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Sulla vicenda Betancourt

(6 Luglio 2008)

Venti milioni di dollari sarebbero stati pagati per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli ostaggi nell’operazione ampiamente sbandierata sui media di tutto il mondo che ha restituito sorridente e anche paffuta la politica franco-colombiana all’abbraccio dei familiari. Lo ha rivelato una radio svizzera che ha raccolto indiscrezioni sui guerriglieri “comperati” per far filare liscia l’azione. Altre notizie sono giunte dal ministro della difesa Santos, riguardano l’operazione d’infiltrazione nelle file delle Farc da parte di militari colombiani addestrati per mesi dall’Intelligence statunitense. Ma come avevamo già annunciato tutta l’iniziativa mostra solo i risvolti propagandistici che servono al presidente Uribe, tralasciando aspetti che appaiono oscuri. Che da decenni, in ogni angolo del mondo dov’è possibile, scambi del genere, puliti e senza spargimento di sangue, vengano preparati con accordi fra le parti non è certo un segreto. Ora la stessa storia dell’infiltrazione subita e dello scacco – pur acquistando l’acquiescenza d’un gruppo di guerriglieri – da parte delle Farc appare scarsamente credibile.

Se nelle mani dei ribelli restano tantissimi prigionieri, stimati nell’ordine delle 500 unità, la Betancourt e i tre contractor statunitensi erano elementi altamente simbolici e al loro controllo non potevano essere disposti degli ultimi arrivati. Perciò o l’infiltrazione degli agenti colombiani non è così recente come Uribe vuol far credere (e con essa tutta la preparazione ricevuta dalla Cia, secondo un costume che ha origine dall’immediato dopoguerra) oppure con la guerriglia si è patteggiato. E il presidente, per vendere al mondo la notizia del suo successo nel liberare la madre-coraggio e far credere che i sovversivi stiano esalando l’ultimo respiro, ha pagato profumatamente gli stessi guerriglieri, non presunti corrotti. Alle Farc - che comunque attraversano una fase di riorganizzazione politico-militare - quello che le news mondiali dicono sul proprio stato di salute potrebbe interessare ben poco. Anzi farsi credere indebolite e non esserlo può tornare comodo per il futuro. In più il sequestro Betancourt era diventato per loro un boomerang gigantesco. La possibile malattia o la morte della prigioniera che, come tutti i sequestrati sono trattenuti nella giungla e subiscono spostamenti, poteva diventare un guaio serio.

Perciò che fra le parti si sia raggiunto un accordo anziché giocare una partita muscolare appare molto più d’una congettura. Nessuno naturalmente l’ammetterà. La Betancourt sempre più personaggio - c’è chi la dipinge come nuova Mandela (sic), chi la candida al premio Nobel per la pace - tornerà nell’agone politico. Bisognerà vedere se con lo spirito che l’aveva animata finora. All’abbraccio coi figli ha fatto seguire quello metaforico coi suoi liberatori, Alvaro Uribe in testa. E se alla Colombia Ingrid tornerà a guardare, per aggirare l’ipotesi d’una candidatura contro, la sorpresa delle future Presidenziali potrebbe essere quella d’una sua candidatura appoggiata dallo stesso Uribe. Ma a quel punto con quale retroterra politico interno e internazionale? Betancourt è stata finora pacifista ma pasionaria d’un riscatto della propria gente oppressa da politici corrotti e dai narcotrafficanti. E se le stesse Farc hanno trovato nel narcotraffico sostegno per una prassi rivoluzionaria, gli affari colombiani interni ed esteri con le mafie del mondo sono passati per i palazzi del potere di Bogotà.

E di Medellìn, dove Uribe è nato ed è cresciuto politicamente. Lui è l’altro volto del narcotraffico, come lo è la componente conservatrice che l’ha aiutato a disarcionare Serpa all’interno del Partito Liberale e a farsi rieleggere con percentuali plebiscitarie (63%) nel secondo mandato presidenziale del 2006. Uribe, l’avvocato che ha studiato ad Harvard, è la perfetta maschera del politico sudamericano che piace al Pentagono. Difficilmente uomini come lui vengono accantonati, sono preziosissimi per il neo imperialismo. Bisognerà vedere se il ruolo futuro della Betancourt dovrà subire lo smacco e sacrificarsi a non rappresentare più l’icona d’una politica slegata dalle mire di controllo militare ed economico del Paese da parte degli Stati Uniti. Se così fosse il prezzo che Ingrid dovrà pagare per la libertà diventerebbe altissimo. E se nessuno può chiederle di farsi, né finire come Chico Mendez, non servirà granché alle sorti dei colombiani vestire panni simili a quelli del brasiliano Lula, un presidente foriero di tante speranze e portatore di molte delusioni. In questi anni la Colombia ha ricevuto dagli States una marea di dollari, oltre 300 milioni, tutti destinati a scopi militari mentre la spesa sociale è ridotta all’osso e galoppa un binomio sempre vivo in americalatina: povertà e ignoranza, col 90% dei giovani impossibilitati a iscriversi nelle scuole superiori per l’indigenza familiare.

4 luglio 2008

Enrico Campofreda

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