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(14 Maggio 2012) Enzo Apicella

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La crisi è del sistema

(9 Ottobre 2008)

Certo non è rassicurante il fatto che in tutto il mondo si puntellino con soldi pubblici quegli istituti finanziari e bancari responsabili di truffe e malversazioni che andrebbero fatti fallire, e anzi, aiutati a farlo.
Si intravede già la volontà del capitalismo internazionale di non privarsi dei suoi strumenti fondamentali per fregare la gente, e già si ha l’impudenza di sostenere che il “mercato” risolverà tutto, proprio adesso che senza i soldi statali questi organismi sarebbero stati spazzati via per la loro ingordigia senza regole.

I cittadini che si sono visti cacciare di casa dalle banche perché non pagavano il mutuo, sono chiamati in soccorso di queste affinchè ricomincino il loro ciclo di imbrogli e macchinazioni.

Finora non si è sentita una sola forza politica capace di dare un giudizio severo sulla globalizzazione finanziaria, il cui ciclo tossico e nocivo andrebbe interrotto, e non salvato, per incominciare a parlare di economie di scala più contenute, omogenee dal punto di vista geopolitico, che per prima cosa scelgono di investire nell’autosufficienza alimentare ed energetica (con le rinnovabili).
Sarebbe l’unica strada lungimirante, perché quando i costi e la fine del petrolio entreranno nella fase critica, la globalizzazione delle merci si fermerà e sarà molto traumatico il passaggio a una diversissima cultura e pratica economica.

L’attuale crisi finanziaria, che si riverserà tra qualche mese sulla economia reale, ci dà un avviso forte sulla follia della globalizzazione e ci dà la possibilità di intraprendere un’altra strada, necessaria per gli uomini e l’ecosistema.

Ci piacerebbe vedere i 560 miliardi di dollari, spesi ogni anno per la potenza militare dell’Impero del MALE Usa, dirottati verso una autosufficienza energetica in patria che potrebbe essere facilmente ottenuta rendendo così le guerre per il petrolio inutili, e gli Usa, che hanno una agricoltura che produce oltre i loro bisogni, sarebbero un paese ricco e pacifico che non ha bisogno di nessuno.

Basterebbe usare la razionalità e il pallottoliere per capire che l’indipendenza energetica e alimentare sono la strada giusta, e levarsi dalla testa ruoli fasulli di primato o guide mondiali, intrisi di fanatismo religioso e avidità economica, perché la cultura profonda degli Usa è quella di avere più degli altri e prenderselo con la forza, sempre benedetti da Dio.
L’attuale crisi finanziaria globale segnala cosa produce il capitalismo senza regole, ma questo è nulla davanti alla grande crisi a cui andremo incontro, quando il modello di sviluppo capitalista attuale (Cina e Russia comprese) avrà rotto per sempre gli equilibri sostenibili dall’ecosistema, con il riscaldamento globale che farà miliardi di morti.

E in questo caso non funziona come con le banche, che puoi evitare che falliscano, se arriva una crisi ambientale non c’è più niente da fare e le conseguenze durano decenni.

Uscire dalle energie fossili, dalla globalizzazione, diminuzione demografica, riconversione agricola dal mercato ai consumi interni nazionali, sono le uniche scelte capaci di fermare l’insostenibilità dell’attuale sviluppo capitalistico.
E qui c’è solo la prevenzione! Se aspettiamo che i fenomeni di squilibrio siano conclamati, siamo già finiti.

9 ottobre 2008

Paolo De Gregorio

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Commenti (1)

La commedia.

Paolo de Gregorio ancora una volta centra la questione: i governi invece di andare in aiuto ai cittadini, vere vittime, aiutano le banche le quali, attraverso questa crisi, probabilmente programmata e pilotata, rientrano in possesso, a poco prezzo, delle loro divise e del loro “territorio” economico, ceduto momentaneamente ai piccoli risparmiatori i quali si vedono “bruciare” i loro risparmi concessi alle banche attraverso azioni e fondi comuni, nella speranza di salvarsi dal disastro euro e dall’inflazione. In effetti tutti quei miliardi di euro che giornalmente vengono “bruciati” (come si sente dire alla TV) sono quelli dei piccoli risparmiatori, i quali, oggi, sono ancora più vulnerabili e ricattabili, come del resto poi tutta la popolazione, datosi che l’”aiuto” alle banche sarà il popolo a pagarlo. E, sempre alla TV, sembrano meravigliarsi che, malgrado lo stanziamento di quei 700 miliardi di dollari stampati dalla Federal Reserve e dati alle banche, Wall Street non riparta: se li davano in aiuto a chi si era indebitato per la casa, forse Wall Street non sarebbe ripartita lo stesso, ma la gente sarebbe meno alla disperazione di come, sempre alla TV, abbiamo visto. La Federal Reserve come la BCE, “generosamente” stamperanno, a loro uso e consumo, miliardi di dollari e di euro e, sempre generosamente, ce li presteranno al modico prezzo del 104%.
Questa “crisi”, sia chiaro, rafforzerà le banche: si assiste alla stucchevole commedia dei governanti occidentali che si riuniscono per “affontare la crisi” su precise indicazioni delle banche centrali stesse da cui sono dipendenti e che se non dovessero eseguire a puntino il compitino loro affidato verrebbero licenziati, in barba ad ogni forma di democrazia. Alle banche della democrazia, o della dittatura, non importa un fico secco e, se per caso qualcuno il compitino non lo assolve come programmato, attraverso nuove crisi economiche, anche a livello nazionale, non è escluso che potrebbero indurre a modificare l’assetto del sistema democratico. Come già indicato dai vertici del Capitalismo Confindustriale , questa crisi potrebbe far scendere ancor più in negativo la produzione nazionale con forti ripercussioni sull’occupazione e/o sui salari, e, in una situazione del genere, potrebbero far risultare sterili, o senza soluzione, le eventuali lotte operaie.

(12 Ottobre 2008)

Rolando Marchioni

rolando1934@alice.it

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