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(1 Febbraio 2003)
In un mondo sempre più interdipendente, la guerra moderna alimenta e si alimenta di pulsioni razziste e segregazioniste. Tanto più una guerra infinita contro un nemico indefinito, come la "guerra preventiva al terrorismo", comporta la crescente criminalizzazione e segregazione dei diversi, identificati come potenziali nemici, anche con il ricorso agli strumenti di una giustizia sommaria e preventiva.
Per questo il movimento contro la guerra in Iraq è anche contestazione delle campagne mediatiche, delle montature giudiziarie e degli atti legislativi e amministrativi che, in Italia come negli Usa e in tutto l'Occidente, tendono da un lato a criminalizzare e segregare i migranti e specialmente i musulmani, dall'altro ad appiattire sulla categoria del "terrorismo" e sulla logica di guerra amico-nemico il giudizio sui movimenti di opposizione e di liberazione e il diritto d'asilo degli esuli, come nel caso della diaspora kurda.
In Italia sono già centinaia i cittadini stranieri di religione musulmana inquisiti per reati associativi, additati sulla stampa e dai massimi esponenti del governo come "terroristi" e incarcerati in base a indagini puramente indiziarie o basate su informative di servizi italiani o stranieri, e ultimamente su interrogatori extralegali di detenuti nell'inferno extragiuridico di Guantanamo. Oltre a colpire la presunzione d'innocenza e possibili innocenti, queste campagne giudiziario-mediatiche alimentano le tensioni razziste nei confronti dei luoghi di culto islamici cavalcate da esponenti di governo nazionale e locale.
Questi processi rischiano di moltiplicarsi con la guerra e con il prevedibile immenso esodo di profughi che essa provocherà, a fronte di una forte restrizione del diritto d'asilo e delle vie d'accesso legali che già comporta un pesante prezzo di vite umane nei mari e alle frontiere d'Italia e d'Europa. Oltre alle basi e alle portaerei, in Medio oriente e nelle regioni frontaliere si stanno allestendo i lager per profughi.
Contro questi processi di "guerra interna", che imbarbariscono la nostra società prima ancora della barbarie della guerra aperta, facciamo appello a una grande mobilitazione del pensiero giuridico garantista e delle coscienze, ad un'attenta ricognizione e denuncia dell'intreccio fra razzismo e guerra, e alla presenza a pieno titolo dei migranti e degli esuli nelle manifestazioni e iniziative contro la guerra in Iraq, a partire dalla giornata del 15 febbraio a Roma.
Prime adesioni: Senzaconfine, Antigone, Azad, Giuristi democratici, Cgil naz.le, Arci naz.le, Un ponte per., Mov. delle/dei disobbedienti, Prc naz.le, Aprile, Sinistra giovanile, Conf.ne Cobas, Legambiente, red. Carta, Assopace
Adesioni: dirittoalfuturo@libero.it
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