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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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Il CPN del PRC del maggio 2003

Il pane e le rose - approfondimento n.2 - 15 giugno 2003

(15 Giugno 2003)

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Il Comitato Nazionale del Partito ha subito di recente (V °congresso –aprile 2002) una significativa riduzione dei componenti (da più di 400 ad un centinaio), in nome della velocità e dell'agilità necessarie per discussioni approfondite e tempestive.

Nonostante questa consistente potatura ha la sgradevole abitudine di convocarsi ogni sei mesi.

Questi appuntamenti, di conseguenza, sono per lo più ignorati non solo dalla massa del Partito, ma ormai anche dai suoi gruppi dirigenti larghi (Cpf direttivi di circolo), che non vedono incrociare queste discussioni né con la loro pratica né, tanto meno, con le scelte politiche del partito (referendum, alleanze elettorali, tattica nel movimento, ecc). Non si usa nemmeno più, almeno nella nostra federazione ma sospettiamo anche nelle altre, aprire una discussione sulle sue sessioni o anche solo citarne i lavori, i documenti, le conclusioni.

Nel contempo i materiali pubblicati su "Liberazione" ed i rari resoconti della stampa diventano sempre più utili, veri e propri squarci sui rapporti che intercorrono nel gruppo dirigente nazionale del partito (in ogni partito comunista e tanto più in questo rifondato, il gruppo dirigente è il luogo principe della formazione della linea politica).

Non un luogo di discussione quindi, ma uno specchio in cui si riflettono le collocazioni e gli spostamenti delle diverse aree politico programmatiche che compongono il Prc, un momento in cui emergono e si evidenziano le linee di frattura e quelle di ricomposizione nella fase successiva, in cui si registra la linea politica elaborata dal partito in altri luoghi e sedi (la direzione? la segreteria? lo staff del segretario? mah).

Per questo sarebbe doveroso porre più attenzione, discussione e riflessione su queste riunioni.

Facciamo un attimo un piccolo passo indietro per ricordare le ultime vicende di questo organismo.

Il Cpn arriva dopo quasi sei mesi da quello precedente (novembre 2002 mi pare), tenuto a sua volta sei mesi dopo il congresso di aprile e l'elezione degli organismi dirigenti nazionali (direzione e segreteria, avvenute la sera di chiusura del congresso).

Si potrebbe osservare che l'elezione dei gruppi dirigenti locali, che chiudevano la lunga fase congressuale, ha inaspettatamente occupato gran parte di questi sei mesi (aprile-novembre), particolarmente in alcune importanti federazioni come Roma o Milano, con dimissioni dei segretari eletti, bocciature di segreterie, difficoltà a raggiungere numeri legali ed a completare gli organigrammi.

D'altronde anche nel nostro piccolo padovano si sono registrati analoghi problemi, con un voto al segretario (14 favorevoli, 9 contrari e 3 astenuti) alla segreteria (14 favorevoli e 12 contrari) assai lontano dai numeri congressuali, una certa difficoltà ad individuare il nuovo tesoriere, le dimissioni del candidato individuato dalla segreteria e l'elezione infine (a settembre mi pare) del compagno Giachin.

Il Cpn di novembre, dicevamo, chiude questa fase di tensione e difficoltà nei rapporti interni al partito, con una conclusione unitaria nella maggioranza del partito, una ricomposizione intorno ad un aggiornamento della linea politica: dalla costruzione della sinistra alternativa come leva per una sinistra plurale viene sancito il passaggio alla rottura della gabbia dell'ulivo in tre tronconi (sinistra alternativa, sinistra moderata e centro liberale).

Tre tronconi che nella proposta dialogano e si rapportano tra loro, con mutati rapporti di forza rispetto al passato, per costruire un'alternativa al centrodestra.

In pratica si riconosce per la prima volta in maniera esplicita la necessità di costruire alleanze con tutto il centrosinistra e anche oltre (Udeur e Dipietro ad esempio).

Di conseguenza si apre la prospettiva di un'alleanza con l'Ulivo per le amministrative della seguente primavera (voto di questi giorni). Una linea che, nel contempo, ratifica la scelta referendaria e individua in Cofferati (il suo tentativo di leadership "a sinistra"dell'Ulivo sulla base di una scomposizione dei DS) il principale ostacolo alla rottura e ricomposizione su tre tronconi del centrosinistra.

