più perché ha costatato che il mio fisico aveva subito uno stress molto grave.
Un giorno la temperatura è arrivata a otto gradi. Nonostante avessimo segnalato la situazione gravosa in cui ci si trovava nessuno ha voluto porvi rimedio. Ci è stato risposto che andava bene così e che così doveva essere.
Io e la mia collega, assegnate alla stessa linea, siamo state costrette a metterci dei sacchi di plastica in testa per proteggerci dall’umidità in cui si era immersi.
La ripetitività:
“E. Per quanto riguarda la ripetitività; quando scaricate, in un’ora o nelle due ore, quante volte per esempio si stacca il pezzo, con che velocità scaricate un camion? per capire.
X. Un camion intero un’ora, un’ora e dieci minuti per scaricarlo.
E. Quante volte lo fai questo movimento che ci hai descritto dall’altro verso il basso?
W. In un camion ci sono duemila prosciutti...
E. In quante persone lo scaricate?
W. Prosciutto in due, speck in tre...
P. Una persona è fuori, due dentro al camion.
E. Tu prendi il prosciutto, tagli. Il prosciutto è attaccato a un gancio, viene preso con una mano, con
l’altra si taglia e poi viene accompagnato sul nastro.
V. Quando è tagliato lo devi sostenere o lo butti?
Y. No, lo butti subito.
I. Non è che lo butti dove lo vuoi te, devi buttarlo nel posto giusto, sul nastro.
E. Vuol dire che se ci sono duemila prosciutti, siete in due, vuol dire che fate mille tagli e mille accompagnamenti a testa.
U. No, una volta una spinge il gancio e uno taglia, una fila e una fila. C’è solo uno che taglia la corda.
Y. Tagliano solo due persone, i duemila prosciutti sono tagliati solo da due persone.
(Quindi mille tagli a testa!?)”.
Altra situazione, la movimentazione dei carichi:
“V. Non va bene il modo di sollevamento dei pesi che mi avete descritto. La prima cosa per il sollevamento dei carichi, a parte il peso che non dovrebbe mai superare i venticinque kg, è che quando prendi da terra dovresti piegarti sempre sulle ginocchia. Ma voi dite che questo movimento, necessario a preservare la schiena, non è possibile applicarlo perché va a rallentare il lavoro? Chi controlla avrebbe da ridire?
Y. Sì.
Z. Hai ragione, però non ti lasciano...
V. Se il capo reparto dicesse di fare come tu suggerisci sarebbe molto bello.
(Risate di tutti)”.
La temperatura di lavorazione:
“II GRUPPO : REPARTI FRIGO
E. Chi lavora in cella arriva fino a – 35?
W. Anche – 40.
O. E con il freddo che problemi avete nel corpo, con il freddo?
T. Polmoni...
K. Polmoni, il problema è anche la mascherina, non possiamo lavorare con la mascherina. Ci opprime e poi il raffreddore è cronico.
E. Quando andate a – 40 che indumenti avete?
(descrivono indumenti non adeguati)”
Gli infortuni:
“V. La domanda, difficile, che vi faccio è questa, capita qualche volta un infortunio non
particolarmente grave, un taglio non particolarmente grave e che qualcuno nell’azienda dica stai a casa...
W. Sì è normale questo...
V. Ti ho chiesto se ci sono casi d’infortunio che non vengono neanche segnalati all’INAIL?
W. è normale, se le segnalazione sono numerose e gravi succede che l’ispettorato del lavoro interviene.
Si viene viene… ma si sa come va a finire… una mano lava l’altra ma poi… tutto continua come prima.
W. Vogliamo che la nostra voce arrivi all’ispettorato del lavoro! Per favore. Noi vogliamo che la nostra voce arrivi all’ispettorato del lavoro, all’USL, a tutti quanti. Che guardino con un occhio sopra le nostre condizioni. Ma cercate di capire se io provo a dire mezza parola che sarà di me se vengo privato dello lo stipendio? Sono costretto a dire che sto bene anche se non sto bene. Quando la salute è finita non arriva più lo stipendio.”
Nessuno controlla se ci sono gli RLS:
“V. Chi è l’RLS di voi?
L. Non c’è ancora. Dobbiamo trovarlo.”

6) Quale è la contraddizione fondamentale per cui le leggi non vengono rispettate?
Anche in questo caso non basta fare una analisi astratta delle responsabilità dei singoli professionisti, come se dovessimo colpevolizzare singoli soggetti più o meno cattivi, ma comprendere le contraddizioni strutturali per cui si verificano i fenomeni.
Per citare una di queste figure professionali ed uscire dal generico: non intendiamo dare la pagella al singolo medico competente ma si vuole evidenziare la "fragilità del ruolo"; questo operatore va ricondotto ad una collocazione nell'ambito della sanità pubblica, indispensabile per garantire la necessaria autonomia dal datore di lavoro.
Continuando: quando si fa attività sindacale diventa immediatamente chiaro che la legge viene o non viene applicata a seconda dei rapporti di forza che si sviluppano socialmente.
Teniamo conto del piano di base sul quale si sviluppano le relazioni tra committenti e commissionari:
il committente appalta il lavoro al commissionario sulla base dei chili di carne lavorati e lo paga con questo criterio. Il commissionario assume dei lavoratori che paga a ore. Dunque è proprio la tipologia contrattuale che induce il commissionario a sviluppare la massima intensità di produzione possibile, perché “per starci dentro” deve produrre quanto più può nel minor tempo possibile.
La convocazione delle istituzioni e delle aziende pertanto, è volta a far capire che non vogliamo risolvere i problemi in una sola azienda oppure in due, ma che vogliamo trovare la strada per bonificare l’intero comprensorio dalle irregolarità. È responsabilità operaia, certo, ed è anche responsabilità sociale per la quale rivendichiamo la spesa e gli investimenti necessari.
Il confronto pubblico che proponiamo è volto a definire forme e contenuti delle azioni di miglioramento da mettere in campo per una riorganizzazione ergonomica del lavoro in tutto il comparto lavorazione carni; una riorganizzazione che deve passare attraverso l’aumento delle pause, la riduzione dei carichi, la compatibilità del microclima e delle posture con la “fisiologia umana” e anche attraverso la riduzione dell’orario di lavoro. Una riorganizzazione che è percepita unanimemente dall’intero gruppo omogeneo operaio come necessaria e urgente e che dunque
proponiamo alla attenzione di tutti gli interlocutori, salvo a chi ritenga che ci troviamo già nel “migliore dei mondi possibili”.

A cura di
Rete Nazionale Lavoro Sicuro e Sindacato Intercategoriale Cobas


Il convegno è promosso dal Centro Studi Carla Grazioli


1 https://www.provincia.modena.it/wp-content/uploads/2021/12/14_Agroalimentare.pdf
2 https://www.corrierenazionale.it/2023/08/12/industria-alimentare-i-dati-inail-degli-infortuni-sul-lavoro/
3 https://matematica.unibocconi.eu/articoli/scienza-salute-e-ambiente-l%E2%80%99esperienza-di-giulio-maccacaro-edi-
medicina-democratica

Trasmesso dalla Rete Nazionale Lavoro Sicuro

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