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25 Aprile

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(23 Aprile 2009) Enzo Apicella
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Per i Morti di Reggio Emilia del 7 luglio 1960

contro ogni revisionismo e ogni riabilitazione di strutture e formazioni neofasciste.

(6 Luglio 2007)

Il 7 luglio ricorre l'anniversario della rappresaglia autoritaria e omicida che vi fu a Reggio Emilia nel 1960 e che costò la vita a 5 antifascisti, "I Morti di Reggio Emilia".
Anche quest'anno le istituzioni e le associazioni partigiane si preparano alla commemorazione con le solite deposizioni di corone e medaglie. Ma l'iter commemorativo del 2007 è stretto più che mai dalla morsa del revisionismo.
Nel giro di 12 mesi si è assistito alla carcerazione preventiva di 8 compagni reggiani (e alla condanna di 5 di essi per concorso morale in devastazione e saccheggio a 4 anni di reclusione) per i fatti dell'11 marzo a Milano; al martellante dibattito su triangolo rosso, rappresaglie e stragi partigiane; alla commemorazione (con l'evidente appoggio della classe clericale) davanti alle croci dei caduti della RSI; alla ricerca ossessionata di verità sui fatti dell'immediato dopoguerra e alla pericolosa conferma di equiparazione tra fascisti repubblichini e partigiani. L'intenzione che traspare in maniera evidente è quella di passare al fascista vittima e al partigiano aggressore, col chiaro scopo di riabilitare tutte quelle strutture organizzative di ispirazione neofascista.
Come antifascist* Reggian* ripudiamo ogni forma di violenza fisica e dialettica della lotta per la Resistenza e, a differenza del silenzio-assenso di tante associazioni antifasciste istituzionali, dichiariamo il nostro più fermo e totale dissenso ad ogni forma di revisionismo rivolta a dare agibilità a formazioni fasciste, uniche autrici di rappresaglie, stragi e morti.

7 LUGLIO CONTRO OGNI REVISIONISMO E RIABILITAZIONE DEI FASCISTI

GENOVA 30 GIUGNO 1960. Alla notizia che il MSI avrebbe tenuto il suo congresso in città, i lavoratori portuali guidano decine di migliaia di genovesi, in massima parte di giovane età, in una grande manifestazione antifascista aperta dai comandanti partigiani. Al tentativo di sciogliere la manifestazione da parte della polizia, i manifestanti rovesciano e bruciano le jeep, erigono barricate e, di fatto, s’impadroniscono della città. In piazza De Ferrari è acceso un rogo per bruciare i mitra sequestrati alle forze dell'ordine. Il prefetto di Genova è costretto ad annullare il congresso fascista, ma la repressione non tarda ad arrivare. Avvalendosi di delazioni e false testimonianze e basandosi su alcune fotografie scattate nei pressi della Piazza De Ferrari, sono arrestati numerosi giovani antifascisti. Agli arresti seguono processi e dure condanne.

REGGIO EMILIA 7 LUGLIO 1960. Alle ore 16.45, una violenta carica di polizia e carabinieri investe una manifestazione pacifica contro il governo Tambroni appoggiato dalle forze neofasciste del MSI. Sotto i colpi delle mani armate dello stato cadono Afro Tondelli (35 anni), Lauro Farioli (22 anni), Marino Serri (41 anni), Ovidio Franchi (19 anni) ed Emilio Reverberi (39 anni). Il giorno seguente l’Unità titola in prima pagina “CINQUE ANTIFASCISTI ASSASSINATI A REGGIO EMILIA”. Al processo il vice-questore Cafari Panico (colui che aveva ordinato la carica) è assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. L’agente Celani (indicato da più testimoni come l’agente che con freddezza prende la mira e uccide Afro Tondelli), è assolto per insufficienza di prove.