Una linea che segna la ricomposizione della maggioranza congressuale ed è subito trasferita sul piano locale: ad esempio al congresso veneto (primi di dicembre) l'area grassiana viene confermata in segreteria regionale, nonostante le precedenti volontà di estrometterla, dopo una lunghissima discussione in commissione elettorale (che consegna la lista all'ultimo minuto) e col mal di pancia di alcuni compagni della maggioranza che arrivano ad astenersi al voto nel nuovo Cpr.

Contemporaneamente si sancisce l'apertura di relazioni con tutto l'Ulivo, con esplicite indicazioni lanciate dal palco dai principali dirigenti regionali, le interviste ai giornali del segretario Sperandio ed i due incontri della segreteria regionale con le segreterie Ds e Margherita.

Stessi venti spirano in quei giorni in Sicilia, dove le volontà del locale Cpr di ragionare su un polo autonomo dal centrosinistra per le prossime elezioni, espresse in un seminario prima del Cpn, vengono rapidamente corrette da una riunione con Bertinotti che sancisce la proposta di alleanza con l'Ulivo isolano.

Ancor più a livello locale si può dire che questa linea è stata assunta pienamente anche dalla segreteria padovana, che da dicembre in poi inizia (si può probabilmente dire per la prima volta nella storia della città su questioni che riguardano Padova) a tenere conferenze stampa unitarie con Ulivo e DiPietro, sforna una serie di volantini e manifesti a otto simboli (come sopra), chiude un alleanza elettorale al primo turno con l'Ulivo ad Albignasego (comune con più di 15. 000 abitanti), costruisce un intervento nel "coordinamento senza se e senza ma"e nel tentativo di "social forum" a febbraio marzo in raccordo con Cgil, Fgci (Pdci), Arci e Sinistra Ds (ed in contemporaneo scazzo con le forze più vicine alla sinistra alternativa, disobbedienti-verdi-adl legambienteradio-sherwood).

L'obiettivo principale è il rapporto diretto con l'Ulivo e la sua ala sinistra in particolare.


CPN 2, 3 E 4 MAGGIO: TRA CUBA E REFERENDUM IL PARTITO DISCUTE

Ecco quindi il nuovo Cpn (Roma, 3 e 4 maggio), centrato sostanzialmente intorno a tre elementi: la guerra, cuba, il referendum.

La riunione si tiene una settimana dopo una tesa direzione nazionale sul quadro internazionale, che ha confermato l'analisi sull'impero e la lettura della guerra come "colpo di stato americano"nel gruppo dirigente mondiale.

Un'evoluzione rispetto al congresso: dalle tesi di Negri siamo passati a quelle di Hardt (vedi il primo numero di Global), che confermano e radicalizzano le letture di "Impero" anche dopo la guerra in Irak..

Siamo oltre lo stesso Negri, che sembra dare sullo stesso numero di Global una lettura più articolata della situazione, con un ritorno a dinamiche "imperialiste"più che un'accelerazione verso un governo mondiale unipolare.

Ma la direzione nazionale e la sua discussione sono segnate più dalla cronaca che dall'analisi, con la presa di distanza pubblica, in parlamento e nel movimento, dalle fucilazioni cubane.

La relazione di Bertinotti vola alto, talmente alto che probabilmente sfuggono ai più i nodi politici proposti al dibattito (a me sicuramente).

Il segretario parte dalla guerra, ovviamente, e dalla fase inedita (?) in cui ci troviamo. Avanza l'urgenza di offrire interpretazioni, di capire e non solo di fare, di avanzare subito delle ipotesi e poi al limite correggerle di fronte al cambiamento della situazione.

Detto questo che è l'importante, come Wittgenstein tace di ciò di cui non si può parlare (cioè non mi sembra avanzare particolari interpretazioni).

Forse ha già avanzato in Direzione e ripetita non juvant. Ora è il momento del fare, bisogna lavorare su tre direzioni:
1) ottica mondiale di azione (che si concretizza nel sostegno al documento di Marcos, Chomsky ed altri) e "spazio geopolitico"europeo in cui continuare (continuare?????) l'opera di costruzione di una sinistra alternativa europea;
2) radicare il movimento (elaborare elementi simbolici, costruire mappa delle forme del conflitto, inchiesta) (radicare?);
3) ragionare su efficacia e sconfitta delle mobilitazioni (grande problema: raggiungere un'organizzazione del movimento e della sinistra d'alternativa capace di configurare una potenza di massa in grado di raggiungere risultati concreti).

