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PUTIN E I COMUNISTI

Una questione di chiarezza

(17 Gennaio 2024)

Nessun compromesso con un personaggio losco e criminale

putinprem

La guerra in Ucraina impazza e il sacrificio di vite umane aumenta ogni giorno di più. La situazione è complessa e va analizzata in questa sua complessità, evitando gli schematismi. Il primo errore che i comunisti debbono evitare è quello di identificarsi tout court con Putin. Questo personaggio va valutato in tutta la sua pericolosità con l’enorme carico di responsabilità che grava sulle sue spalle.
Egli ha contribuito al crollo dell’Unione Sovietica, anche se oggi afferma demagogicamente che questo evento rappresenta la più grande catastrofe della storia. Ha ereditato da Eltsin un potere oligarchico che ha sostituito il regime comunista con un sistema capitalistico brutale, fondato sulla violenza, sulla negazione delle più elementari forme di democrazia e di opposizione, sulla corruzione dominante ai vari livelli della società, sulla ricchezza accentrata nelle mani di poche persone e di una borghesia mafiosa o para-mafiosa che controlla un’economia di rapina delle immense risorse naturali del Paese, costringendo il popolo in condizioni di miseria. L’esatto contrario di quello che era il regime sovietico.
I finti riconoscimenti ai meriti dell’Urss hanno lo scopo subdolo e demagogico di creare intorno a sé l’unità nazionale in un momento per lui molto difficile, che vede contrapposto il suo capitalismo euro-asiatico a quello occidentale, nell’ambito di una guerra di dominio del mondo senza esclusioni di colpi.
Se Putin è nostalgico dell’Urss perché non ripristina il sistema economico socialista? Perché non ripristina la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e l’uguaglianza economica e sociale tra tutti i cittadini?
E’ bene che i comunisti non cedano alle “seduzioni alcinesche” di questo campione dell’anticomunismo, il quale, servendosi del potere che deteneva all’interno dei servizi segreti, ha tradito il popolo sovietico, è stato tra coloro che hanno abbattuto con un voltafaccia criminale il regime comunista per impossessarsi dei beni collettivi, volgendoli, assieme a un’oligarchia della sua stessa risma, in proprietà personale e di casta, accumulando in tal modo ingenti fortune economiche.
Per il suo regime è perfettamente calzante la definizione di «democratura», vale a dire di dittatura mascherata da democrazia, attraverso elezioni fasulle dominate da macroscopici brogli che impediscono l’esercizio del potere effettivo di decisione al popolo e un cambio della classe dirigente per via democratica.
Noto con rammarico che alcuni gruppi che si definiscono comunisti, qui in Italia, assumono un atteggiamento esaltatorio di questo soggetto, vantando la sua capacità di aggirare le sanzioni economiche occidentali dirottando le risorse naturali di cui gode la Russia verso mercati alternativi, le sue vittorie militari, reali o presunte, nei confronti del fronte occidentale nella guerra d’Ucraina, facendone una sorta di paladino della lotta contro il capitalismo nordamericano ed europeo al quale affidare il destino dell’intero movimento anticapitalistico mondiale.
Quanto detto sinora non deve condurci, tuttavia, ad un altro schematismo: quello di liquidare la guerra in Ucraina come una semplice guerra intercapitalistica da seguire alla finestra in attesa che gli antagonisti si eliminino a vicenda.
Putin ha agito tardivamente, dopo che il capitalismo occidentale aveva accerchiato la Russia, annettendosi, uno dopo l’altro, tutti i Paesi dell’ex blocco socialista. Mancava a completare l’accerchiamento solo l’Ucraina e Putin è stato costretto ad intervenire in armi per evitare d’essere strangolato o ridotto ad un umile vassallo, come il suo predecessore Eltsin.
Le popolazioni del Donbass non potevano più sopportare le violenze del governo criminale di Zelensky. Tutto il popolo russo era in fermento contro il pericolo che la nazione perdesse ogni barlume di sovranità e venisse omologata all’Occidente, con la conseguente cancellazione della propria storia, della propria cultura e della propria civiltà. Putin ha assunto il tradizionale abito del “tribuno del popolo”, del “salvatore”, per non essere travolto dalla protesta. Ma nello stesso Donbass, nelle parti liberate dal dominio ucraino, le forze comuniste venivano (e vengono) represse ed escluse dalla gestione politico-amministrativa di quei territori.
Non va dimenticato che in Russia i comunisti sono all’opposizione, criticano duramente il regime dittatoriale di Putin, rivendicano un ritorno al sistema socialista, che presuppone l’allontanamento dal potere di questo losco personaggio. Sostengono l’intervento in Ucraina a difesa delle popolazioni russofone e finalizzato ad eliminare le forze d’ispirazione nazista che appoggiano Zelensky.
Una posizione analoga debbono assumere i comunisti di tutto il mondo, compresi quelli italiani: sì alla guerra di liberazione dell’Ucraina; no a Putin e alla sua «democratura», che, sull’onda di un nazionalismo vero, deve essere costretto ad andar via per lasciar posto al ritorno del socialismo, che proprio la guerra in Ucraina può propiziare. La rinascita di un partito comunista in Italia può avvenire rivendicando la piena autonomia ed evitando ogni atteggiamento equivoco nei confronti di Putin.

Antonio Catalfamo

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