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Militari italiani all’estero: impunità assoluta per legge!

(2 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Storie di taskforce, ambulanze, civili mitragliati e assoluzioni

In queste ore sui media di tutto il mondo girano le immagini del video dell’interrogatorio dei giovanissimi componenti del KILL TEAM , un gruppo di soldati americani ventenni che plagiati dal loro sergente ammazzavano e collezionavano dite di civili afgani innocenti per puro divertimento. Se la Corte marziale li riterrà colpevoli il rischio per loro è la morte o il carcere a vita.
Ma …in Italia quali sono le misure che impediscano che si commettano abusi nelle operazioni militari all’estero?
Impunità assoluta per legge , o meglio, grazie al solito decreto milleproroghe…

Con il nostro articolo riteniamo opportuno aprire uno squarcio sul velo plumbeo della legislazione di “emergenza” che da pochi mesi permette la totale impunità sui reati che i militari possono fare durante le operazioni all’Estero.

Un’impunità che non siamo noi a definirla tale, ma, bensì, esperti civili e militari di diritto penale che ha approfondito questo argomento sulla rivista più prestigiosa delle nostre Forze Armate, Informazioni della Difesa, periodico a firma dello Stato Maggiore della Difesa, nel numero 3/2010, giunto un mese fa agli abbonati.

Esso è una conferma autorevole a quanto denunciato da troppo tempo da associazioni pacifiste e antimilitariste, come noi dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi: siamo arrivati ad un punto di deriva democratica tale che, in nome dell’unanime consenso patriottico, le quotidiane polemiche politiche tra poli son state messe da parte per approvare una legge, quella che è entrata in vigore il 1 gennaio 2010, la 197/2009, che praticamente rende non punibili i militari che usassero le armi o altro mezzo coercitivo contro tutti coloro che gli si oppongano, in qualunque modo, impedendo l’esecuzione di ordini e direttive impartite e/o nel rispetto delle Regole d’Ingaggio, ROE.

I due esperti, autori dell’articolo (Paolo Maria Ortolani e Francesco Zamponi) nel loro particolareggiato studio, si dichiarano perlomeno sconcertati (se non addirittura scandalizzati NdR) su come, provvedimenti amministrativi (redatti da Generali e sotto la pressione di Paesi -gli USA- o Alleanze - la NATO- NdR) possano diventare norme di rilevanza penale tali da ledere il principio costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.

Leggi su richiesta NATO-USA

Durante il 2009, dopo il fallimento delle elezioni afgane e le polemiche su come uscire dal pantano afgano, Obama e il Pentagono richiedevano che l’impegno italiano in Afghanistan fosse più aggressivo e reparti speciali nazionali facessero parte dei team delegati alla eliminazione della minaccia degli insorti.

Come fare per evitare che nostri militari coinvolti in operazioni di “killeramento” di capi talebani, trafficanti di oppio ed armi , potessero andare sotto processo se vi fossero vittime civili? Come evitare che in operazioni multinazionali a guida americana, i nostri uomini, lavorando in team con soggetti come la Kill Team, la squadra di statunitensi che ammazzava afgani tagliando poi loro dita e altre parti del corpo per puro sadismo, potesse ritrovarsi su un tavolo di tribunale? Si scatenava una ridda di ipotesi su come cambiare il codice penale militare di pace o crearne uno apposito riguardante le operazioni di “controguerriglia” e/o di peacekeping.

Alla fine, come al solito, si trovava una soluzione all’italiana che aggirava discussioni parlamentari e coinvolgimento di pericolose Consulte. Nel solito documento multiproroghe, salva missioni di fine anno, il n 152 del 4 novembre 2009, (disposizioni urgenti proroga missioni internazionali ed altro…) veniva fatta una legge di modifica che, esplicitando la non punibilità degli atti fatti sotto ordine superiore, derubrica a colposo qualunque tipo di violazione nell’uso eccessivo della forza”.

Praticamente una vera e propria licenza di ammazzare o infliggere danni a tutti coloro che anche inconsapevolmente si trovassero a traversare la strada di un nostro gruppo di armati all’estero.