Questo lavoro nel movimento va portato avanti mentre è in corso un attacco da due lati: rilancio della terza via blairiana (a destra) e atti disobbedienti esemplari ed emblematici che isolano dalla massa (a sinistra: non si bruciano i bancomat!!!).

Quindi bisogna dare una barra sociale al movimento per svilupparlo: referendum sull'Art 18, i diritti come nuova variabile indipendente paragonabile alla funzione svolta dal salario negli anni 70, come moderno vincolo interno (Claudio Napoleoni) contro il capitale.

Dopo tanto ragionamento si scende in politica. Sul referendum attacca la sinistra astensionista e loda Cgil ed Arci per scelte di voto. Al sodo si propongono due operazioni contemporanee:
1) costruire la sinistra alternativa a partire da forze referendarie e soprattutto da singoli e soggetti delusi da Cofferati (quindi con una parte del centrosinistra)
2) stare addosso al centrosinistra (quindi poi collegarsi subito con le parti rimanenti).
Bene fare alleanze alle amministrative, male che ci hanno escluso a Brescia.
Emerge qualche dubbio di coscienza: prima o poi dovremo trovare il tempo di verificare "modalità senso"della partecipazione ai governi locali. (ok la modalità, ma bisogna verificare anche il senso????!!!!: sembra quasi che stiamo lì nelle giunte, senza saper bene cosa ci stiamo a fare. Mah, forse non ha poi tutti i torti conoscendo il partito: perdoniamoli, perché non sanno quello che fanno).

L'ultima parte torna sull'ultima Direzione e le questioni internazionali: i governi Bush e Berlusconi come moderni reazionari, gli USA come involucro imperiale e la globalizzazione, il riformismo non funziona più, il nostro obiettivo è un'Europa sociale disarmata e attenta alla crescita del salario (tra gli ultimi due punti mi sembra che si dia "la contraddizion che nol consente", ma il congresso è finito compagni, tirem innanz!!!), infine amicizia e dissenso con Cuba.

L'area neo-togliattiana (gli emendatari del V congresso che hanno nei compagni Grassi e Burgio i loro portavoce pubblici) parte quindi all'attacco con interventi molto netti.
Una parola d'ordine si ripete quasi in ogni discorso: con Cuba, senza se e senza ma.

Ma il dissenso si esprime a tutto tondo, non solo sulla solidarietà a Fidel.
Sulla guerra è riproposta l'analisi sulle contraddizioni imperialiste crescenti (competizione eurodollaro) e sottolineata la vicenda irakena come falsificazione delle tesi congressuali.
Nel contempo è avanzata la prospettiva di un fronte antimperialista che riunisca i pc, i movimenti, le forze ed i governi nazionalisti (Burgio, Stefano Cristiano –ex segretario di Pistoia, Sconciaforni segretario di Bologna, Letizia Lindi dei Giovani Comunisti, Vladimiro Merlin di Milano, Bruno Steri di Roma).

Da alcuni interventi è sottolineata una lettura del governo Berlusconi come nuovo regime nascente, dal forte connotato piduista e antidemocratico (ad esempio ancora Burgio, Grassi Cristiano), con una significativa sottovalutazione delle sue tendenze reazionarie (Alessandro Leoni di Firenze, ex segreteria regionale Toscana).

Anche in rapporto a questa sottolineatura si sostiene e si accentua la valenza della seconda operazione bertinottiana (stare addosso al centrosinistra): accordi alle amministrative fatte con contenuti avanzati (Cristiano), alleanze per sconfiggere le destre, anche per il futuro (intende il 2004, per ora, Grassi); sollecitare confronti con l'Ulivo e i Ds per fare accordi su punti programmatici chiari (Bracci Torsi di Roma, Cristiano).

L'accordo nazionale è salutato come una positiva correzione di linea, come anche l'annunciata intenzione di costruire una sinistra alternativa che coinvolga le forze dentro la sinistra dell'Ulivo.
Si sollecita anzi l'elaborazione di un programma alternativo di governo. (Saverio Ferrari di Milano).

