">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Dio è con noi

Dio è con noi

(4 Febbraio 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Imperialismo e guerra)

DIRITTI DAL MONDO. Sahara Occidentale: Saharawi dimenticati

(13 Novembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

DIRITTI DAL MONDO. Sahara Occidentale: Saharawi dimenticati

foto: www.dirittidistorti.it

Dopo gli articoli dedicati per 12 mesi al nostro “Accadde a…”, ora vi proponiamo un altro spazio di approfondimento e notizie per esplorare i diritti negati, e non, in varie zone del nostro pianeta. DIRITTI DAL MONDO inizia oggi con la storia dei saharawi e della loro lotta per vedersi riconoscere diritti fondamentali.

Di Claudio Valentini - La Regione africana denominata Sahara Occidentale si riferisce ad una porzione di territorio che per circa 266.000 Kmq si estende fra i confini di Marocco, Algeria, Mauritania ed Oceano Atlantico...

Il numero degli abitanti è oggi ingrossato dalle ondate colonizzatrici organizzate dal Marocco secondo la strategia di occupazione della dinastia alawita mirante alla espulsione e reclusione delle genti autoctone negli ormai sovraffollati campi profughi.
Stime incerte sono state pertanto e con frode sono state diffuse circa il numero degli abitanti di etnia saharawi: l’unico censimento, prodotto dalla Spagna nel 1974 lo fissava a 74.902, mentre il censimento dell’ONU per il referendum che si sarebbe dovuto tenere nel 2.000 calcolava 84.000 cittadini saharawi aventi diritto al voto, ai quali bisognerebbe aggiungere i non aventi diritto al voto (minori ecc.) l’incremento di natalità nell’ultimo decennio e i 300.000 confinati nei campi profughi.
I saharawi che oggi abitano il Sahara Occidentale derivano dalla fusione fra i berberi nomadi del deserto sahariano con l’antica popolazione, anch’essa nomade, dei Maqil, beduini arabi di origine yemenita, che, addirittura dal VI secolo, ma più massicciamente dal XIII in poi occuparono con successive ondate le terre che dall’Oued Draa, il più lungo fiume del Marocco, arrivano fino all’odierna Mauritania.
La simbiosi fra le due etnie ha prodotto fin dal secolo XIV una unica espressione (dal livello linguistico fino ai comportamenti sociali ) nazionale che ha distinto già da allora politicamente la regione dal resto dei paesi del Maghreb.
Intorno al 1434 i portoghesi arrivarono per primi sulle coste sahariane, seguiti sulle coste d’Africa dagli spagnoli, in competizione per una vera corsa alla colonizzazione, regolata solo nel 1884 dal Trattato di Berlino che sancì i confini del Sahara Occidentale dichiarato colonia spagnola .
Prime forme di resistenza organizzata alla colonizzazione si manifestarono dal 1870 sotto la guida dello “cheik” Ma El Ainin e, successivamente, con le azioni di guerriglia organizzate attraverso i così detti “ghazzi”, consistenti in incursioni di piccoli commandos su cammello contro obiettivi dislocati anche a centinaia di km. fra di loro raggiunti con sorprendente rapidità e in concomitanza grazie alla conoscenza del deserto da parte dei rivoltosi, che potevano così abilmente sfruttare l’effetto sorpresa.
Tuttavia è solo negli anni cinquanta del secolo successivo che la resistenza saharawi aumenta consistentemente, quando, dopo la scoperta dei giacimenti di fosfati di Bou Craa, la colonizzazione si fa più intensa, mirando allo sfruttamento delle nuove risorse economiche e di conseguenza della popolazione locale, quale forza lavoro da mantenere a basso costo.
Nel 1957 esplose l’insurrezione, una vera e propria guerra di liberazione contro gli spagnoli che a Tarfaya subirono duri colpi, tanto da costringerli a cercare l’alleanza con la Francia ed il re marocchino Mohammed V per poter soffocare l’insurrezione saharawi , che fu spenta, oltre che per la perdita di numerose vite umane, per la strategia bellica cinica della Spagna franchista, che, colpendo militarmente il bestiame, decimato, le fonti acquifere, avvelenate, mirò alla distruzione delle basi materiali della vita nomade degli uomini del deserto.
La guerra fu persa per i saharawi, ma ne uscì ancor più vigorosa la idea di nazione, la loro coscienza di essere nazione.
Nacque nella guerra il Movimento di Liberazione del Sahara, che nei primi anni si mosse lungo una linea di resistenza civile, attraverso scioperi, manifestazioni e attività culturali tendenti a rafforzare negli individui l’identità nazionale.