MILANO 11 MARZO 2006. Le autorità della città lombarda autorizzano un corteo della formazione neofascista Movimento Fiamma Tricolore, quale iniziativa all’interno della campagna elettorale per le votazioni politiche, in cui i neofascisti concorrono assieme alla CDL. Di fronte ad una decisione che offende la memoria di quanti hanno combattuto per la Resistenza e di fronte ad un aberrante silenzio e un’incredula staticità di organizzazioni e associazioni antifasciste di carattere istituzionale, alcune centinaia di giovani antifascisti insorgono e si organizzano spontaneamente in un corteo di protesta nel tentativo di occupare la piazza da dove sarebbe partita la parata fascista. Al blocco opposto da polizia e carabinieri, gli antifascisti vengono allo scontro con gli agenti, che arrestano e conducono in carcere 27 giovani, tra cui 8 antifascisti reggiani. Dopo 4 mesi e mezzo di carcerazione preventiva e di denigrazione puntuale non solo da parte di certi organi di stampa, ma anche da parte di certe formazioni politiche nate dall’antifascismo, il giudice, al processo di primo grado, assolve 3 antifascisti reggiani e condanna gli altri a 4 anni di reclusione per concorso morale in devastazione e saccheggio secondo un vecchio titolo del codice rocco di firma fascista.

A distanza di 47 anni dai fatti di Genova e Reggio Emilia, nonostante le differenze politiche dei governi, nonostante i continui attacchi e le quotidiane aggressioni squadriste, nonostante la morte per mano fascista di alcuni compagni, la repressione autoritaria e dialettica contro l’antifascismo e contro quanti, in generale, dissentono è ancora attuale e ancora pesantemente consistente. Questo perché tutto ciò che è stato parte della storia della Resistenza è diventato, nel corso degli anni, una mera funzione commemorativa da ripetersi solo il 25 aprile di ogni anno, mentre d’altra parte si è permessa, in nome di una strana democrazia, l’agibilità a una miriade di formazioni neofasciste alla vita politica e sociale del paese, specie da quando il revisionismo ha cominciato a dare i suoi affondi più micidiali con l’equiparazione tra partigiani e militi repubblichini. Per non parlare di quanti discutono in un martellante dibattito, anche a livello istituzionale, di zone d’ombra della Resistenza, di triangolo rosso, di feroci rappresaglie e vere e proprie stragi perpetrate dai partigiani.
Anche a Reggio Emilia, città che ha dato un enorme contributo per la lotta della Resistenza in termini di vite umane, si stanno diffondendo pericolosamente i principi secondo i quali si passa al fascista vittima e al partigiano aggressore. E’ quello che accade a Cernaieto di Casina dove una croce ricorda i militi della RSI caduti ed è luogo di commemorazioni fasciste con l’appoggio della parrocchia locale. E’ quello che accade al Centro Studi Italia di Reggio Emilia, che si autodefinisce associazione senza fini di lucro e apartitica che promuove lo studio storico del movimento fascista e svolge l’analisi e la revisione degli eventi storici. E’ quello che accade con certi personaggi della politica reggiana, che, incuranti delle tante e troppe rappresaglie squadriste e mossi da una opinabile ricerca della verità, non mancano mai di offendere la lotta di liberazione dal nazifascismo.
In un quadro sociale in cui il silenzio favorisce il ritorno a un passato nefando e in cui il dissenso è sempre meno tollerato, come antifasciste e antifascisti reggiane/i manifestiamo la nostra totale e ferma disapprovazione di ogni agibilità a strutture e organizzazioni fasciste e razziste, nonché di ogni forma di revisionismo che, nel nome di libertà, verità e democrazia, sia rivolta, in qualunque modo, ad una inaccettabile riabilitazione del fascismo in ogni suo aspetto, affinché “i morti di Reggio Emilia” non siano caduti invano e affinché il triangolo rosso resti solo il simbolo della memoria che, nei campi di sterminio, identificava i prigionieri politici ed accomunava tutti i contestatori del regime nazista.

Assemblea Permanente Antifasciste/i Reggiane/i

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