In alcuni interventi, in particolare di compagni che hanno avuto un ruolo importante nelle vicende di Rifondazione, sono avanzate delle critiche alla conduzione del Partito e al suo profilo ideologico con toni particolarmente acuti e gravi, che ricordano momenti ben più conflittuali e decisivi della vita del Prc: divisione del partito vicino ad elezioni sbagliata (Bruno Casati ex segretario di Milano), grave errore la divisione in direzione, la quantità diventa qualità troppe mutazioni rischiano di cambiare la natura del Partito. Sono preoccupato. (Fosco Giannini, segretario di Ancona).

La scelta su Cuba, che determina un avvicinamento con i settori blariani e anticomunisti del centrosinistra, è un fatto inquietante su cui riflettere con preoccupazione (Fausto Sorini, DN, ex coordinatore dipartimento esteri).

L'area bertinottiana (la maggioranza della maggioranza) risponde infastidita al dibattito, non entrando molto nel merito della relazione, articolandosi con toni e argomenti anche diversi.
Forse ha qualche ragione la critica (che vedremo) della compagna D'Angeli (DN, area Bandiera rossa), che sembra vedere la maggioranza come una sommatoria di componenti tenute insieme dal contrasto di alcune impostazioni più che da una prospettiva condivisa.

Alcuni interventi evidenziano un forte fastidio nei confronti della discussione, un'irritazione per il dissenso espresso: questa discussione segna un arretramento (Patrizia Sentinelli, segreteria nazionale); impantanamento e fossilizzazione della discussione, le tesi della segreteria hanno peso fuori dal partito mentre i dissenzienti non hanno consenso di massa (Albonetti di Ravenna); Caprili (DN) chiede le ragioni della fatica ad immettere innovazione nel nostro lavoro, percependo rinsecchimento e imprigionamento in una continua pratica interna; Francesco Ferrara (DN, responsabile gruppi dirigenti) esprime sofferenza per il correntismo della discussione.

Da molti, in risposta all'attacco in corso, viene difesa la posizione su Cuba, con accenti vari su un diverso modo di concepire il potere comunista e l'importanza della democrazia (Barbarossa del Forum Donne, Giovanna Capelli DN-Milano, Elettra Deiana deputata, ecc) ed una difesa dell'analisi su impero globalizzazione (Gennaro Migliore, ovviamente, responsabile esteri; Marco Nesci di Genova, Loredana Fraleone della segreteria nazionale, Citto Maselli, ecc).

Molti centrano intervento su questione politica: referendum referendum referendum.
Viene sottolineato il nuovo e centrale ruolo politico del Prc, grazie alle tesi congressuali (De Cesaris dell'uff. di segreteria), il terremoto politico conseguente alla scelta referendaria di Cgil e Arci (Russo Spena, Paolo Ferrero della segreteria; Rita Ghiglione della DN, ecc).

Qua e là emergono anche alcuni interventi che mostrano difficoltà e dubbi sul rapporto con il centrosinistra: Arleoni (Reggio Emilia) evidenzia che solo dove il centrosinistra pensa di perdere parla con noi, e che comunque non mette in discussione le proprie scelte (ad esempio le privatizzazioni); Maria Cristina Perugia (segretaria di Roma) sottolinea il rischio di essere schiacciati in una tenaglia tra movimento che non vuole sporcarsi le mani ed una pratica di potere del centrosinistra.

I compagni di Bandiera Rossa (componente interna alla maggioranza che fa riferimento al Segretariato Unificato della IV internazionale) sottolineano difficoltà nella vita interna (riunioni del Cpn non convocate) e una differente analisi sulll'imperialismo. Contemporaneamente condividono la posizione assunta su Cuba e l'impostazione movimentista della maggioranza.

Sull'analisi internazionale Livio Maitan (dirigente storico dell'area) e Luigi Malabarba (capogruppo Senato) sottolineano la competizione tra Usa e UE, il tentativo di impedire o rallentare il salto istituzionale europeo, il riarmo imperialista europeo e i probabili ritorni di fiamma protezionisti con un acutizzarsi dei conflitti interimperialistici. Questi interventi sembrano scavare un fossato analitico con il "colpo di stato"nella globalizzazione della maggioranza.

Ma le capacità di sfruttare le opportunità da parte di Bandiera Rossa sono infinite. Viene riportata grande soddisfazione per la centralità del movimento e l'orizzonte europeo delle lotte sociali -??? - (Cannavò, vicedirettore Liberazione). Certo, adelante pedro ma con judicio, il movimento è importante ma non si nascondono i problemi: Turigliatto (dirigente internazionale del S. U., di Torino) indica la debolezza della sedimentazione organizzativa e del conflitto nei luoghi lavoro, la situazione difficilissima della Fiom, sconfitte a Cassino, Mirafiori e Pomigliano.