Assunse importanza ideale e politica la città di El Ayoun, che divenne veramente capitale unificante e strategica delle rivendicazioni nazionali del popolo saharawi.
Ad El Ayoun il 17 giugno 1970 una poderosa manifestazione di popolo contestò un atto pubblico del governo coloniale organizzato per esprimere adesione alla Spagna.
Le forze di polizia intervennero per disperdere la folla di migliaia di contestatori, gran parte dei quali vennero massacrati.
I morti e le centinaia di arrestati non fermarono la contestazione che si allargò ad altre zone importanti della regione, come Smara e Dakhla.
La repressione non fermò il movimento insurrezionale che, anzi, si rafforzò e si riorganizzò in forma armata arrivando alla fondazione, nel maggio del 1973, del “Fronte Popolare per la Liberazione del Saguia el Hamra e Rio de Oro” (FRONTE POLISARIO).
Fu l’inizio di una lotta armata organizzata, intensificata e finalizzata alla cacciata degli spagnoli dal Sahara Occidentale.
Il 20 maggio, dieci giorni appena dopo il suo Congresso costitutivo, si ebbe la prima azione armata del “Frente Polisario” contro il posto di guardia spagnolo di El Janga.
Seguirono altre azioni armate che convinsero la Spagna a promettere entro il primo semestre del 1975 un referendum che slittò nonostante l’Alta Corte dell’Aia avesse dichiarato che per il Sahara Occidentale andasse applicata la risoluzione ONU del 1960 sulla decolonizzazione, nel contempo confermando il principio dell’autodeterminazione alla quale addivenire tramite referendum popolare.
Hassan II del Marocco partì immediatamente, forzando i tempi e per determinare “il fatto compiuto”, con la famosa “marcia verde”, pacifica e di massa (350.000 partecipanti) che ottenne effetti sulla Spagna in quel momento attraversata anche da problemi istituzionale per la morte, avvenuta il 20 novembre, del suo dittatore, Francisco Franco.
La popolazione Sahrawi in fuga si stabilì da quel momento nei campi per profughi di Tindouf, in Algeria, mentre sulla sua testa passò un accordo fra Spagna, Marocco e Mauritania, in base al quale la Spagna si impegnava a lasciare il Sahara Occidentale alla fine di febbraio del 1976, ed il territorio dei sahraui sarebbe stato spartito fra Marocco e Mauritania.
Riprese ovviamente la guerra di liberazione dei sahraui, contro l’occupazione marocchina che si spinse in gran parte del paese, prendendo città più importanti, come Smara, ed altri centri minori, mentre la Mauritania fece la sua parte con dieci giorni di bombardamenti che finirono con il controllo di Guera.
L’ONU sostanzialmente non disse nulla, tuttavia il Frente Polisario proclamò la nascita della Repubblica Araba Sahraui Democratica ( RASD ), sotto la presidenza di Mohammed Lamine, che continuò con efficacia l’azione di resistenza contro gli invasori, fino ad ottenere il ritiro della Mauritania .
Proseguì la guerra il Marocco che iniziò nel 1980 l’innalzamento di un muro lungo 2720 km. per rinchiudere i sahraui fuori dai territori più ricchi e contenerne l’espansione bellica, circondando i bastioni con un milione di mine.
Cominciò la ghettizzazione del popolo del deserto che ottenne però una vittoria diplomatica con il riconoscimento della RASD da parte di 73 stati e con l’ammissione all’Organizzazione dell’Unità Africana.
La guerra tuttavia continuò e solo nel 1990 si manifestarono speranze di pace, con l’adozione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU della risoluzione n.° 690 contemplante una “Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale”, prevedendo la consultazione generale per il mese di febbraio 1992.
Non se ne fece nulla, il referendum fu rinviato ed il re marocchino Hassan II espresse anzi chiaramente l’intenzione di definire ufficialmente il Sahara Occidentale come regione del Marocco.
Ad oggi di rinvio in rinvio il referendum ancora non si è celebrato, non ostante le promesse di James Baker, ex segretario generale degli S.U., nominato nel ’97 dall’ONU rappresentante speciale delle N.U. per il Sahara Occidentale.
Non si fermò invece la colonizzazione della regione da parte del Marocco, foraggiata con lo sfruttamento delle risorse minerarie e ittiche del territorio sahariano, occupato da oltre 250.000 marocchini, fra coloni e militari, che pretendono l’inclusione nelle liste elettorali per il referendum, annullato nuovamente nel 2000 dal segretario ONU Kofi Annan, che portò a giustificazione i ben 140.000 ricorsi presentati dal Marocco, di fronte alla discrepanza dei numeri degli aventi diritto al voto: 220.000 secondo il Marocco, meno di 90.000 secondo gli accertamenti ONU, che tuttavia finì per soggiacere alle pretese cavillose del re marocchino, suscitando le critiche ufficiali della RASD espresse in una intervista al quotidiano spagnolo “El Paìs” dal suo Presidente Mohamed Abdelaziz.
