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Ancora sulla "liberazione" di Ingrid Betancourt e degli altri 14 ostaggi

(6 Luglio 2008)

Più viene spiegato da voci ufficialissime come quella del ministro della difesa colombiano Santos - colui che secondo ciò che afferma ha organizzato il blitz di liberazione della Betancourt e degli altri 14 ostaggi detenuti per anni dalle Farc – più si rafforza la sensazione che lo sbandierato colpo di mano sia un falso con ampio lancio mediatico. Proprio il filmato mostrato come prova inconfutabile allontana dubbi e insinua certezze. Ma non quelle che vorrebbe Uribe. Nessuna tensione e nessun’ansia traspaiono dai volti di carcerieri, ostaggi, agenti mascherati da rappresentanti di missioni umanitarie durante il trasferimento dei sequestrati in un’altra base. In più il commento delle immagini, che sottolinea come Ingrid prima di salire sull’elicottero della salvezza tenga la testa bassa e sia triste, ha l’aria d’una didascalia propagandistica. Corrono alla mente le scene precedenti la caduta del satrapo Ceausescu o altre comparsate della politica fatta storia dalla tivù.

La prima versione parlava dell’infiltrazione di agenti speciali nelle file delle Farc, si presume come nuovi guerriglieri. Nel filmato gli agenti diventano operatori di Ong, non si comprende perché i ribelli avrebbero dovuto mettere loro in mano i prigionieri. Né Santos lo rivela nelle interviste “esplicative” tutte volte a sottolineare le difficoltà politico-militari dei guerriglieri nel controllare il territorio. Potrebbero esser vere, ma potrebbe lui stesso aver bisogno di mostrare all’opinione pubblica un controllo della giungla che non ha, e alla fine l’operazione può aver fatto comodo a tutti. Casse piene per le Farc, successo per Uribe, Betancourt libera, Usa che tengono il Paese sotto tiro: bel poker. Che il ministro della difesa s’ostini a nascondere come sia giunto alla liberazione attraverso il pagamento d’un riscatto, probabilmente all’intero movimento e non a un singolo guerrigliero comprato, si chiami César o altro, è umanamente e politicamente comprensibile. Quale cultore della real politik ne rivela i risvolti occulti?

Perciò coi venti milioni o meno di dollari – l’emittente svizzera insiste nella sua versione – il frutto della brillante operazione lanciata da Uribe e comandata da Washington, ha avuto necessariamente un prezzo. Quello politico, che nell’ondivago balletto delle versioni affiancava le dinamiche dell’azione, ora s’è fermato. Nelle prime dichiarazioni alla stampa la Betancourt aveva ringraziato com’era logico che fosse i liberatori, presidente colombiano in testa, dichiarandosi interessata a un ritorno sulla scena politica. In seconda battuta aveva addirittura prospettato di potersi rapportare a Uribe, dal quale l’ha tenuto sempre distante un’opposta visione della società. Eppure da mercoledì scorso, e forse da mesi, Ingrid appariva come diversa. Certamente libera, quindi felice – e con lei chi ne ha condiviso impegno e battaglie – però di quella libertà sembrava doverne pagare il tributo. Non solo nei confronti dei riflettori delle telecamere anteposti al suo abbraccio di madre, ma di quello stesso abbraccio condizionato a un’informazione partitica prima che mediatica.

L’affermazione, fatta poco prima di volare a Parigi, con cui per il bene della Colombia si dichiarava disposta a rapportarsi al partito di Uribe, aveva fatto scuotere la testa alla compagna di sempre Clara Rojas che s’era fermamente dissociata. Dopo le visite mediche parigine, che hanno confermato lo stato di buona salute e un fisico resistente, c’è stato un nuovo dietro-front di Ingrid. Pare non le interessino più le Presidenziali previste fra due anni dalle quali si smarca. Forse l’unica attuale certezza dell’intricata vicenda è che oggi sulla testa dell’ex senatrice pesino giochi internazionali forse più crudi del drammatico 23 febbraio 2002, quando la giungla la inghiottì e le Farc la segregarono. E da alcune ore tutto tace, in un silenzio mediatico globalizzato.

6 luglio 2008

Enrico Campofreda

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