Infine arrivano anche al sodo. Turigliatto e Flavia D'Angeli (ex esecutivo nazionale GC) avanzano alcuni dubbi sulle alleanze locali: non tutti gli accordi sono buoni, dobbiamo interrogarci se riusciamo ad andare oltre l'ammorbidimento delle politiche neoliberiste. Come nella relazione, è importante interrogarsi. Dobbiamo camminare domandandoci, interrogarci su modalità e senso partecipazione ai governi locali, interrogarci se attuiamo politiche neoliberiste oppure no!!L'importante è porre le domande, rinviare le risposte e soprattutto mi raccomando non usciamo dalle giunte che poi potrebbero essere guai.

D'Angeli e Cannavò infine sottolineano pesantemente i problemi interni: non si può costruire una maggioranza solo contro le posizioni che si ritengono sbagliate e dannose, senza articolare e sviluppare insieme la linea. Sono necessari coinvolgimento messa a punto collettiva.

Coerentemente al loro zigzagare, tra fedeltà alla maggioranza, avanzamento di dubbi sul piano locale, appoggio di pratiche movimentiste e critiche all'analisi di fondo, presentano una dichiarazione (D'Angeli, Maitan), con alcune perplessità e voto a favore dei documenti della segreteria.

Infine gli interventi della minoranza congressuale. Questo era il primo Cpn dopo la fondazione dell'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista (Rimini gennaio 2003), in cui la precedente area di minoranza (Progetto Comunista, presente nel partito dal 1997) si è data una maggior definizione politica ed organizzativa.

Alcune componenti hanno scelto di non aderirvi mantenendo un proprio profilo autonomo nel Partito, in particolare i compagni di Falcemartello (che si erano collocati già precedentemente all'esterno dell'area avevano votato i documenti congressuali con propri emendamenti), quelli di Oltre (che erano presenti nell'area sino alla scelta di fondare l'Amr) alcuni collettivi locali, in particolare nel sud Italia (Napoli e alcune zone della Sicilia).

Marco Ferrando (DN, portavoce Amr) è intervenuto sulla situazione italiana, sottolineando l'arretramento e le battute d'arresto nel conflitto di classe (la vicenda della Fiat, la riforma Moratti, molti contratti di settore e di azienda) che stanno favorendo una controffensiva del governo. Queste sconfitte maturano per la strategia della Cgil e di Cofferati, che hanno subordinato lo sviluppo della lotta all'obiettivo di rifondare l'Ulivo.

La convergenza tra centrodestra e centro liberale dell'Ulivo sul referendum e la crisi del cofferatismo ci offrono un terreno di sviluppo: bisogna coglierlo proponendo l'unità d'azione alle forze dell'opposizione operaia, popolare e giovanile, per cacciare Berlusconi e rompere insieme con il centro liberale.

Per questo il Prc deve abbandonare le commissioni nazionali con l'Ulivo, smetterla di competere con Cofferati nell'incontro negoziale con il centro borghese e rompere le alleanze elettorali con il centrosinistra.

Sulle questioni internazionali sono intervenuti in particolare Franco Grisolia (DN) e Matteo Malerba (DN, Vibo Valenzia).
I compagni hanno sottolineato come la guerra è generata da un quadro complessivo di crisi capitalistica, in cui si sviluppano contraddizioni interimperialiste ed una spinta verso lo sviluppo di un blocco europeo.
Critiche simili a quelle riportate in altri interventi, ma qui non si propone né un fronte interclassista con le borghesie nazionali (area neo-togliattiana) né una risposta dei movimenti sull'onda di Porto Alegre (area bandiera rossa).

E' necessario costruire una prospettiva di classe indipendente, imparando anche dall'esperienza brasiliana dove il governo Lula, che si è raccordato con il centro liberale, sta praticando tagli allo stato sociale e stabilizzazione sotto dettatura Fmi.
Per questo bisogna ricostruire un'internazionale rivoluzionaria del proletariato.

Su Cuba si soffermano Tiziano Bagarolo (Milano) Grisolia: alla piena e incondizionata solidarietà al popolo e allo stato cubano sotto l'aggressione imperialista, si affianca l'appello ad una riflessione sui limiti del sistema castrista, non sul piano dell'etica ma su quello del modello della società e del potere.
Un sistema burocratico autoritario, anche se di stampo paternalista, con un forte deficit di democrazia operaia e dittatura del proletariato.

