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(25 Aprile 2010) Enzo Apicella

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Per la nostra Costituzione l’antifascismo è un valore fondativo

Sulla manifestazione fascista di sabato 10 febbraio a Rovereto

(13 Febbraio 2007)

A poco meno di un anno dalla sfilata dei reduci di Salò alla Campana dei Caduti, Rovereto ha dovuto ancora una volta subire la presenza delle bandiere del fascismo, dei suoi simboli, dei suoi saluti romani. Questa volta il pretesto l’ha offerto il cosiddetto Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, fortemente voluto dalla destra nostalgica e nazionalista, che nel 2004 il governo Berlusconi, col voto di quasi tutto il Parlamento, trasformò in legge.

Mentre nella mattinata di sabato, le istituzioni locali, si sono lanciate in improbabili lezioni di democrazia e di storia, la sera, le stesse hanno consegnato la città a chi, oggi, sostiene il fascismo di ieri, quello che fu la causa prima della tragedia delle foibe. Chiamare in causa lo stalinismo come vera causa della tragedia delle foibe e parlarne come pulizia etnica significa accogliere la tesi che sta a fondamento del Giorno del ricordo così come l’ha concepita chi l’ha proposto. Quella secondo cui alla fine della seconda guerra mondiale fu una scelta politica quella che portò i partigiani jugoslavi a praticare una scientifica pulizia etnica anti-italiana. Non si tratta di negare fatti, si tratta di capire che gli infoibamenti furono una reazione spontanea delle popolazioni locali ad anni di prepotenze, angherie e crimini consumati dai fascisti italiani. Un odio a lungo frenato e poi esploso in violenza indiscriminata e non un orrendo crimine dei barbari comunisti consumato ai danni di vittime innocenti. Se subito dopo la prima guerra mondiale in Istria e in parte della Slovenia l’Italia vietò i nomi slavi, proibito l’uso in pubblico delle lingue slave, chiuse le scuole locali, dopo il 1941, con l’occupazione fascista di Lubiana, della Dalmazia e di parte della Bosnia, arrivarono gli eccidi e le deportazioni di massa, le impiccagioni, la distruzione col fuoco di interi villaggi, mentre le camicie nere si abbandonavano a fucilazioni individuali e di massa. Per non dire dei campi di concentramento italiani, piccoli e grandi, di Mamula, di Pago, di Rab, spesso stazioni di passaggio per Auschwitz o Dachau.

Sabato sera, a Rovereto come in altre città, i fascisti hanno invocato i morti nelle foibe come vittime dei comunisti per legittimare il fascismo di ieri e riproporlo oggi. E’ la stessa logica dei fascisti reduci di Salò che, nel maggio scorso, spacciando per commemorazione dei morti l’adunata alla Campana dei Caduti, tentavano solo di legittimare le scelte criminali fatte negli anni 1943-’45 dalle bande armate di Mussolini.

Sconcerta che molte forze politiche locali, che all’antifascismo dovrebbero richiamarsi come valore irrinunciabile, non sentano il dovere morale e politico di fermare le manifestazioni fasciste. A Livorno, per esempio, la manifestazione della Fiamma Tricolore è stata vietata. Bisogna capire che la questione delle foibe è solo lo strumento che i fascisti stanno usando per legittimarsi e rialzare la testa. Nel Paese si stanno moltiplicando gli atti di violenza, i ferimenti, le intimidazioni e gli attacchi alle sedi di partiti o organismi antifascisti. Che cosa impedisce alle forze politiche locali e nazionali di vedere l’avanzata di idee, simboli, pratiche violente che si richiamano al fascismo?

La presenza pubblica di forze politiche che si reclamano eredi e custodi del fascismo è un fatto politico che confligge con la nostra Carta costituzionale e come tale va valutato.

Per il nostro Paese, per la nostra Costituzione, per la nostra convivenza civile l’antifascismo è un valore fondativo: per questo non si può mettere sullo stesso piano di valori che, invece, lo negano.

Partito della Rifondazione Comunista Circolo della Vallagarina

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