Prendiamo per esempio l’ultima operazione di una nostra Task force andata a male, quella dove il tenente Romani ha perso la vita. quando ha avuto la sfortuna di imbattersi in un gruppo di prede talebane decise a non farsi “terminare”.

Nel quadro specifico della missione del tenente Romani, nel caso che nell’irruzione nel covo talebano fossero stati killerati donne e bambini, lì presenti, la stessa procura di Roma competente per i reati commessi dai nostri militari all’estero non avrebbe dovuto aprire nessuna inutile pratica, poiché il reato, quello che prima si sarebbe potuto configurare come mancata osservanza di norme atte a preservare le vite dei civili, uso eccessivo della forza, ecc. è stato cancellato, per adesso soltanto per i militari all’Estero, ma che si prevede di poterlo estendere in tutte le operazioni dove sia richiesto l’intervento di militari in un ambiente urbano, ovvero dove il “nemico” si confonda o sia appoggiato dalla popolazione civile.

Questo non significa che, prima del gennaio 2010, atti di violenza inutile o di stupidità nell’osservanza degli ordini siano stati censurati con condanne!!!

Assolutamente no! Sono passati i tempi in cui lo scandalo torture in Somalia, fece oscurare il mito del Buono Soldato Italiano portandolo nell’aula di tribunale. Dal 2001 tutto ciò che è avvenuto di “sporco” all’estero è stato di fatto assolto con motivazioni incredibili in nome della lotta al terrorismo internazionale.

Ambulanze mitragliate, civili giustiziati: la catena delle assoluzioni

Ve la ricordate la famosa battaglia dei ponti a Nassirya in Iraq? Lì vi fu una vera e propria strage di miliziani e civili che contesero al nostro contingente l’accesso ai ponti della città.

Le vittime furono tutte classificate insorti e quindi non-degne neanche di uno sputo di condoglianza, ma scioccò tutti l’ambulanza mitragliata, nonostante che portasse i contrassegni della Mezzaluna rossa. In quel caso i nostri soldati ammazzarono 4 occupanti dell’ambulanza, compresa una donna partoriente: ebbene, con sentenza n33 del 7 maggio 2007 il Gup del tribunale militare di Roma ha mandato assolti i nostri militari. ( ex art 44 cpmp).

Così è stato, in un’altra occasione, per un civile, un manifestante iracheno freddato dai nostri militari. La vicenda è di una crudeltà rivoltante: lui, l’iracheno che protestava, fu “reso inoffensivo” ovvero pestato e gettato, svenuto, per terra.

Nonostante ciò, veniva freddato, da un altro soldato italiano che lo colpiva con la canna del fucile dal quale, “inavvertitamente”, gli partiva un colpo. Non ci dilunghiamo sui particolari macabri dell’effetto del proiettile da guerra sulla sua testa …. Ebbene, la Corte militare di Appello con sentenza n.27/06 del 5 maggio 2006 n.27 ha assolto il militare per aver agito in stato di necessità militare (ex art 44 e 59 cpmp) ponendo a suo fondamento l’interesse militare che aveva come obbiettivo la sicurezza del posto dove i manifestanti si erano radunati.

Su tutto ciò aleggia un silenzio, complice trasversale e chi lo viola, come noi, è additato come sabotatore, antipatriottico e alleato ai terroristi che un giorno potrebbero anche colpire il nostro paese.

Invece, a portare la barbarie della guerra nel nostro paese, sono proprio sentenze e leggi simili, poiché, negli scenari futuri che si prefigurano, vi sarà un sempre più maggiore presenza di militari nelle aree di crisi interne, di controllo e presidio di centrali nucleari, ponti sullo Stretto, Ferrovie Alta Velocità TAV in costruzione, ecc, in caso di gravi crisi sociali, controllo di aree metropolitane a rischio, ecc.

In quel caso ad avere la canna del fucile puntata, saremo tutti noi e non ci potremo appellare a nessuna giustizia, poiché noi siamo rimasti in silenzio quando a cadere sotto i mitra e i silenziatori erano gli altri, gli alieni, gli oppositori della democrazia occidentale.

Antonio Camuso

30 settembre 2010

- http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/afghan_15_killteam.htm

Antonio Camuso - Osservatorio sui Balcani di Brindisi

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