Anna Ceprano (DN) e Luigi Izzo (entrambi di Napoli, tra i compagni che non hanno aderito all'Amr), criticano l'azione nel movimento giocata verso il centrosinistra, con un impostazione pacifista e nonviolenta fuori dalla politica comunista.
La campagna referendaria è poco incisiva, tutta sulle spalle del Prc e con difficoltà a creare i comitati del si.
Non c'è un movimento per i diritti, il risultato è a rischio ed è una grande responsabilità del partito riuscire a condurre alla vittoria questa delicata battaglia.
Una critica è avanzata nei confronti della Fiom, che in Campania non è presente nei comitati ma è firmataria a Pomigliano.

Entrambi i compagni difendono la necessità di rispondere all'aggressione in corso a Cuba anche con scelte estreme (le fucilazioni), riprendendo la parola d'ordine di altri interventi "con Cuba senza se e senza ma".

Le conclusioni di Bertinotti scendono dal cielo della teoria per atterrare nel partito reale, composito ed articolato, non unanime alle sue spalle.
Conclusioni che lo stesso segretario presenta come difficili e svolte con disagio.
E' un discorso tutto sostanzialmente rivolto alla componente neo-togliattiana, con toni duri e tesi come gli attacchi ricevuti.

La portata del dissenso risulta assai più grave profonda di quella avanzata in direzione: c'è un attacco esplicito e diretto alle tesi congressuali, il Partito ha criticato lo stalinismo non solo come pratica storica, ma soprattutto come espressione del progetto di prendere il potere difenderlo con ogni mezzo.

Su questo elemento c'è una regressione clamorosa ed un dissenso grande. La non violenza è il terreno di riflessione più alto del movimento, antidoto alla tenaglia tra guerra e terrorismo.
La rifondazione è una cesura con il novecento (comunista). L'oggetto della divergenza tra noi dunque è la concezione del comunismo.

Rimarcata la distanza con questi compagni, il segretario chiude rapidamente le conclusioni, rimarcando la necessità di incalzare il centrosinistra, evitando rissa con i Ds sull'articolo 18, e rilanciando un nuovo corso del partito che stenta ad esprimersi.


TRA CUBA E IL REFERENDUM IL PARTITO DECIDE, STIAMO ADDOSSO AL CENTROSINISTRA

Dopo il dibattito, si è arrivati alla presentazione alla votazione di quattro documenti:
1) documento generale della maggioranza
2) odg su Cuba presentato dai neotogliattiani (considerato documento alternativo da un'esplicita dichiarazione di voto del Segretario)
3) documento alternativo generale presentato dai compagni di Progetto Comunista
4) odg su Cuba presentato dei compagni di Progetto Comunista

I documenti riassumevano abbastanza coerentemente la discussione svolta, vediamoli brevemente.

1) Il documento è presentato dai quattro compagni di maggioranza della segreteria più Zuccherini (bisogna essere sempre in cinque affinché il documento sia riconoscibile? Mah, magia dei numeri).

Approva la relazione e anche le conclusioni (abbiamo visto quali) del segretario. Il movimento è visto come una potenza democratica contro la guerra e il neoliberismo, capace di esprimere un'alternativa politica. E'quindi avanzata un'articolata proposta di mobilitazioni sia contro la guerra che per i prossimi appuntamenti noglobal. Il Prc viene collocato nello scontro sociale in corso, con la Fiom e contro la prevista riforma delle pensioni, contro il sovversivismo dall'alto del governo (processi in corso).

Il referendum è indicato come lo sbocco del movimento e delle lotte, la posizione dei Ds e della Margherita giudicata sconcertante e gravissima.

Il centrosinistra è giudicato in una crisi irreversibile, con una propensione nei momenti decisivi a schierarsi contro i lavoratori: dalla ricerca di un alleanza con il mondo dell'impresa i Ds passano all'assunzione del punto di vista dei padroni.

