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Playtex: il punto su una pesante ristrutturazione.

(28 Giugno 2010)

Con l’intervista che segue, realizzata il 26 giugno, cerchiamo di rendere noti alcuni particolari poco conosciuti della vicenda dello stabilimento Playtex di Pomezia (provincia di Roma), legato alla commercializzazione dell’intimo. Si tratta del nostro primo intervento in un territorio – l’area industriale del sud del Lazio, compresa tra le province di Roma, Latina e Frosinone – dove si sta verificando a velocità impressionante la perdita di moltissimi posti di lavoro, in virtù di ristrutturazioni feroci e di strategie industriali “opache” come quella qui descritta.

Playtex

D. Ciao, allora stiamo parlando con?
R. Salve, mi chiamo Mario Spagnoli, sono il Delegato RSU della Società Playtex e faccio parte altresì del Comitato Aziendale Europeo. Il mio sindacato è la CGIL.

D. Quali sono i sindacati presenti in azienda e qual è il livello di sindacalizzazione?
R. I sindacati presenti sono CGIL, CISL e UGL, mentre il livello di sindacalizzazione si aggira intorno al 50-60% dei lavoratori.

D. Da quanto tempo esiste questo stabilimento e quanti sono i dipendenti?
R. Lo stabilimento nasce nel 1963, con più di mille dipendenti. Oggi conta 147 dipendenti di cui 118 lavorano all’interno dello stabilimento e sono direttamente interessati dalla ristrutturazione. Le donne rappresentano l'80% della forza lavoro. Nel corso degli anni e sino al 1999 all'interno dello stabilimento vi era la produzione vera e propria. Nel 1999 l'Azienda decise che la produzione in Italia e qui a Pomezia era troppo onerosa, quindi la spostò in paesi quali le Filippine che avevano un costo della manodopera assai più basso. Questa prima ristrutturazione coinvolse 187 dipendenti in esubero. Nel 2000 Sara Lee rilevò i marchi Playtex e Wonderbra e successivamente provvide ad acquistare il marchio Lovable, diretto concorrente dei primi due, che era in forte crisi. Si venne cosi a creare un unico polo che racchiudeva i tre maggiori marchi di corsetteria Il periodo compreso tra il 2001 e il 2006, sebbene segnato da una ripresa dei marchi e della stessa Lovable in termini di fatturato, non soddisfò Sara Lee e gli altri azionisti che decisero di vendere nel 2006 tutti i marchi del Gruppo ad un fondo di investimento denominato San Capital. Questo fondo di investimento si occupa di acquistare aziende in crisi per poi rilanciarle sul mercato…

D. Per rilanciarle o per smembrarle e venderle sul mercato a piccoli pezzi?
R. Loro (San Capital) dicono che fanno ciò per rilanciare le aziende, ma nel corso degli ultimi tempi so che alcune società acquistate dal Fondo sono state smembrate e vendute: evidentemente tale politica è considerata più remunerativa. Ad oggi San Capital non è ancora rientrata dei capitali investiti ed è per questo che sta procedendo ad una ristrutturazione interna.

D. Il Fondo San Capital quanti stabilimenti ha in Italia?
R. Allora a Bergamo vi è lo stabilimento della Lovable che commercializza Lovable e Fila, mentre qui a Pomezia c'è quello della Playtex che commercializza i marchi Dim, Playtex, Wonderbra e Unno.

D. Quando siete venuti a sapere che c'era una ristrutturazione aziendale in atto?
R. Il 15 aprile 2010 c'è stata la prima riunione a Parigi alla quale sono stato invitato a partecipare e nella quale mi è stato comunicato che l'Azienda aveva necessità di razionalizzare i costi. Qualche giorno prima sono stato convocato presso l'Unione industriale di Bergamo dove mi hanno anticipato brevemente quello che poi mi avrebbero detto a Parigi. L'Azienda voleva aprire subito la fase di mobilità, ma noi abbiamo cercato di fermare i tempi anche in considerazione del fatto che esiste la fase della consultazione. L'Azienda allora ci ha nuovamente convocato a Parigi in data 25-26 maggio ribadendo che per motivi di razionalizzazione dei costi aveva la necessità di chiudere uno stabilimento, nello specifico quello di Pomezia, e che tale decisione era stata assunta a seguito di una precisa analisi aziendale portata avanti da una società specializzata, la Dragma. Praticamente da questa analisi è emerso che il sito di Bergamo può accogliere tutta la commercializzazione dello stabilimento di Pomezia che pertanto può essere chiuso.

D. Quanti sono i dipendenti del sito di Bergamo?
R. A Bergamo ci sono circa quattrocento dipendenti di cui circa 130 sono divisi tra Dirigenza, venditori, dimostratori.

D. L'Azienda come si è posto il problema del futuro dei lavoratori di Pomezia?
R. I vertici aziendali si sono dichiarati disponibili ad assumere per il sito di Bergamo 30 persone più altri 12 impiegati. Per i restanti lavoratori non è stata offerta/proposta alcuna soluzione.

