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(10 Gennaio 2010) Enzo Apicella
Dopo la rivolta degli schiavi di Rosarno

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Rosarnum libera est!

(10 Gennaio 2010)

Il console e prefetto Publius Hrodebertus Marronius fu svegliato con molta discrezione dal suo collega, il tribunum militum di origine siciliana Egnatius LaRussus, con l'annuncio che dopo colazione avrebbe potuto constatare di persona come, quanto aveva disposto la sera precedente il delegato romano, era stato completato.
Marronius si lisciò i baffi dopo aver intinto le dita in un bacile d'argento colmo di acqua di rose appena colte, pregustando le accoglienze trionfali che gli avrebbe tributato il Senato romano prima e poi il popolo padano a Mediolanum con questa sua ultima impresa .
Il rumore di asce e martelli, che aveva accompagnato il suo tranquillo riposo notturno, in effetti stava andando a scemare e uscendo dalla sua tenda, posta vicino ad uno dei cippi miliari della via Popilia ( l'antica consolare che collegava Capua a Regium), constatò l'eccezionale visione di una sterminata fila di croci infisse lungo i bordi della stessa.
Fra poco su quelle croci sarebbero stati appesi i capi e i partecipanti più esagitati della rivolta di schiavi africani che aveva sconvolto la tranquilla provincia reggina, mentre alcune centinaia di schiavi, che si erano prontamente arresi dinanzi alle centurie romane e alle militie locali, attendevano rinchiusi come belve in un serraglio, di essere fustigati e trasferiti sulle galere imperiali.
Lì avrebbero meditato sino alla morte come, l’aver rifiutato un piatto ( anche se miserabile ) al giorno, lavorando appena 16 ore su 24 negli orti patrizi calabresi, fosse stata la più scellerata scelta della loro vita.
A poca distanza dalla tenda del console, attendevano, osannanti, gli amministratori e i padroni delle ville patrizie di Rosarnum devastate dalla rivolta degli schiavi che aveva messo in pericolo la pax romana nel sud della Penisola.
Rendevano tutti grazie, offrendo doni e riconoscenza eterna al sommo rappresentante dei popoli romano e padano, ma facevano presente che ora, privati dell’oro nero, gli schiavi africani, la loro situazione di possidenti e produttori agricoli della ridente piana calabrese sarebbe stata irta di difficoltà.Chi ora avrebbe potuto lavorare i campi per rifornire le ricche mense dei patrizi romani e milanesi?
Marronius, lisciandosi i baffi, li ringraziò per la collaborazione che avevano dato alle sue truppe legionarie nella caccia allo schiavo negro, fornendo feroci cani lupo, mastini, addirittura delle tigri addomesticate e schierando i loro figli migliori e gli schiavi di origine germanica, che non avevano voluto aderire alla rivolta, accanto ai milites romani.
Questo nuovo patto tra i potenti del luogo e lo Stato centrale, ma innanzitutto con lui Marronius esponente di spicco del popolo padano, lasciava intendere che altri e migliori scambi di affari e clientele politiche si sarebbero strette tra i commercianti e banchieri settentrionali e latifondisti della provincia calabro-siciliana.
Un patto che in data odierna sarebbe stato siglato, con l’offerta coatta di parti di suolo pubblico calabrese agli speculatori edili del Nord, che sognavano da tempo insediare le loro ville per le vacanze estive nell’Agro di Scilla e Cariddi .
Il console Hrodebertus Marronius, il cui nome tradiva le sue origine germaniche, un liberto , ovvero uno schiavo liberato e adottato dal suo padrone Publius Silvius Berluscus, assicurò che ben presto in Senato sarebbe stato discusso il finanziamento di nuove campagne militari ad oriente ai confini dell’Impero e quindi nuovi schiavi avrebbero sostituito quelli andati perduti nella rivolta.
Schiavi provenienti da popoli e tribù spesso in guerra tra loro e che, difficilmente, avrebbero potuto legare tra loro in futuro e coalizzarsi in rivolte pericolose, come quella del gladiatore tracio Spartaco, che tempo prima aveva devastato il Sud d’Italia
Un messaggero intanto stava già cavalcando alla volta di Roma con un lapidario messaggio di Marronius: -“ Rosarnum libera est!” e gli scalpellini stavano erigendo sul luogo il famoso Cippus Marronius Rosari, un cippo ad onore del console che avrebbe tenuto compagnia con quello eretto a Polla dal suo collega Publius Popillius Laenas in occasione di un’analoga vittoria contro gli schiavi sulla omonima via consolare Popilia Capua-Regium nel 132 A.C.
Su questo cippo sarebbe stato scritto ET·EIDEM·PUBLIUS –HRODEBERTUS MARRONIUS- TRIBUNUM-CONSUL ·IN BRUTTIUM ET SICILIA- FVGITEIVOS·ITALICORVM- CONQVAEISIVEI·REDIDEIQVE- HOMINES· DCCCC- EIDEMQVE-PRIMVS·FECEI·VT·DE·AGRO·POPLICO
AEDILES (PALAZZINARUM) MEDIOLANI ·CEDERENT·PAASTORES
La cui traduzione suona così in latino padano:-“Ed io Publio Roberto Marronius Tribuno console in Calabria e Sicilia, catturai e riconsegnai gli schiavi fuggitivi degli Italici, per un totale di 900 uomini, e parimenti per primo feci in modo che sull'agro pubblico i pastori cedessero agli edili palazzinari milanesi.

Brindisi 9 gennaio 2010 A.D.

Antonio Camuso
(Osservatorio sui Balcani di Brindisi)

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