Mah, certe cose non le capisco. Il 4 maggio votano, cioè non solo enunciano ma scrivono nero su bianco nel documento conclusivo del massimo organo dirigente del Partito questi giudizi netti e trancianti (nei momenti decisivi il centrosinistra si schiera sempre contro i lavoratori) ed il 27 maggio, ben 23 giorni dopo, Bertinotti nelle interviste dichiara che l'Ulivo non è più quello di una volta, che è stato investito dal vento del pacifismo (porta a porta) e che "la coalizione è già un segnale di cambiamento. Ma non basterebbe se non si fosse data un'anima a questa alleanza, che si è riconosciuta nella forte mobilitazione contro la guerra e nella promozione dei diritti dei più deboli, ponendosi come vera alternativa alla destra" ( (il messaggero). Potenza del voto.

Tornando al documento, viene quindi fatto un appello alla mobilitazione per la campagna referendaria, salutando l'adesione di alcune forze politiche e sociali dell'area di centrosinistra, e sollecitando la sperimentazione della sinistra alternativa a partire da questo appuntamento.

Il documento è approvato con 66 favorevoli, 14 contrari (minoranza congressuale), 26 astenuti (neotogliattiani).

2) Questo odg è presentato dai principali esponenti dell'area (Pesce, vecchio e importante comandante dei Gap e medaglia d'oro della resistenza, Grassi, Bracci Torsi, Cappelloni -ex tesoriere del Pci e braccio destro di Cossutta per un intero periodo storico, primo tesoriere del Prc, Casati -ex segretario Milano, Favaro -ex segretario Torino, Sorini, Pegolo –ex segreteria nazionale, ed altri). Il documento si apre con la fine della guerra in Irak, il consolidamento della corrente neoconservatrice e la campagna USA contro Siria, Corea, Iran e anche Cuba. L'UE, dopo la vittoria, segue subordinata l'iniziativa americana. L'offensiva verso Cuba è esemplificativa di tutta la politica verso il continente sudamericano, in passato e presente. Per gli USA è giunto il momento di eliminare l'anomalia caraibica.

Siamo contro la pena di morte, ma ora il discorso sui diritti umani copre la posta in gioco. Siamo in un contesto di guerra non dichiarata, di fronte a gravi attentati come il dirottamento di navi (peggio dei palestinesi??) o ad alcuni reati contro la sicurezza dello Stato (???????). Confermiamo la nostra piena, ferma e consapevole solidarietà a Cuba.

L'odg è respinto con 25 favorevoli, 78 contrari, 2 astenuti.

3) Il documento è presentato dai compagni dell'amr Progetto Comunista in DN (Ferrando, Grisolia, Malerba) e in CNG (Ricci). Si apre con la grave offensiva reazionaria in corso, che minaccia un'uscita a destra della fase di instabilità nel nostro paese.

Un'offensiva determinata anche dalla dispersione delle forze e dall'impasse delle mobilitazioni, la mancanza di una piattaforma generale e di una prova di forza risolutiva contro il governo. E'importante vedere e denunciare questa realtà, segnata dalle sconfitte in Fiat e nella scuola (riforma Moratti), senza farsi coprire dalla retorica del movimento.

Ci sono le potenzialità per una ripresa, bisogna costruire e rilanciare le lotte anticapitaliste. Per questo è necessaria una battaglia di indirizzo nel movimento, la costruzione di un'autonomia politica della classe dal centro liberale. Il Prc deve imprimere una svolta di linea, porsi l'obiettivo della cacciata del governo Berlusconi, proporre l'unità di lotta su questa rivendicazione, contro il centro liberale e le tattiche conpromissorie.

Il referendum è centrale, è necessario costruire una campagna che unifichi le forze del movimento operaio su una piattaforma generale. Nel contempo si deve costruire una continuità del movimento contro la guerra, recuperando e rilanciando la battaglia contro le illusioni sul ruolo dell'Onu e sulle possibilità di indirizzare i governi imperialistici europei.

E'infine necessaria una svolta nelle relazioni con l'Ulivo: abbandonare i gruppi di lavoro nazionali sul programma.

La realtà dell'imperialismo smentisce le illusioni, sia quelle sulla costruzione di un blocco di stati antiamericano, che subordinano la classe a imperialismi concorrenti, sia quelle che in nome di esaltazioni movimentiste lo subordinano a governi di centrosinistra (come Lula in Brasile). Bisogna lavorare per un'alternativa socialista, a partire dalla costruzione di una nuova internazionale.

Il documento è respinto con 12 favorevoli, 90 contrari, 2 astenuti.