D. Vi siete relazionati con i vostri colleghi di Bergamo, anche per valutare possibili iniziative comuni?
R. No, non abbiamo avuto contatti con Bergamo, perché, a livello di sindacato, riteniamo la nostra una vertenza di natura territoriale.

D. Voi condividete l'analisi logistica fatta dalla Dragma?
R. Abbiamo contestato quell'analisi, sulla base di un'analisi logistica che abbiamo commissionato, dalla quale è risultato che il Sito di Pomezia è molto più efficiente di quello di Bergamo e che siamo qui in grado di svolgere il lavoro di Bergamo con un terzo del personale. Quindi a conti fatti chiudere Pomezia per passare tutto a Bergamo è del tutto controproducente. Inoltre la Dragma appena nel 2008 aveva dichiarato che il sito di Pomezia era il migliore in ambito europeo. La motivazione addotta dall'Azienda, cioè la necessità di razionalizzare i costi chiudendo il sito di Pomezia è del tutto infondata.

D. A vostro avviso quali sono le reali motivazioni che spingono il gruppo a chiudere il sito di Pomezia?
R. Noi crediamo che la volontà di San Capital sia quella di voler provvedere nell'arco di qualche anno alla chiusura di tutti i siti di distribuzione in Europa, e quindi in Francia, Spagna e Inghilterra, per poter commercializzare tutti i prodotti da un unico centro, quello di Autun in Francia.

D. Quindi la previsione è che a breve giro verranno a mancare anche i posti di lavoro del sito di Bergamo?
R. Si, io credo, insieme ai miei colleghi e in base all'analisi che abbiamo fatto, che entro un breve periodo anche i lavoratori di Bergamo subiranno lo stesso trattamento che oggi stanno riservando a noi.

D. La previsione di ritrovarsi con 120 famiglie in difficoltà economica in un Comune di 50.000 abitanti cosa ha generato? Le istituzioni come si sono comportate?
R. Il Sindaco di Pomezia De Fusco si è mostrato solidale con noi, sino a quando non ha dato le dimissioni. Saltando le gerarchie anche sindacali, siamo andati direttamente in Provincia dove abbiamo parlato con l'Assessore alle Politiche del lavoro, dott. Smeriglio, portando la documentazione attestante la pretestuosità della volontà del Gruppo di chiudere il sito di Pomezia. Tramite il dott. Smeriglio siamo arrivati in Regione, dove l'Assessore alle Politiche del Lavoro, Dott.ssa Mariella Zezza ha convocato i vertici aziendali per vedere di arrivare ad una soluzione.

D. Che tipo di lotta avete messo in atto?
R. Abbiamo bloccato la distribuzione dal 19 maggio al 23 giugno. In quel mese nessun camion è entrato o uscito dallo stabilimento. L'Azienda ha valutato di aver perso, per causa nostra, circa due milioni di euro e ci ha fatto delle pressioni; sono state fatte denunce, sono venuti i carabinieri, ma noi non ci siamo lasciati intimidire.

D. Ad oggi questa lotta ha dato dei risultati?
R. Si, c'è stata un' apertura da parte dei vertici aziendali, relativamente alla volontà di richiedere la cassa integrazione per la cessazione dell'attività, per un tempo complessivo pari a 24 mesi. In questo periodo di tempo, le parti si impegneranno a cercare un acquirente pronto ad acquisire il sito con i dipendenti per poter commercializzare un qualsiasi prodotto.

D. Relativamente a questa nuova situazione, che scadenze vi siete date, quali sono i prossimi appuntamenti?
R. Il 29 giugno insieme con i vertici Regionali e Aziendali ci vedremo per stabilire le linee da seguire. Se ci sarà un'intesa sulla linea, seguirà la fase ministeriale dell'accordo con i successivi 30 giorni che servono a coinvolgere le Istituzioni. Inoltre abbiamo appuntamento il 2 e il 6 luglio.

D. Chi sono i firmatari dell'Accordo?
R. Per la RSU io insieme ai miei colleghi Cisl e Ugl, l'Azienda è rappresentata dall'Unione Industriali di Roma nella persona di Delli Iaconi e Marcello Orifici, inoltre dalle Sig.re Pezzotta e Ceccarelli delle Risorse Umane.

D. Possiamo quindi concludere, sulla base di quanto detto precedentemente, che questa ristrutturazione, così pesante, non porterà a nessun rilancio dell’attività in Italia?
R. Direi di sì. A parte la nostra analisi della situazione, lo confermano anche alcune dichiarazioni della controparte, secondo le quali il gruppo, nei prossimi anni, avrà perdite per un 6% annuo. Questo significa che la chiusura di Pomezia non comporterà nessun miglioramento, anzi. Di conseguenza, tra non molti anni anche lo stabilimento di Bergamo sarà chiuso, con la perdita di altre centinaia di posti di lavoro

A cura de Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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