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(23 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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(Flessibili, precari, esternalizzati)

Musei Civici: un bel Business chiamato Fondazione.

(30 Dicembre 2007)

L’operazione di esternalizzazione dell’intera gestione dei Musei civici veneziani ad una Fondazione ha richiamato nei mesi scorsi l’attenzione di varie sensibilita’ che si esprimono in questo settore; la costituzione del nuovo soggetto esterno non e’ stata esente da diversi problemi riguardanti assetti, incarichi e procedure e non puo’ esser affatto derubricata al semplice ed ulteriore tentativo di dar fiato ad un’intero sistema in cui convivono delicati equilibri ed anche profonde dinamicita’.

I Musei civici veneziani vengono visitati annualmente da quasi due milioni di persone e raggiungono un introito lordo che sfiora i sedici milioni di euro circa. Di questi soldi il 70% circa vanno ai privati che gestiscono i vari servizi e che dunque mantengono un ruolo preponderante in tutta la vicenda.

In questi ultimi anni il dato “macroeconomico” e’ dunque da leggere in chiave piu’ che positiva ma e’ da considerare che il giudizio complessivo sull’intera gestione dei vari servizi nei musei e sulla loro immagine che ne consegue debba fare riferimento anche ad altri elementi.

Nell’ambito dei rapporti sindacali con gli operatori dei vari servizi gestiti in appalto, decine e decine di assemblee, di botta e risposta sui giornali,di trattative estenuanti, di diverse giornate di sciopero ed una continua tensione con denunce ai rappresentanti sindacali rappresentano il quadro reale di fondo in cui viene oggi gestita l’intera operazione ed in cui permangono tutta una serie di interrogativi ai quali poche o vaghe risposte sono state date.

Manca da parte degli artefici di tutta questa vicenda un serio ed onesto bilancio relativo al vantaggio pubblico che ne deriverebbe dando in mano ad una “Fondazione” la gestione dell’intero comparto civico-museale in cui la completa assenza di veri piani “industriali” e concrete prospettive delinea scenari futuri piu’ che incerti ed oscuri.

Non risulta ancora oggi che vi sia nessuna garanzia di qualita’ futura ne’ per gli addetti comunali ai quali vengono presentate “succulente” opzioni relative alla loro scelta occupazionale (restare in Comune o passare alla Fondazione), ne’ per i lavoratori dei vari servizi (guardiania, didattica, bookshop ecc) verso i quali incombe la minaccia (questa si’ reale) del termine del cambio d’appalto a fine marzo 2009.

Nessun piano d’investimento risulta esser oggetto di discussione all’interno dei vari dirigenti della futura Fondazione; i calcoli che pero’ vengono fatti sulle percentuali d’incasso si conoscono perfettamente e non ci sarebbe da stupirsi un domani se piu’ che di donazioni relative ad un parsimonioso mecenatismo da parte dei “Competitor” privati dovremmo assistere ad operazioni di tutt’altro calibro legate a fattori molto meno nobili.

Chi dovra’ assumersi la guida di tutto il sistema dovra’ ricordarsi che sta agendo in uno dei pochi settori economicamente “sani” della macchina comunale, motivo in piu’ per non comprendere il significato di un passo cosi’ azzardato ed assai rischioso.

L’insieme della gestione culturale in citta’ fa’ sorgere in effetti piu’ di qualche dubbio quando si parla di deresponsabilita’ pubblica: nel 2006 ad esempio il Palazzo Grassi ha accumulato perdite per circa 6 milioni di euro ma questo non sembra preoccupare i detrattori dell’affidamento ad esterni dell’immenso patrimonio storico di casa nostra. Anzi, la cosiddetta privatizzazione di beni, servizi e gestione degli stessi viene vista come una riduzione di costi pubblici e opportunita’ da saper valorizzare e “sfruttare” al meglio.

Le diverse scelte che sembrano dominare nel management culturale di casa nostra convergono in un’unica analisi: troppo lenti ed impacciati sono i tempi della Cosa pubblica e quindi ben vengano idee “nuove” a sostegno di un’apertura al privato che conti alla mano dovrebbe guadagnarne solo in termini di marketing e deducibilita’ fiscale per eventuali fondi versati. Sembra quasi una gara al grottesco, difficilmente pensabile in altri tempi e situazioni.

Di piu’; l”intero consiglio di amministrazione della Fondazione restera’ di nomina pubblica (“decidera’ il Sindaco” si dice) e qui inevitabilmente si apriranno nuove campagne di feroci lottizzazioni in seno ai vari nomi che usciranno via via negli anni e che poco avranno da dire realmente sulla capacita’ di spesa dell’intero sistema.

In estrema sintesi l’intera operazione e’ da rivedere e da riconsiderare alla luce di due nuovi ulteriori elementi distintisi in quest’ultima fase: la proprieta’ statale di Palazzo Ducale vero “core business” di tutta la struttura generale e le nuove conflittualita’ che si apriranno con l’anno nuovo dove il tanto atteso protocollo d’intesa tra le parti (imprese cooperative e lavoratori) dovra’ recepire un adeguato e dignitoso integrativo economico per tutti questi lavoratori.

Enrico Pellegrini
RSU Musei Civici
Direttivo Venezia FILCAMS CGIL

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