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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

Basta morti e infortuni per il profitto capitalistico

(9 Aprile 2024)

le chiamano fatalità sono omicidi

L’ennesima strage di lavoratori per il profitto capitalistico si è verificata il 9 aprile 2024 nella centrale idroelettrica dell’Enel di Bargi, sul bacino di Suviana. L’esplosione di un trasformatore ha provocato tre morti, quattro dispersi, cinque feriti tra i lavoratori dipendenti di ditte esterne.

Anche questa strage è conseguenza della politica di appalto e subappalto a cascata, di privatizzazione, di intensificazione dei ritmi e dei carichi di lavoro, di riduzione dei costi della sicurezza per massimizzare i profitti, praticata dai monopoli capitalistici come Enel, e sostenuta dai governi al loro servizio, come quello di Meloni
.

Una politica che ha come inevitabile risultato la mattanza quotidiana dei lavoratori: quattro al giorno.

Ci stringiamo al dolore delle famiglie e dei compagni di lavoro, invitiamo a partecipare in massa agli scioperi e alle manifestazioni di protesta.


Uniamoci e organizziamoci nella lotta per la difesa intransigente del lavoro contro il capitale, per una società in cui sia abolito il maledetto profitto capitalistico!

Di seguito l’articolo pubblicato su Scintilla di aprile.

La redazione



I vertici di Cgil e Uil hanno annunciato per sabato 20 aprile una manifestazione nazionale a Roma in cui il tema della salute e della sicurezza del lavoro viene legato a quello della difesa del SSN e del fisco, oltre che al lancio dei referendum (su cui ci siamo espressi nello scorso numero del giornale). La manifestazione è preceduta da 4 ore di sciopero, l’11 aprile.

Quella degli infortuni, delle patologie e delle morti sul lavoro è una mattanza quotidiana alimentata da ritmi di lavoro infernali, precarietà e ricatto occupazionale, subappalti a cascata, modelli sempre più flessibili di organizzazione del lavoro e della produzione, allungamento della giornata lavorativa e dell’età pensionabile, riduzione continua dei costi “improduttivi” per la prevenzione, così da accrescere i profitti capitalistici.

Le fredde statistiche parlano chiaro: 25% di morti sul lavoro in più nei primi due mesi dell’anno rispetto l’anno scorso, con un governo che fa del “non disturbare” i padroni il suo motto.

Per difendere la salute e la sicurezza, per non essere carne da macello, affinché ci sia la garanzia di un lavoro per vivere dignitosamente e non per morire come mosche, non basta qualche ora di sciopero e una passeggiata rituale.

Soprattutto dopo che per decenni i capi sindacali hanno favorito con la loro politica collaborazionista la distruzione dei diritti operai e un calo di tensione sui problemi legati alla prevenzione e alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con il conseguente e consistente incremento degli infortuni, delle malattie professionali e degli omicidi padronali.

Non basta nemmeno invocare più controlli, che oggi suonano come vera e propria beffa, dato che per il governo la vita di un operaio vale 20 crediti nella vergognosa “patente a punti”.

La salute e la sicurezza dei proletari dipende dai rapporti di forza tra le classi, dunque dalla lotta degli stessi proletari che hanno interessi diversi e contrapposti a quelli dei capitalisti.

Senza l’azione diretta dei salariati, senza una forte mobilitazione del movimento operaio, non solo l’insieme delle normative in materia di sicurezza rimarrà lettera morta, o servirà solo ad abbellire la facciata dell’impresa capitalistica, ma soprattutto le condizioni di lavoro e di vita peggioreranno di giorno in giorno, in fabbrica e fuori.

L’elemento decisivo per difendere la salute e la sicurezza operaia è l’incessante iniziativa, la partecipazione diretta, l’intervento attivo, lo sciopero immediato quando manca la sicurezza sul lavoro, senza limitarsi alle scadenze sindacali.

Ciò per il semplice fatto che ai capitalisti ed ai loro comitati d’affari governativi non importa un fico secco di quanto duri la vita della forza-lavoro (che per costoro è una merce deperibile al pari delle altre), a meno che vi siano costretti dalla lotta di classe e dai suoi riflessi nella sovrastruttura.

Dobbiamo quindi porre nuovamente e con forza all’ordine del giorno il problema della ripresa delle lotte contro la nocività del lavoro salariato nei luoghi di lavoro e sul territorio, rompendo con la tregua sociale e la subalternità alla logica dell’impresa che rende la salute e la sicurezza e dei lavoratori negoziabili e monetizzabili, quando non vengono negate.

Ci vuole una politica di lotta e unità di classe, fatta propria e sviluppata da un’organizzazione comunista mirante all’abolizione della società fondata sullo sfruttamento!

Da Scintilla n. 144, aprile 2024

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