L’anno prima ( 1999 ) era morto Hassan II ed il figlio Mohamed VI si era mostrato più moderato del padre nelle pretese annessionistiche, illusione frustrata presto, dopo il giro che Mohamed VI compì nei territori sui quali ribadì le pretese della monarchia alawita, ben tollerate dagli USA con i quali il monarca ha saputo intrecciare ottimi rapporti.
Nel gennaio 2003 James Baker tornò a proporre un piano di pace in due tappe: la prima consistente in una “autonomia rinforzata” all’interno dell’orbita statuale marocchina, la seconda culminante in un referendum sul destino della regione, da tenersi “non prima di quattro anni e non dopo i cinque anni” dall’avvio del piano.
Il Polisario si dichiarò disposto ad esaminare la proposta di Baker e iniziò a liberare parecchi prigionieri marocchini, cosa che il Marocco non prese nemmeno in considerazione, così frapponendo ostacoli al piano di Baker che nel 2004 si dimise dalla carica affidata da Hannan al peruviano Alvaro de Soto, mentre l’anno seguente la disperazione fa esplodere una nuova intifada saharawi repressa duramente dal Marocco e condannata dal Parlamento Europeo. Alle parole non seguirono fatti concreti per imporre quanto meno gli obblighi umanitari al Marocco che, secondo quanto denunciò nel gennaio del 2007 la “Mezza Luna Rossa”, impediva addirittura il rifornimento degli aiuti alimentari del Programma Mondiale dell’ONU al Campo Profughi di Tindouf, seguitando nell’azione di brutale repressione di ogni rivendicazione, nonostante l’ONU producesse un’altra risoluzione ( 1754/2007 ) insistente verso una soluzione del conflitto mirata alla autodeterminazione, anzi giungendo ai limiti del genocidio e dell’ atrocità, crimini rilevati in una ordinanza di indagine “per delitti di genocidio e tortura contro cittadini saharawi, commessi da alte cariche della sicurezza marocchina” che andò a comprovare quanto emergerà l’anno seguente con la pubblicazione, fino al momento secretata, delle dichiarazioni rilasciate nel 2005 dal Presidente del CORCAS ( Consiglio Reale Consultivo per gli Affari del Sahara ) Jalihenna Uld Errachid: “Alcuni ufficiali dell’esercito marocchino hanno commesso quello che si può chiamare crimine di guerra….molti civili furono lanciati nel vuoto da elicotteri o sotterrati vivi, semplicemente per essere saharawi”.
Nello stesso anno ottenne il “Premio Robert Kennedy 2008 per Diritti Umani Aminetu Haidar per aver lottato per la libertà e i diritti del popolo “occupato” del Sahara Occidentale.
Ottenuto il premio, Aminetu, tornando alla sua casa e ai suoi figli, fu espulsa, giunta all’aeroporto di El Ayoun, dalle autorità marocchine per essersi rifiutata di dichiararsi “marocchina” ed insistere a definirsi “saharawi”.
Ha dovuto fare lo sciopero della fame dentro un aeroporto spagnolo, al quale era stata condotta coattivamente, perché il mondo si accorgesse di lei, e tuttavia non si è accorto troppo del dramma dei saharawi, che in questo mese di novembre si trovano accampati nel deserto, a 15 km. da El Ayoun, per gridare le loro rivendicazioni e che ottengono ancora come risposta le pallottole delle armi marocchine : è degli ultimi giorni l’uccisione di un ragazzino quattordicenne che cercava di raggiungere l’accampamento della protesta , infine attaccato all’alba del giorno 8 novembre e smantellato, sei/settemila “jaimas” (tende nomadi arabe) date alle fiamme, centinaia di feriti, si calcola oltre 700, almeno19 morti e più di 150 “desaparecidos” (la loro sorte è assai inquietante), addirittura, secondo alcune ONG,i morti non identificati potrebbero superare il centinaio, fra l’accampamento e la città di El Ayoun , dove si è espansa la rivolta.
Quanti morti negli anni? Certamente migliaia, non esistono cifre attendibili, secondo Peace Reporter, perché nessuno le ha mai pretese o semplicemente chieste.
I profughi sono 300.000 ammassati nei quattro campi a sud-est di Tindouf.
40.000 i detenuti politici.
Venti anni quasi di rinvio di un referendum riconosciuto sacrosanto. Grazie anche alla “dimenticanza” di tanti governi occidentali.

12-11-10

DirittiDistorti

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Paese arabo»

Ultime notizie dell'autore «DirittiDistorti»

5067