4) L'odg su Cuba, è presentato dagli stessi compagni di Progetto del precedente più il compagno di Falcemartello in DN (Bellotti). Viene innanzitutto dichiarato un sostegno incondizionato a Cuba nella lotta antimperialista in corso. Nel contempo si ritiene necessario avanzare un giudizio chiaro sul regime castrista. E'evidente un deficit di dittatura del proletariato, cioè di una democrazia operaia basata sull'autorganizzazione che domina sull'insieme della società. Il partito si riunisce in congressi decennali, conclusi sempre da un voto all'unanimità, come nelle elezioni, non c'è diritto sciopero nonostante la presenza di imprese capitaliste. Dopo il'17 nella repubblica sovietica si tenevano congressi annuali del partito, dibattiti aperti con Lenin anche in minoranza, il diritto di sciopero era garantito nonostante il comunismo di guerra e l'assenza di imprese capitaliste. A Cuba c'è un regime burocratico con alcune specificità: lo sviluppo della democrazia operaia è necessario anche per la stessa difesa di Cuba e della rivoluzione.

L'odg è respinto con 12 favorevoli, 76 contrari, 2 astenuti.

Due righe in conclusione: perché questa rottura ora nella maggioranza del partito? Perché ora, in una fase in cui sulla linea politica di avvicinamento al centrosinistra ("stare addosso"come diceva il segretario) si attua un sostanzioso passo in avanti (gruppi di lavoro nazionali, elezioni amministrative, giudizi post-elettorali), e contemporaneamente la costruzione della sinistra alternativa, sempre mantenuta nel vago quanto a formalizzazione (e quindi esaltando il ruolo del Prc come chiesto dagli emendatari) vede il diretto coinvolgimento di forze significative del centrosinistra (abbassando così il rischio della costruzione di un polo alternativo ed autonomo da esso, visto come fumo negli occhi dai compagni di tradizione vecchio-Pci). Meglio allora forse delimitare la maggioranza, battere la destra per poi assumerne la linea politica (vecchia tradizione comunista, quella di isolare e far arretrare i compagni che per primi hanno elaborato e proposto la linea che poi da tutti è assunta)? Forse in qualche modo sono coinvolti alcuni elementi su cui nel Cpn non si è discusso?

Per esempio, nel dopo Cofferati, cioè nel momento in cui vengono isolate le forze che hanno provato a rifondare a sinistra l'ulivo, si è ottenuto un risultato importante, ma nel contempo si è aperta la strada allo spostamento a destra dell'asse del centrosinistra. Come ricostruire, nell'ottica di tutta la maggioranza del Prc, un dialogo che permetta uno spazio di sopravvivenza a sinistra (che non comprometta troppo rifondazione)? O, dicendo la stessa cosa da un altro punto di vista, una volta che si è vista la difficoltà a costruire una sinistra alternativa con le forze deboli e scollegate del/nel movimento (disobbedienti, verdi, ecc, che spesso preferiscono dialogare direttamente con il centrosinistra stesso), quale sinistra alternativa è possibile? Come stabilizzare il rapporto con quelle forze, anche più forti organizzativamente rispetto al Prc (fiom, arci, cgil, ecc), che sono state nei paletti politici della sinistra alternativa (no alla guerra, no al neoliberismo) ? L'esperienza del comitato del si, la discussione nel cc della Fiom in questi giorni non stanno mandando dei segnali esaltanti. Qualche problema c'è, non solo nel merito della linea (se si pensa giusta o sbagliata, quali obiettivi ci si pongono in questa fase) ma anche nella sua coerenza e tenuta.
L'arduo esercizio di tentare di tenere coperta e compatta un'area antagonista e nel contempo portarla a dialogare con il centrosinistra, come mostra la decennale storia del Prc, comporta continue oscillazioni di linea, che spiazzano i compagni e provocano continue fratture nei suoi gruppi dirigenti quando l'oscillazione raggiunge il suo punto massimo (a destra o a sinistra): alcuni vogliono proseguire nel percorso (per convenienze o convinzioni) e non rioscillare in senso contrario e partono proprio per la tangente (dai comunisti unitari a Bacciardi, da Cossutta ai compagni dell'Alfa).

Come al solito i dubbi ed i diversi progetti politici saranno esplicitati solo fra molto tempo, anzi all'ultimo momento.

Va beh, dopo tanto parlare, vi lascio. Alla prossima (intorno a novembre 2003 direi, se si rispettano i tempi usuali)

L. S.

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