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Corifei di regime

(10 Febbraio 2008)

Tutti uniti, corifei di regime, dalle pagine dei giornali e dagli schermi televisivi pronti ad esaltare le “grandi manovre” del ceto politico italiano, in vista delle elezioni: mosse azzeccate, finalmente si semplifica, chiarezza nelle opzioni di governo. E tutti a promuovere la gara della primogenitura: la rivoluzione del predellino, il discorso all'Italia di Spello...

Intanto, tutto il resto rimane alle spalle, nascosto: la macelleria sociale compiuta in questi anni, il malgoverno, il ritorno della sempre eguale “questione morale” (non ci sono soltanto i processi che si chiudono per abrogazione del reato per via legislativa, pensiamo alle vicende napoletane e a quelle genovesi: quest'ultime, nei prossimi giorni, potrebbero rivelarsi particolarmente fragorose).

Allora guardiamo dentro a questa grande operazione di ingegneria partitica, attraverso la quale si intende suffragare la ricollocazione di un ceto usando “l'agente unico” del trasformismo (il discorso di Spello, come il discorso di Stradella): guardiamo a destra, dove nel listone avremo i fasci più neri e gli eletti di ieri del centrosinistra; guardiamo a sinistra, dove la situazione è ancora più dolorosa, perché il trasformismo sta nelle persone, nella loro storia, nella svendita di un patrimonio storico, ideale, di lotte, in cambio – scusate la retorica – del piatto di lenticchie di un sub – potere di ritorno, che sarà elargito dal ritrovato Demiurgo della politica italiana. Non avremo il Sindaco d'Italia, ma il Signore d'Italia (non che si sia passati dai Comuni alle Signorie: un paragone, troppo nobilitante che non ci permettiamo assolutamente di azzardare...).

E la sinistra cosiddetta “radicale” ? Rimane il “leader maximo” che proclama: faremo una opposizione creativa. Compreso: nessuno azzarda un minimo di analisi, di bilancio (non dico convocare congressi: figuriamoci!) per la più disastrosa esperienza di governo che la sinistra socialdemocratica (anche qui il paragone è improprio, ma vi prego di farlo passare) ha compiuto nella storia recente dell'Occidente. Una esperienza di governo che si chiude con il “pieno” delle diseguaglianze sociali, mai così forti dai tempi di Ramsete II ( e nelle diseguaglianze sociali c'è tutto: la condizione dei pensionati, quella degli immigrati, i morti sul lavoro, il precariato).

Deve essere chiaro, una volta per tutte, che non è attraverso il governo che si affronta questo stato di cose: serve il livello “alto” delle lotte sociali, provviste di una robusta proiezione istituzionale non corrotta dal potere mediata da un partito “forte” sul piano della teoria politica, della pratica programmatica, della capacità di radicamento sociale.

Tutto questo non 'è più, non c'è, non potrà esserci a breve: ora, che i responsabili di questo disastro abbiano il coraggio di ripresentarsi al giudizio elettorale per recuperare il loro scranno, a diverse migliaia di euro al mese, non solo non è tollerabile, ma ha dell'incredibile, assolutamente dell'incredibile.

Assisto alla disputa sulla presenza del simbolo con la falce e martello sulla scheda: sono molto tentato, ad onor del vero, a lanciare una campagna a favore dell'astensionismo attivo (come quello indicato da Gramsci durante la prima guerra mondiale) e debbo rettificare una mia svista, contenuta in un precedente intervento, comunque non servono due liste ma ne occorre una presente, almeno alla Camera dei Deputati, in tutte le circoscrizioni.

Purtuttavia è ancora possibile dar credito ad una presentazione elettorale “a sinistra dell'Arcobaleno”, alla condizione che questa serva per rimettere in piedi il discorso della soggettività politica comunista in Italia, e la campagna elettorale colta come occasione in questo senso.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un arretramento pauroso: all'idea di un soggetto politico operaio che nasce da un momento elettorale.

Una abnormità che si può superare, pensando anche che si sta cercando di resistere, con coerenza e tenacia. Però, compagne e compagni, non paghiamo alcun prezzo al settarismo!

Savona, li 9 Febbraio 2008

Franco Astengo

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